Riprendiamo dall'OSSERVATORE ROMANO di oggi, 27/05/2015, a pag. 5, la breve "I nazisti in fuga e il Vaticano".
L'Osservatore Romano dimostra ancora una volta di avere una pessima memoria, quando si tratta di scrivere dei silenzi imbarazzanti della Chiesa durante la Shoah e del rapporto cordiale tra Santa Sede e Germania nazista.
Dimentica, tra le altre cose, che il Vaticano collaborò alacremente con i criminali nazisti per fare in modo che, alla fine della guerra, trovassero un comodo rifugio in Sudamerica e nei Paesi arabi. L'operazione Odessa portò molti gerarchi nazisti in Argentina e in altri Paesi limitrofi proprio grazie ai passaporti falsi ottenuti con la sempre provvidenziale opera della Santa Sede. Ne abbiamo scritto più volte in passato su IC, per esempio alla pagina http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=42051
Ecco l'articolo:
Pio XII
«La Chiesa e il Vaticano non aiutarono in alcun modo la fuga dei criminali nazisti. Se questi riuscirono a infiltrarsi fra i profughi con documenti falsi o a utilizzare canali diplomatici per raggiungere l'America del Sud o altre nazioni dove potevano contare su valide coperture, non c'è traccia di connivenze di ecclesiastici o organizzazioni cattoliche, impegnate solo in una attività umanitaria».
Adolf Hitler Pio XII
Lo scrive Angelo Picariello in un articolo, pubblicato sull'«Avvenire» del 26 maggio, nel quale intervista Pier Luigi Guiducci autore di Oltre la leggenda nera (Milano, Mursia, 2015, pagine, 430, euro 22). Docente di storia della Chiesa presso il centro diocesano di teologia per laici Ecclesia Mater della Lateranense, Guiducci ha compiuto «un lavoro decennale a rovistare negli archivi tedeschi, croati, italiani, argentini, statunitensi per confutare tesi rivelatesi preconcette o romanzate che non hanno retto alla verifica storica» scrive Picariello.
«Guiducci — aggiunge — qualche stereotipo lo aveva già demolito con una precedente ricerca, Il terzo Reich contro Pio XII, e ora — come attesta il gesuita Peter Gumpel, relatore della causa di beatificazione di Papa Pacelli nella prefazione "è stato in grado di dimostrare che le tesi di vari autori esprimono in più casi, solo delle opinioni, delle supposizioni, delle convinzioni personali non confermate da documenti storici, non attente ai dati divulgati dopo l'apertura di diversi archivi statali"».
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