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Il Foglio Rassegna Stampa
12.06.2015 L'Iran vuole chiudere il Medio Oriente in una morsa: ecco il piano
Dall'Iraq alla Siria, dal Libano a Gaza fino allo Yemen

Testata: Il Foglio
Data: 12 giugno 2015
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Senti come parla l'ayatollah»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 12/06/2015, a pag. 3, l'editoriale "Senti come parla l'ayatollah".


Le direttrici dell'espansione iraniana: Iraq, Siria, Libano, Gaza, Yemen. E prosegue la corsa al nucleare...

Il bello, si fa per dire, delle rivoluzioni islamiste è che si muovono secondo piani annunciati con enfasi e anni di anticipo. Basterebbe, semplicemente, ascoltare quando dichiarano cosa vogliono fare, dove e come vogliono farlo. Ieri l’ayatollah iraniano Saeedi, appartenente al corpo militare delle Guardie della Rivoluzione, l’ha messa giù ancora una volta in modo semplice: sotto Khomeini il nostro confine era quello con l’Iraq, sotto Khamenei (la Guida suprema di oggi) i nostri confini sono il mare Mediterraneo (leggi: la costa della Siria) e Bab al Mandab, che è il tratto di mare tra lo Yemen e l’Africa.

Insomma: ci siamo espansi a ovest fino al mare, e a sud fino all’estremo della penisola arabica. L’Ayatollah si riferisce evidentemente all’influenza che l’Iran esercita sul presidente siriano Bashar el Assad in Siria e al potere che esercita sui ribelli Houthi, che in pochi mesi hanno conquistato quasi tutto lo Yemen. Folklore, si dirà, una dichiarazione stentorea che arriva da figure abituate a esaltare il potere di Teheran. Ma le parole dell’ayatollah suonano assai reali agli altri stati nella regione, come Israele – che bombarda Assad a intervalli regolari – e l’Arabia Saudita – che sta bombardando lo Yemen. Sono il tipo di parole che creano le tensioni da cui scaturiscono guerre infinite.

Sono i canti di vittoria che fanno agitare i sunniti e li spingono nelle braccia dei gruppi estremisti – è sbagliatissimo, ma accade. Parlano, insomma, parlano chiaro e basterebbe ascoltarli. L’hanno detto anche di Israele, che però rimane il punto del programma iraniano più difficile da realizzare. La ragione? Gli israeliani, a differenza nostra, li ascoltano.

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