Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/04/2015, a pag.18, con il titolo "Tra Israele e Unione Europea scatta la guerra dell'etichetta", l'articolo di Francesco Battistini.
a destra: se la ridono contenti...
Il boicottaggio non deve passare !
Germania nazista, UE replica in chiave europea: complimenti !
Le speranze riposte sul ministro degli esteri Gentiloni sono evidentemente state affrettate. Che abbia firmato l'obbligo per Israele di etichettare i prodotti che vengono da Giudea e Samaria - arrogantemente definite 'nomi biblici' per delegittimarne l'esistenza - rivela quale sarà la poltica estera del nostro governo verso il Medio Oriente. Totale adesione alla narrativa della propaganda araba. Se Giudea e Samaria - terrorori contesi e non occupati- sono 'nomi biblici',che dire allora della validità dei nomi 'west bank', oppure 'cisgiordania', inventati dagli ex stati coloniali europei in epoca recente, per non dire l'altro ieri ?
E' urgente una mobilitazione trasversale per far rinsavire il governo, altrimento tanto valeva votare D'Alema, almeno i giochi sporchi sarebbero stati prevedibili, e persino più facili da combattere.
Diciamo NO al BDS !
Ecco l'articolo:
Francesco Battistini
Made in Israele. O made in West Bank? Che sia iun ortaggio o un formaggio, un olio o un vino, è l'Europa a dirlo: sull'etichetta, la differerfza va segnalata. Perché nel privo caso si tratta d'un «normale» prodotto israeliano. Nel secondo, potreste avere in mano merce di coloni che occupano i Territori palestinesi (e c#he spesso le olive o le viti, ai palestinesi, le rubano). L'Ue da anni pretende chi lo si stampi sulle etichette: «Prodotto israeliano proveniente; da insediamenti illegali in Cisgiordania», giusto perché l'acquirente poi si regoli. Ma a parte la Gran Bretagna e i Paesi scandinavi, nessuno lo fa. Lunedì scorso sedici su 28 fra i ministri degli Esteri europei, Germania esclusa, hanno scritto alla «collega» Ue, Federica Mogherini, esigendo che le etichette trasparenti siano finalmente messe. E che «i consumatori non siano più fuorviati da false informazioni». La Mogherini non ha risposto, anche se si sa come la pensa. Israele invece non ha perso tempo, Firmatari • Italia, Belgio, Spagna, Regno Unito, Francia, Malta, Danimarca, Irlanda, Austria, Croazia, Olanda, Svezia, Portogallo, Slovenia, Lussemburgo e Finlandia chiedono l'etichettatura per i prodotti provenienti dalle colonie ed è partita la protesta. «Possono anche mettere una stella gialla su tutti i prodotti della Giudea, della Samaria o del Golan», la replica del ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, che chiama la Cisgiordania coi suoi nomi biblici e fa notare l'«ipocrita» coincidenza d'una simile lettera nei giorni in cui Israele ricorda la Shoah: «Sappiamo come funziona: si marchiano i prodotti israeliani e poi si passa subito a boicottare tutto ciò che viene da Israele». Altro che coloni, la tesi è d'un boicottaggio bell'e buono: «Questa mossa può creare caos nella nostra economia — Yair Lapid, già ministro delle Finanze, ha telefonato alla Mogherini —. Non c'è nessuna differenza tra prodotti al di qua o al di là della Linea Verde», il confine del '67 al quale Israele è tenuto a tornare. E poi: perché tanta severità coi coloni — proprio lunedì, Human Rights Watch li ha accusati di sfruttare il lavoro dei bambini palestinesi — quando nessuno si fa troppe domande su quel che arriva dalle fabbriche-lager in Asia, per non dire del mondo arabo? La lista (nera) della spesa europea negl'insediamenti è di circa 500 prodotti. Un affare da mezzo miliardo di dollari l'anno. Già due anni fa ci aveva provato la precedente «ministra» Ue, Catherine Ashton, minacciando di congelare le partnership finanziarie che riguardavano i coloni. Ma erano i mesi in cui si tentava di far ripartire i negoziati di pace, e fu la Casa Bianca a chiedere all'Europa di soprassedere. Ora che Abu Mazen ha preso la strada dei tribunali penali internazionali, che Netanyahu ha escluso la soluzione dei due Stati e che le colonie continuano ad ingrandirsi, per i 16 governi europei è tornato il momento: «L'etichettatura è un passo importante». Ha firmato anche l'Italia, col ministro Gentiloni. Cinque anni fa, quando la Coop provò a far rispettare l'obbligo d'etichetta trasparente, venne giù il mondo e il Partito democratico ordinò ai «suoi» supermercati di fare retromarcia. Evidentemente, nel centrosinistra ci hanno ripensato.
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