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Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.06.2015 Il Grande imam di Al Azhar a Firenze: buoni propositi, poca sostanza
Commento di Viviana Mazza, editoriale del Foglio

Testata: Corriere della Sera
Data: 09 giugno 2015
Pagina: 18
Autore: Viviana Mazza
Titolo: «La ricetta del Grande Imam: 'Occidente meno arrogante, Oriente meno ossessionato' - La prima volta in occidente di al Azhar»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/06/2015, a pag. 18, con il titolo "La ricetta del Grande Imam: 'Occidente meno arrogante, Oriente meno ossessionato' ", la cronaca di Viviana Mazza; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "La prima volta in occidente di al Azhar".

Citiamo l'opinione di Angelo Panebianco, da SETTE della scorsa settimana: "Il consenso popolare di cui gode il Califfato cancella le nostre illusioni su un 'islam moderato' ". La posizione del grande imam del Cairo conferma, aldilà di ogni dubbio, quanto ha scritto Panebianco.

Ecco gli articoli:


Ahmad al Tayyeb

CORRIERE della SERA - Viviana Mazza:  "La ricetta del Grande Imam: 'Occidente meno arrogante, Oriente meno ossessionato' "


Viviana Mazza

Non l’ha ancora incontrato di persona, ma il Grande Imam di Al Azhar è un grande ammiratore di Bergoglio. «Con l’arrivo di papa Francesco, abbiamo notato un cambiamento di clima, un miglioramento. Abbiamo constatato che questa è una persona che serba nel suo cuore il rispetto per le altre religioni, che ha come priorità i poveri, i diseredati e i Paesi in cui manca la pace. A questo punto, si è creata una convergenza totale con gli obiettivi di Al Azhar», racconta ai giornalisti Ahmed Al Tayyeb giunto dal Cairo a Firenze, per la conferenza organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio «Oriente e Occidente, dialoghi di Civiltà».

«La mia speranza è che l’Occidente diventi meno campanilista e arrogante, e che l’Oriente sia meno ossessionato e sospettoso, affinché entrambi si incontrino a metà strada, e che sia un incontro di conoscenza reciproca, di affetto, di scambio di esperienze e di benefici», ha proposto nel suo discorso. «C’è un Islam forte, appoggiato dalla tradizione, che vuole comunicare con l’Occidente. Capofila è Al Tayyeb», spiega il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi. Il dialogo non è sempre stato facile. Nel 2011, dopo la strage dei copti in Egitto, il capo spirituale sunnita — imam del più prestigioso istituto di formazione e istruzione sui principi e sul magistero islamici — congelò i rapporti con il Vaticano dopo che Benedetto XVI chiese ai governi mediorientali di adottare misure urgenti per proteggere i cristiani: Al Tayyeb lo trovò fuori luogo e rispose che anche i musulmani sono vittima di ingiustizie e del terrorismo.

«Quando abbiamo visto che le nostre parole non erano state recepite, abbiamo deciso di congelare tutto fino a tempo debito», dice. «In fondo quello che chiediamo è il rispetto per una religione professata da un miliardo e 600 mila persone». A Firenze — la sua prima visita in Europa — parla dell’illegittimità dell’Isis, che rifiuta di definire «Stato islamico». «Li chiamo movimenti armati, sono dei fuoriusciti dall’Islam e una sfida per il pensiero e il magistero islamico». È un discorso che ha avviato alla Mecca a febbraio, proponendo di ripensare anche l’insegnamento islamico per impedire la diffusione di interpretazioni errate ed estremiste dei testi sacri.

Nei mesi scorsi Al Azhar, insieme a «rappresentanti delle Chiese orientali, dell’Islam sciita, dell’Islam sunnita e persino yazidi», ha chiesto all’Occidente «di capire la distinzione tra i movimenti armati che si celano sotto le mentite spoglie dell’Islam e l’Islam vero, la religione retta». D’altro canto, afferma oggi che anche «gli orientali, sia musulmani che cristiani, hanno dinanzi un compito gravoso: modificare la loro visione dell’Occidente e degli occidentali, quel sentimento diffuso improntato a paura, insicurezza, timore di essere danneggiati». Però, non sembra pronto ad affrontare fino in fondo il tema dell’accettabilità nella sharia di pene come la crocifissione o le amputazioni.

Dopo che l’Isis bruciò vivo il pilota giordano, il Grande Imam disse che i miliziani meritano la crocifissione. «È sorto un equivoco: non abbiamo emanato una condanna a morte né chiesto ai governanti di ucciderli, ma abbiamo ricordato la sentenza prevista nella sharia per chi uccide, violenta, ruba i beni altrui e caccia le persone dalle loro case. L’ultima parola comunque spetta ai governanti e non ricordo che nessuno sia mai stato condannato alla crocifissione». A una domanda sulle 1.000 frustate imposte al blogger saudita Raif Badawi replica: «Sono qui isolato dal mondo in una stanza con l’aria condizionata e non conosco gli ultimi sviluppi. Ma è una sentenza per un reato: tutti gli altri testi sacri e le leggi più moderne contengono misure repressive nei confronti dei criminali. Aggiungo che siamo qui per un sincero dialogo Oriente-Occidente e una delle condizioni basilari del dialogo è che ognuna delle parti rispetti le tradizioni dell’altra».

IL FOGLIO: "La prima volta in occidente di al Azhar"


L'Università di Al Azhar al Cairo

Il Grande imam di al Azhar, Ahmad al Tayyeb, era l’ospite più atteso della conferenza internazionale sui “dialoghi di civiltà” organizzata da Sant’Egidio, che s’è aperta ieri a Firenze. Non tanto perché era la prima volta che – in tale veste – prendeva la parola in occidente, quanto per i suoi “precedenti” non proprio inclini a favorire un clima di distensione e dialogo con quel mondo che nel suo intervento ha definito “campanilista e arrogante”, comparato a un oriente che invece è “ossessionato e sospettoso”.

E’ stato lui, poco dopo essere entrato in carica, cinque anni fa, a rompere i rapporti con Roma, accusando Benedetto XVI di aver interferito negli affari dei paesi musulmani – Ratzinger aveva semplicemente espresso dolore per il rogo d’una chiesa copta ad Alessandria. E sempre lui, qualche mese orsono, ha invocato la crocifissione per tutti i jihadisti membri attivi del cosiddetto Califfato (in alternativa, la mutilazione o direttamente la condanna a morte). Nel 2002, fornì la ricetta per la soluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi: “Proliferazione degli attacchi fidai (martirio, ndr) volti a terrorizzare i cuori dei nemici di Allah”. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia da allora, oggi al Tayyeb è considerato uno degli interlocutori più credibili e pacifici in materia di dialogo interreligioso.

Così, memore della lectio del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi dello scorso dicembre circa la necessità di inaugurare una seria rivoluzione nell’islam che metta al bando le rigide interpretazioni letterali del Corano perorate dai salafiti – concetto che stenta a farsi largo nella umma – il Grande imam ha sì osservato che “l’epidemia di terrorismo e violenza che minaccia il mondo parte sempre da una lettura errata dei testi sacri”, oltre che “da politiche mondiali bieche sostenute da ingenti capitali”, ma non è andato oltre, non chiarendo chi interpreta male quei testi né perché lo fa. Semmai, ha proposto un equo scambio che possa far “volare la colomba della pace” tra i due mondi oggi divisi: “L’oriente ha molto da offrire all’occidente per colmare le sue lacune spirituali e religiose, così come l’occidente ha tanto da offrire all’oriente per sollevarlo dall’arretratezza nei settori della scienza, della tecnica, dell’industria, dell’agricoltura”.

Noi vi diamo la spiritualità che avete perso, e voi ci date la tecnologia. Il primo passo per incontrarsi a metà strada, ha osservato, sarebbe quello di smetterla di pensare l’occidente come un’entità formata da popoli europei che professano il cristianesimo: “Non regge, se prendiamo in considerazione il fatto che milioni di musulmani emigrati sono diventati elementi di rilievo nel tessuto sociale occidentale lasciando una propria impronta forte”.

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