Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/06/2015, a pag. 14, con il titolo "Civili in fuga e battaglie, si allarga il caos dell'Isis", la cronaca e commento di Maurizio Molinari; dal CORRIERE della SERA, a pag. 23, con il titolo "L'introvabile 'sceicco guercio', obiettivo del raid Usa in Libia", il commento di Guido Olimpio.
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Civili in fuga e battaglie, si allarga il caos dell'Isis"
Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"
Terroristi dello Stato islamico
L’arrivo di sedicimila profughi siriani in Turchia in meno di 96 ore e 700 mila drusi che minacciano di riversarsi sulle frontiere di Israele e Giordania sono le ultime emergenze umanitarie innescate dagli sconvolgimenti in atto in Medio Oriente mentre in Maghreb la Libia è teatro della sanguinosa faida islamica a Derna.
La caduta di Tal Abyad
I ribelli curdi siriani delle Unità popolari (Ypg) hanno circondato Tal Abyad, cittadina ai confini con la Turchia, dove è asserragliato un contingente di miliziani dello Stato Islamico (Isis). L’assedio preannuncia una feroce resa dei conti, strada per strada, ripetendo quanto avvenuto a Kobane in autunno, e i civili fuggono riversandosi sul piccolo centro turco di Akçakale. Da sabato sono almeno 16 mila gli abitanti di Tal Abyad arrivati in Turchia. L’esercito di Ankara prima li ha fatti passare, poi ha usato i cannoni d’acqua per allontanarli ed ora gli consente di entrare, tenendoli a ridosso del confine. Abdülhakim Ayhan, sindaco di Akçakale, accusa i ribelli curdi di «spingere alla fuga arabi e i turcomanni» sfruttando la battaglia anti-Isis «a fini di pulizia etnica». Per i curdi controllare Tal Abyad significa continuità territoriale fra Qamishi e Kobane, le enclave che controllano lungo i confini turchi. I raid Usa li sostengono perché Tal Abyad dista appena 80 km da Raqqa, la principale città siriana nelle mani di Isis. Per Brett McGurk, inviato Usa, «i curdi stanno bastonando Isis». Ma il presidente turco Erdogan ammonisce: «L’avanzata curda crea un’area che ci minaccia».
L’incubo dei drusi
Circa 700 mila drusi temono il genocidio per mano dei miliziani islamici: Israele e Giordania ritengono che potrebbero riversarsi sui loro confini. L’epicentro della nuova crisi umanitaria è la regione del Monte Druso, a 60 km dalla Giordania e 50 da Israele. I drusi che la popolano sono stati per decenni sostenitori degli Assad ed ora temono la vendetta sanguinosa degli islamici, Al Nusra come Isis. È stato il raid jihadista in un villaggio druso ad avere causato 20 vittime, innescando il timore di quello che Moafaq Tarif, leader spirituale dei drusi israeliani, definisce «Olocausto druso». Per scongiurarlo i leader drusi dei Paesi confinanti si mobilitano: in Libano si dicono pronti a formare una milizia di 100 mila uomini per difendere i confratelli siriani e in Israele sono scesi in piazza, guidati dal viceministro Ayoub Kara, chiedendo di «intervenire per evitare un genocidio». La scelta del premier è stata di chiedere al Pentagono di proteggere Monte Druso ma il «Jerusalem Post» scrive che l’esercito israeliano sta preparando ogni sorta di piani: anche la creazione di un ombrello aereo sui villaggi drusi del Golan per scongiurare una fuga di massa verso i propri confini. Nella difesa dei drusi c’è una convergenza di interessi fra Israele e gli acerrimi nemici Hezbollah, alleati di Assad da proteggere a ogni costo.
Libia, faida a Derna
È giallo sulla presunta eliminazione a Ajdabiya, in Libia, di Mokhtar Belmokhtar, leader di Al Qaeda in Maghreb, da parte di jet Usa. Per il governo di Tobruk il super-terrorista è stato eliminato da gruppi islamici, ma da Tripoli smentiscono. Il Pentagono conferma l’obiettivo del blitz ma chiede «tempo» per confermare l’identità delle vittime. Intanto a Derna le milizie «Abu Salim Martyr Brigate», espressione di Al Qaeda, affermano di aver strappato il controllo della città di Isis, aggiungendo un nuovo tassello alla guerra civile libica: la faida fra jihadisti.
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio: "L'introvabile 'sceicco guercio', obiettivo del raid Usa in Libia"
Guido Olimpio
Mokhtar Belmokhtar, lo 'sceicco guercio'
Non è per caso che lo chiamano l’Imprendibile. Hanno provato tante volte a eliminarlo e lo hanno dato spesso per morto, ma lui, Mokhtar Belmokhtar, è sempre riapparso. L’intelligence americana è al lavoro per capire se il raid in Libia, condotto da due F-15E, forse decollati da Aviano, abbia ucciso il capo terrorista. I libici di Tobruk ne sono certi. Prudente il Pentagono: è possibile ma non possiamo ancora confermarlo. Fonti locali hanno parlato di 33 islamisti liquidati durante un vertice nei pressi di Ajdabiye, nell’est del Paese. Ma il nome del Guercio, altro alias, non c’era.
A conferma della sua storia di ombra sfuggente. Mokhtar, algerino, sulla quarantina, è un pirata dalle mille vite, abituato a giocare con la morte. A 19 anni è andato a combattere in Afghanistan, dove avrebbe perso un occhio, poi è rientrato in patria unendosi alla colonia «afghana», i veterani che hanno alimentato i gruppi integralisti. Il Fis, il feroce Gia, quindi il Gruppo per la predicazione e il combattimento. Belmokhtar si è presto trasferito nel sud, spaziando tra Mali e Niger, sistemandosi sulle rotte dei tanti traffici. E qui ha creato rapporti solidi con i contrabbandieri (conquistando il soprannome di «Marlboro»). Ha fraternizzato con clan locali pagandone la fedeltà con i dollari dei riscatti e ha anche sposato una maliana.
Le attività criminali si sono affiancate a quelle terroristiche. Sempre nel segno dell’autonomia e dell’ambizione. Belmokhtar non ha mai amato i suoi capi, che lo hanno sempre considerato un ribelle. Al punto da scrivergli molte lettere di richiamo. Nel 2013 gli hanno rimproverato di aver accettato un riscatto troppo basso — 700 mila euro — per un ostaggio canadese e di non aver mai risposto agli ordini. In effetti Mokhtar, non contento della gerarchia, ha creato la sua fazione, «Quelli che firmano con il sangue».
Falange protagonista dell’assalto all’impianto di In Amenas, in Algeria, con decine di tecnici assassinati. Un attacco clamoroso che è stata una sfida al governo ma anche all’emiro qaedista della zona, Abu Zeid, suo grande rivale. Belmokhtar ha poi aperto un canale diretto con Al Zawahiri, in spregio agli ordini di Abdelmalek Droukdel, guida di Al Qaeda nella terra del Maghreb, e ha spostato alcune unità in Libia. Qui lo hanno avvistato a partire dal 2012, una presenza legata all’acquisto delle armi rubate nei depositi di Gheddafi e al reclutamento. Rafforzati i ranghi della sua «katiba» (brigata), ha manovrato per formare i «Morabitun» avendo sempre in testa operazioni spettacolari.
Sulle sue tracce si sono messi i servizi segreti arabi e quelli americani, che hanno offerto una taglia di 5 milioni di dollari. Le ultime notizie raccontano di una possibile alleanza con l’Isis, una mossa però smentita da Belmokhtar. Difficile che possa accettare di sottomettersi ad un Califfo. Almeno per ora. E sempre che sia in vita.
Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare:
La Stampa 011/65681
Corriere della Sera 02/82621
Oppure cliccare sulle e-mail sottostanti