IC7 - Il commento di Valentino Baldacci
Dal 24 al 30 maggio 2015
La presentazione al Salone del Libro di Torino.
Da sinistra: Ugo Volli, Angelo Panebianco, Maurizio Molinari,
Angelo Pezzana, Valentino Baldacci
Alla fine del 2014 una piccola casa editrice fiorentina (Aska) ha pubblicato un mio libro, 1967. Comunisti e socialisti di fronte alla guerra dei Sei giorni. Da allora pressoché tutte le settimane vengo chiamato, in grandi città o in centri minori, a presentare il libro e a discuterne i contenuti. Si badi che non c’è stata quella campagna mediatica che di solito le maggiori case editrici organizzano per lanciare un libro; né i quotidiani hanno pubblicato recensioni che potevano invogliare i lettori, con le sole eccezioni di una brevissima segnalazione di Arturo Colombo sul “Corriere della Sera” e di una nota di Maurizio Molinari su “La Stampa”, il giorno stesso della presentazione – pochi giorni fa - al Salone del Libro di Torino.
La copertina del libro
Da dove nasce allora questo interesse, che ha fatto dire all’editore che bisognerà presto provvedere a una nuova edizione, cosa abbastanza insolita per un libro di questo genere? Una prima risposta può probabilmente essere trovata nel sottotitolo che, come spesso accade, fa capire, anche più del titolo, il significato del libro: La costruzione dell’immagine dello Stato d’Israele nella sinistra italiana. Credo cioè che l’interesse che questo libro sta suscitando nasca innanzi tutto da un bisogno di conoscenza, dal bisogno cioè che molte persone hanno di sapere e di capire come è nato e come si è sviluppato quell’odio feroce e persistente che porta tanti giovani a urlare slogan durissimi contro lo Stato ebraico, a bruciarne le bandiere, a sventolare invece le bandiere di uno Stato palestinese che, almeno finora, nemmeno esiste.
E’ un bisogno di conoscenza che non è davvero soddisfatto dai tanti talk-shows che trattano spesso del Medio Oriente, e dove la cifra corrente è quella delle urla e delle offese scambiate fra contendenti che – loro per primi – conoscono assai poco dei problemi della regione. Ma non lo è nemmeno dai numerosi libri e libretti che vengono accumulati sugli scaffali delle librerie e in particolare delle Librerie Feltrinelli, dove c’è sempre una sezione dedicata non al Medio Oriente o allo Stato d’Israele, ma alla “questione palestinese”, vista naturalmente secondo un’ottica puramente ideologica, senza che mai venga spiegato il processo attraverso il quale si è arrivati al presente. D’altra parte si sa bene che le librerie Feltrinelli più che libri vendono ideologia, e non è un caso che il mio libro - che, secondo la logica che dovrebbe guidare un libraio, dovrebbe avere una certa evidenza – non figura nemmeno sui loro scaffali e la sua diffusione è avvenuta finora o in occasione delle presentazioni o attraverso i canali della vendita per corrispondenza (Amazon, IBS ecc.).
Torniamo al sottotitolo del libro: La costruzione dell’immagine dello Stato d’Israele nella sinistra italiana. Credo che i lettori siano attirati soprattutto da questa frase: cioè dal bisogno di sapere e di capire come è stato costruito nel corso degli anni questo odio così cieco e immotivato nei confronti dello Stato d’Israele, come – a pochi decenni di distanza dalla Shoah – sia potuto risorgere un antisemitismo così radicale, occultato appena da una leggera mascheratura di antisionismo, da parte di persone che – dietro agli slogan urlati – non hanno la minima idea di cosa sia il sionismo.
Chi si avvicina al libro si rende conto allora che non viene sostenuta alcuna tesi ideologica ma che viene “semplicemente” ricostruito il dibattito che portò – in occasione della guerra dei Sei giorni del giugno 1967 – a definire alcuni stereotipi che da allora vengono ripetuti acriticamente da masse di persone che non hanno la minima conoscenza dei fatti e si limitano a ripetere slogan. Può darsi che la sola conoscenza dei fatti non basti a modificare atteggiamenti che si trascinano ormai da decenni, e che nascono soprattutto da stati emotivi e dalla partecipazione a riti irrazionali di massa, come la partecipazione a cortei dove prevale la ripetizione ossessiva di slogan e, in certi casi, lo scatenarsi cieco della violenza. Ma è proprio dalla convinzione opposta – che dalla conoscenza dei fatti e della storia si formano gli anticorpi per sconfiggere l’irrazionalità e la violenza – che nasce – ritengo - l’interesse per questo libro.
Valentino Baldacci