Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/06/2015, a pag. 37, con il titolo "La grande bufala dell'islamofobia", il commento di Pierluigi Battista.
Pierluigi Battista
Charb, direttore di Charlie Hebdo ucciso da terroristi islamici il 7 gennaio 2015
Intanto, è formidabile già il titolo: «Lettera ai truffatori dell’islamofobia che fanno il gioco dei razzisti». È vero: questo neologismo ricattatorio, «islamofobia», è una truffa, un’impostura, un’arma intimidatoria per rovesciare le parti, e far passare per aggressione ogni pur blanda critica al fondamentalismo islamista. È formidabile anche l’autore «postumo» di questo libro pubblicato in Italia da Piemme: Charb, al secolo Stéphane Charbonnier, il direttore di Charlie Hebdo che il 5 gennaio consegnò all’editore queste pagine, e due giorni dopo venne ammazzato insieme agli altri vignettisti nella strage di Parigi, quella che indignò il mondo intero per poche ore per poi passare alla storia come la carneficina che mise fine alla libertà d’espressione così come l’abbiamo conosciuta nell’Occidente laico e scettico.
«Se la sono meritata», «hanno esagerato», «hanno offeso una religione». E, da ultimo, erano «islamofobi», l’accusa più idiota e turpe che si possa fare a chi disegnava vignette, scorticava chiunque, offendeva tutti e per questo si è guadagnato la morte violenta degli sgozzatori di professione, poverini.
Charb ha avanzato un argomento anch’esso formidabile, che se si fosse più attenti alla logica e non agli spettri dell’«islamofobia», potrebbe essere preso utilmente in considerazione da chi si ostina a ragionare. Scriveva: «in virtù di quale contorta teoria l’umorismo dovrebbe essere meno compatibile con l’islam, rispetto a qualunque altra religione?». E ancora: «Se lasciamo intendere che si possa ridere di tutto tranne che di certi aspetti dell’islam perché i musulmani sono molto più suscettibili del resto della popolazione, non li stiamo forse discriminando»? E in effetti, l’idea che «l’islam è incompatibile con l’umorismo», oltre a essere un’ottima battuta umoristica e dunque nel mirino di chi ammazza la gente con la scusa della «blasfemia», ha qualcosa di discriminatorio.
Puoi dire tutto e a tutti, ma non a quei poverini che si offendono per un niente. Devi usare misure diverse come se avessi a che fare con un portatore di handicap. Pensi che una vignetta, che può fare infuriare anche i seguaci di altre religioni, possa essere inopportuna per chi, poveretto, non ha strutturalmente la capacità di afferrare il contenuto umoristico di una vignetta. Come condannare una religione intera a una classe differenziale, perché totalmente impermeabile al senso dell’umorismo. Più discriminazione di questa.
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