Riprendiamo da LIBERO di oggi, 12/06/2015, a pag. 10, con il titolo "Apriamo pure le porte alla moglie di un capo terrorista palestinese", il commento di M. G.
Grazie a che cosa le è stato revocato il divieto a entrare in Italia? E grazie a chi? Questo qualcuno ha un nome?
Abla Sa'Adat davanti a un cartello per la campagna ipocrita e antisemita di boicottaggio a Israele
L'appuntamento è per oggi a Roma, ore 17 e 30 in viale Manzoni 55. Il titolo è evocativo: "Incontro sulla condizione dei prigionieri politici palestinesi". Il panel è di assoluto livello, a partire dall'ospite d'onore: «La compagna Abla Sa'Adat, militante politica, membro dell'Unione dei comitati delle donne palestinesi e moglie del segretario del Fronte popolare per la liberazione della Palestina» (il virgolettato è tratto dal flyer che pubblicizza l'iniziativa, organizzata dall'Unione Democratica Arabo-palestinese).
Ecco, il problema è il marito. Consorte della signora, è infatti quell'Ahmed Sa'Adat che è noto principalmente in quanto capo di una organizzazione terroristica (il Fronte popolare, appunto) inserita nelle black list di Stati Uniti d'America e Unione europea. Il curriculum è impressionante, con i primi attentati a risalire ai tardi anni '60 e un ventaglio di operazioni (dirottamenti, attentati, attacchi armati, omicidi mirati e non, uso di terroristi suicidi e via andare) dall'ampiezza impressionante.
Il simbolo dell'organizzazione terroristica FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina)
Il Sa'Adat, attualmente, si trova in un carcere israeliano dove sta scontando una pena di trent'anni inflittagli da un tribunale militare dello Stato ebraico per avere «guidato un'organizzazione terrorista illegale» e per essere responsabile delle attività compiute dal Fronte popolare ivi incluso l'assassinio nel 2001 del ministro israeliano del Turismo Rehavam Ze'evi. E cosa verrà mai a fare in Italia la signora? Ma a dire un gran bene del marito, ovvio.
Ottenuto finalmente il permesso di entrare nel nostro Paese (che fino a oggi le era sempre stato negato), la donna ha intrapreso un piccolo tour di propaganda per le ragioni del consorte. Per farsi un'idea di quello che dirà oggi, soccorre vedere il resconto di quanto detto la settimana scorsa durante analoga iniziativa a Genova. Punti salienti: la detenzione da parte dello Stato ebraico è uno strumento usato contro il popolo palestinese; le carceri israeliane traboccano di prigionieri politici; le ragioni della condanna del manto sono unicamente politiche; gli israeliani hanno provato ad avvelenare il consorte mettendogli un serpente nella cella; la solidarietà ai prigionieri politici va esercitata mediante boicottaggio del boicottabile israeliano. Il sospetto è che chi le ha negato l'ingresso in Italia fino a oggi forse tutti i torti non li avesse viene.
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