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Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
18.03.2015 Netanyahu vince le elezioni: adesso deve formare un governo
Commenti di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari

Testata:Il Giornale - La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari
Titolo: «Israele, sorpresa alle urna: destra e sinistra pareggiano - Lo sprint finale di Netanyahu: è testa a testa con Herzog»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 18/03/2015, a pag. 1-16, con il titolo "Israele, sorpresa alle urna: destra e sinistra pareggiano", il commento di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA, a pag. 1-2, con il titolo "Lo sprint finale di Netanyahu: è testa a testa con Herzog", la cronaca di Maurizio Molinari.

Tutte le cronache e commenti sono stati scritti prima dei risultati definitivi, e hanno tenuto conto perciò soltanto dei dati  parziali degli exit polls.
Il leader di Unione Sionista Ytzhak Herzog ha telefonato a Netanyahu complimentandosi per la vittoria.


Ytzhak Herzog

Ecco gli articoli:


Netanyahu ha vinto le elezioni: ora cercherà di formare un governo

IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Israele, sorpresa alle urna: destra e sinistra pareggiano"


Fiamma Nirenstein

Il dramma continua: sia l'Unione sionista, ovvero il partito della sinistra di Buji Herzog, che il Likud di Benjamin Netanyahu hanno ottenuto esattamente lo stesso numero di seggi, 27 a testa. Le carte adesso sono tutte quante in mano ai partiti minori, che di fatto determineranno la coalizione che dovrà governare il Paese. Il pareggio di Netanyahu con Herzog, dopo che nei giorni scorsi la sinistra batteva Bibi 24 a 21, è una sorpresa, un recupero sorprendente che dimostra come ancora la presa del primo ministro in carica sia capace di forza e di mobilitazione. Un'eventuale coalizione di Netanyahu tuttavia risulta di 54 seggi contro i 56 della sinistra.

Tuttavia ancora alcuni giocatori di primo piano non hanno detto la loro. Ovvero, Israele non ha nè un primo ministro nè una coalizione. Il Presidente della Repubblica Reuven Rivlin deve aprire le consultazioni e incaricare il personaggio cui andrà il numero di seggi sufficienti, sui 120 della Knesset, per formare un governo. Dipende da un bizantino ricamo di consensi, ma certo per primo Rivlin tenterà il governo di coalizione. Saranno giorni difficili, in cui la frammentazione del Paese e soprattutto l'importanza dei partiti intermedi, le scelte e le convenienze personali, le simpatie e gli odi diventeranno la vera chiacchera del Paese. Le pressioni, anche internazionali (pare che Obama sia piuttosto ansioso) saranno forti, l'eccitazione alle stelle.

Quindi, la pessima campagna elettorale cui abbiamo assistito continuerà ancora, Buji Herzog e Bibi continueranno lo scontro sopra e sotto tutti i tavoli. Personaggi di secondo piano diventeranno gli arbitri della competizione, e fra questi, in particolare, Moshe Kahlon, con 10 seggi, il vero ago della bilancia, un cinquantenne economista di modeste, eroiche origini libiche che, nato nel Likud, ministro due volte, non ha ancora deciso da quale parte portare la sua compagine. La sua popolarità è legata alla «rivoluzione cellulare» che ridusse il costo delle chiamate. Lo hanno accusato di utilizzare la sua origine di destra per portare l'elettorato a sinistra, ma adesso davvero non è escluso che accetti la proposta di Bibi di fare il ministro delle Finanze.

L'altra incognita è il laicissimo ex titolare dell'economia Yair Lapid, 11 seggi, meno dei 19 del passato, odiato dai religiosi poiché insiste che siano arruolati nell'esercito come tutti. La terza lista, quella «unita» degli arabi, con 13, sarà un potere molto influente, e benché non voglia entrare nell'eventuale governo dell'Unione Sionista pure ha dichiarato che indicherà Herzog come primo ministro. Non sarà di grande aiuto a Bibi il capo del Paese di destra «Casa ebraica», Naftali Bennet, che ha preso solo 8 seggi probabilmente perchè i suoi voti sono andati diritti a Netanyahu. In generale la destra si è tutta compattata intorno a lui, forse creandogli difficoltà per la prossima coalizione, ma certo salvandolo come leader con un futuro. Le elezioni israeliane hanno sempre avuto una pretesa messianica, e stavolta è stata devastante, ha coperto qualsiasi programma che parlasse con buon senso e profondità dei problemi. È stata tutta un'esclamazione. L'odio per Netanyahu ha preso il sopravvento e il Likud ha risposto con un grido di aiuto che il popolo ha accolto quando l'assedio a Netanyahu si è fatto pettegolo e imprudente e gli ex capi del Mossad messi da parte gli sono saltati alla gola.

Le elezioni in Israele suscitano molte fantasie: si immagina che Israele debba fornire al mondo la pace universale tramite la resa territoriale ai palestinesi, e che il prossimo messia lo farà. Netanyahu è stato odiato all'estero perchè non è riuscito a vincere il rifiuto arabo che nessun leader ha battuto. La peggior accusa contro Bibi, in questa campagna, sollevata con notevole confusione mentale dal giornale Yediot Aharonot, è stata quella di essere in segreto arrivato a un compromesso che avrebbe diviso Gerusalemme e ceduto i territori del '67. Ma la dichiarazione di Herzog che non dividerà Gerusalemme è stata invece ignorata. Di fatto la campagna è stata povera, priva di sfondo, dimenticati il terrorismo, il rischio iraniano, forte la protesta sociale. Adesso Netanyahu tenterà, per formare una coalizione, di scendere dal picco di destra che non si addice a un leader moderato.

D'altra parte Herzog imboccherà con energia la strada di affermare che la sua leadership sarà l'unica che restituirà Israele all'onore del mondo e soprattutto di Obama, con cui Bibi non va d'accordo. Ambedue i leader proclamerano la loro vittoria (Netanyahu lo ha già fatto in toni entusiastici), e si dichiareranno pronti a formare il governo. È stata una brutta campagna elettorale, ma libera e pluralista nella democrazia determinata e coraggiosa che disegna una villa nella giungla di un Medio Oriente in cui Israele è solo, e il risultato è una sorpresa come si addice alle democrazie, appunto.

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Lo sprint finale di Netanyahu: è testa a testa con Herzog"


Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"

Benjamin Netanyahu evita in extremis la sconfitta nelle urne ma il duello con il centrosinistra finisce in pareggio e il rivale Isaac Herzog afferma che «non è finita perché bisogna contare tutti i voi». Israele esce spaccato dalle elezioni e il capo dello Stato, Reuven Rivlin, chiede un governo di unità nazionale.
Lo chiede a Likud e centrosinistra per «evitare la disgregazione nazionale».
Il premier uscente, che in dicembre aveva sciolto il governo puntando a una facile rielezione, ha affrontato una campagna tutta in salita a causa dello scontento economico, ma nelle ultime 72 ore è riuscito a mobilitare i militanti in un porta a porta vecchio stile che - accompagnato ad argomenti della destra nazionalista come il rifiuto dello Stato palestinese e la costruzione di abitazioni in Cisgiordania - gli ha consentito di recuperare un distacco di 4-6 seggi fino a chiudere in parità.

Più alleati per la destra
Gli exit poll per il rinnovo della Knesset (il Parlamento israeliano) gli assegnano infatti 27 parlamentari, quanti ne ha il centrosinistra di Isaac Herzog e Tzipi Livni. Ma in più Netanyahu ha un vantaggio tattico: ha più alleati, e con più seggi. Naftali Bennet di Casa Ebraica con 8, Avigdor Lieberman di Israel Beitenu con 5 seggi e gli 11 seggi dei partiti religioni Shas e Unione della Torà si aggiungono infatti al corteggiamento di Kulanu, il nuovo partito guidato dal suo ex ministro Moshe Kachlon, che è la vera sorpresa del voto raggiungendo quota 10 seggi. Ciò significa disporre di un’alleanza potenziale maggiore del Campo Sionista di Herzog che, pur partendo dagli stessi 27 seggi, ha come unici alleati l’estrema sinistra del Meretz con 5 seggi e Yesh Atid di Yair Lapid con 12 seggi con Kachlon in bilico.

È il confronto fra le coalizioni possibili a far dire a Netanyahu che «è stata una grande vittoria», parlando all’unisono con Bennet dopo aver telefonato a Kachlon per promettergli il ministero delle Finanze, puntando a dimostrare a Rivlin che la costruzione del nuovo governo è già iniziata. «È una grande notte per la destra israeliana, siamo dei maratoneti» dice Bennet. Ma c’è anche l’altra Israele, quella di Herzog che ammonisce Netanyahu a «non correre verso conclusioni affrettate» perché «tutti i voti dovranno essere contati» e dunque fino a venerdì mattina - quando la commissione elettorale annuncerà i risultati - «è bene essere prudenti». E Kachlon lo ascolta: «Deciderò cosa fare solo a voti contati».

La sinistra rinnovata
Dalla sua, Herzog ha un exploit politico innegabile: due mesi fa nessuno lo prendeva sul serio come rivale di Netanyahu mentre ieri sera ha chiuso il match pareggiando nel numero degli eletti. E non è tutto perché la campagna elettorale ha fatto emergere un grande scontento sociale, soprattutto fra le fasce più deboli della popolazione, che si è riversato su Kachlon proprio per contestare Netanyahu. Se a questo si aggiunge il successo della lista dei partiti arabi, che sommando 13 seggi diventano la terza forza politica del Paese, ne esce l’immagine di una nazione che ha rafforzato anche la partecipazione alla vita pubblica della sua più importante minoranza, pari al 20 per cento dell’elettorato. E i partiti arabi sono pronti a dare un «appoggio esterno» a Herzog. Ce n’è abbastanza per comprendere perché Rivlin lancia il governo di unità nazionale, ponendo le basi per un pressing politico teso a piegare la resistenza di Netanyahu.

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