Riprendiamo oggi, 15/03/2015, le analisi sulle prossime elezioni israeliane del 17 marzo, da tre quotidiani, diverse per impostazione, ma che rapprenstano al meglio -e al peggio - quanto viene pubblicato dai media odierni. Tutti e tre sono preceduti da un nostro commento.
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Da parte nostra sottolineiamo - aldilà dei seggi ai singoli partiti - l'importanza delle coalizioni. Non basterà infatti vincere, bisognerà avere i numeri per formare un governo. Dagli ultimi sondaggi , questi sono i numeri:
Centro Sinistra: 43
Likud e destra: 47
Partiti religiosi: 17
Partiti Arabi: 13
Come si vede, molto dipenderà dagli spostamenti dei piccoli partiti, dato che la Lista araba ha già dichiarato che non appoggerà nessuna coalizione.
Ecco gli articoli
Corriere della Sera-Davide Frattini:" Netanyahu alla partita della vita. Ma ex generali e 007 lo scaricano"
Davide Frattini Bibi Netanyahu
Nei due servizi dedicati alle elezioni, Davide Frattini, pur riconfermandosi attento conoscitore della realtà israeliana, preme un po' troppo il piede sull'acceleratore anti-Bibi. Al quale non concede nemmeno la giusta analisi che persino David Grossman gli ha riconosciuto: una profonda capacità di analisi per quanto riguarda la sicurezza. Se l'iran avrà l'arma nucleare, non ci saranno più discussioni sull'aumento del costo della vita o sui territori contesi. Netanyahu ha detto agli israeliani quale sarà la sua politica se tornerà ad essere primo ministro, non altrettanto hanno fatto Herzog/Livni. E' vero che nella poltica prevlagono le parole, ma anche i fatti contano. Israele è rimasta fuori dalla crisi che ha sconvolto tutti i paesi democratici occidentali, ma Netanyahu era lui a capo del governo. Dimenticarlo quando si parla di economia non si fa un buon servizio alla realtà dei fatti.
Ecco i due servizi:
A preoccuparlo è il partito dei pensionati. Un partito che non presenta candidati, non punta a conquistare voti ma scommette che sia lui a perderli. Ex capi dei servizi segreti, ex generali, ex ufficiali delle forze speciali, ex comandanti dell'aviazione — in pensione, ancora agguerriti — si sono coalizzati per ridimensionare il messaggio ripetuto da Benjamin Netanyahu durante la campagna elettorale: nessun altro può garantire meglio di me la sicurezza di Israele. Giocando con il suo soprannome, il primo ministro si è presentato in un video come «Bibi-sitter»: l'unico adulto circondato da ministri bambini, inidonei a guidare la nazione in un conflitto (il bimbo che impersona Naftali Bennett, il più bellicoso tra loro, viene mostrato mentre muove i carrarmatini e i soldatini). I 186 militari a riposo hanno messo tutta la loro tempra per spiegare che Netanyahu ha portato il Paese «a uno dei livelli Santa scontl 186 militari a riposo hanno criticato Bibi e il «danno» da lui • arrecato al Paese più bassi dalla fondazione»: «La guerra eterna non è una strategia», sintetizza Shabtal Shavit, ex direttore del Mossad. Meir Dagan, altro capo dei servizi segreti, ha raccolto la vitalità che gli resta (ha subito un trapianto di fegato) per salire sul palco in piazza Rabin a Tel Aviv e proclamare davanti a 40 mila persone: «Israele è circondata da nemici, non sono loro a farmi paura. Mi spaventano I leader politici, la mancanza di visione e strategia». La reazione del Likud alle critiche di Dagan — che I giornali definiscono un «vero patriota» — dimostra quanto la destra tema di perdere le elezioni. I fedelissimi del primo ministro non hanno esitato a infangare l'uomo che pure gli è stato a fianco nella sfida contro l'atomica iraniana, sono arrivati a rinfacciargli di aver chiesto aiuto a Netanyahu per ottenere il trapianto. A due giorni dal voto, i sondaggi danno l'Unione Sionista guidata da Isaac Herzog in vantaggio di almeno quattro seggi, i vecchi laburisti (con nome nuovo e l'aggiunta di Tzipi Livni) tornerebbero a vincere le elezioni per la prima volta dal iggg. È allora che Ehud Olmert dichiara finita l'«era del prestigiatore»: Netanyahu viene sconfitto da Ehud Barak, sembra aver perso il tocco magico che gli permetteva di riemergere dalle crisi, lascia la politica, dice per sempre. Invece ritorna da leader del Likud, riprende il potere nel aoog e arriva a totalizzare nove anni da primo ministro, più di David Ben-Gurion, il padre fondatore della patria. La campagna elettorale del Likud è stata costruita attorno a lui, dai poster alle apparizioni televisive: stasera dovrebbe parlare in piazza Rabin, la destra si appropria del luogo sim *** bolo della sinistra israeliana. Troppo poca visibilità — dicono adesso gli attivisti — è stata lasciata agii altri ministri, ai deputati che conoscono per nome gli elettori nelle piccole città. Netanyahu-Houdini non si sarebbe reso conto di aver perso la bacchetta dell'illusionista e il contatto con il Paese: «Una volta era la soluzione, ora è diventato il problema», commentano nel partito quelli che già pensano alla lotta per la successione. Non sembrano bastati il discorso davanti al Congresso americano e la contrapposizione frontale — in nome degli interessi nazionali — con il presidente Barack Obama. Sembrano bastad il dossier del Ragioniere dello Stato sulle spese eccessive della famiglia Netanyahu (con soldi dei contribuenti) e lo scandalo soprannominato bottiglia-gate: la moglie Sara intascava I centesimi dei vuoti a rendere che sarebbero dovuti tomare nelle casse dello Stato. «Gli israeliani ne hanno abbastanza di Bibi — scrive Nahum Barrea, la firma più letta dal quotidiano più venduto — il fascino si è consumato, il tentativo di reinventarsi come il saggio anziano della tribù è fallito». Il premier accusa proprio Yedioth Ahronoth e gli altri giornali «sinistrorsi» di aver organizzato una campagna («pagata da miliardari stranieri», scrive sulla sua pagina Facebook») per impedirne la rielezione. Ognuno dei «congiurati» avrebbe le sue motivazioni: le organizzazioni internazionali —commenta—vogliono il ritiro dai territori palestinesi e «la divisione di Gerusalemme». In realtà la discussione su un eventuale accordo di pace è rimasta fuori dalla campagna elettorale. Gli israeliani restano più preoccupati dal costo della vita, dai prezzi degli appartamenti che salgono, dalla crescente disparità sociale. Sono arrabbiati e uno spot anti Netanyahu mostra la loro furia, in banca, nella corsia di un ospedale, esplodere in schede di voto. «In questo fine settimana Netanyahu rifletterà su quanto sia stata una mossa azzeccata — ragiona Yossi Verter sul quotidiano Haaretz — licenziare due ministri tre mesi fa e puntare sulle elezioni anticipate». Perché quei due ministri sono balzati fuori dallo sgabuzzino politico in cui in parte si erano cacciati, in parte li aveva richiusi il premier. Yair Lapid (bersagliato da responsabile delle Finanze) incarna di nuovo la speranza della classe media, Tzipi Livni — incaricata (e coli dimenticata) di seguire le trattative senza scopo con i palestinesi — rischia di ritornare da vincitrice in coppia con Herzog. Gli analisti avvertono che la partita non è chiusa, ricordano il 1996 quando il laburista Shimon Peres era in vantaggio nei sondaggi e alla fine perse proprio contro Netanyahu. Che anche da secondo arrivato potrebbe essere l'unico in grado di mettere insieme la coalizione per governare, è già successo nel 2009. 11 «prestigiatore», da ventidue anni sulla scena, prepara un ultimo stratagemma.
Corriere della Sera-Davide Frattini: " L'ultradestra di Liberman e la legge boomerang"
Avigdor Liberman
Un anno fa ha manovrato tra i deputati perché votassero la legge per innalzare la soglia elettorale dal 2 al 3,25 per cento. Adesso rischia di restare fuori dal parlamento. Avigdor Liberman è il ministro degli Esteri meno diplomatico nella storia di Israele, pochi giorni fa ha proposto di decapitare (con un'ascia) gli arabi israeliani che appoggiano gli attacchi terroristici. Prima aveva cercato di ghigliottinare i loro partiti. La norma che ha elevato il numero di voti minimo da ottenere è stata progettata da Liberman anche per mettere in difficoltà i piccoli gruppi arabi. Che hanno risposto riunendo in una sola lista quattro formazioni: i sondaggi calcolano che la coalizione potrebbe raggiungere i 13 seggi — gli arabi israeliani rappresentano il 20 per cento della popolazione — lo stesso numero ottenuto da Liberman nel 2013. Questa volta il suo Israel Beitenu (Israele è la nostra casa) rischia di non farcela e il ministro oltranzista resterebbe senza posto. Immigrato dall'ex Unione Sovietica nel 1978, ha fondato il partito per incanalare I voti di quel milione e settecentomila «nmss!» che vivono in Israele. Alleato del premier Benjamin Netanyahu, ha rappresentato l'aia oltranzista nel governo. Gli elettori di destra potrebbero scegliere di sostenere il Likud , risulta secondo nei sondaggio a scapito degli altri partiti nazionalisti. E questo l'appello di Netanyahu: non vuole che i voti della destra vadano dispersi. Anche a sinistra i radicali di Meretz temono di non superare la soglia di sbarramento.
Libero-Carlo Panella: " Netanyahu rischia il posto ma tira aria di grande coalizione"
L'analisi di Carlo Panella- a differenza di quella di Ugo Tramballi- dimostra come sia possibile, oltre che ovvio, fare un elenco dei motivi che potrebbero aumentare i seggi del centro-sinistra rispetto a quelli di Netanyahu, semplicemente elencandoli. E spiegandoli in maniera corretta.
Carlo Panella
Per comprendere quello che si gioca nelle elezioni di martedì in Israele è indispensabile, ovviamente, abbandonare il punto di vista europeo, che ha ha cuore -e malamente, in modo partigiano- solo la questione palestinese e il confronto sul nucleare iraniano, e provare a ragionare come gli israeliani. Se lo si fa, si scopre che le elezioni israeliane si giocano, come è ovvio, essenzialmente sui temi economici e questa è la ragione delle difficoltà del premier uscente Bibi Netanyahu, al governo dal 2009, e dei sonda positivi dello sfidante laburista Itsaac Herzog. L'economia israeliana, in realtà non va affatto male e la crisi non morde come in Europa, tanto che la crescita del Pil ha registrato un robusto più 7,4% nel quarto trimestre 2014. Ma gli stipendi non sono aumentad di pari passo e il 41% degli israeliani ha il conto corrente in rosso, a causa dell'alto costo della vita (il paniere dei prodotti base è superiore del 12% alla media dei paesi Ocse). Il costo della vita e soprattutto degli alloggi ha innescato nel 2011 un forte movimento di protesta sociale che continua tutt'oggi. I prezzi del mercato immobiliare tra i12008ei12013 sono aumentad del 55% e nell'ultimo anno di un altro 5%. Questo significa che in media un israeliano deve destinare 148 stipendi mensili per acquistare un appartamento, contro la media di 76 in Francia e 66 negli Stati Uniti. Questo quadro è chiaro a Herzog - alleato nel-l'Unione sionista con Tsipi Livni - che ha puntato proprio su questi argomenti, promettendo di spendere 1,73 miliardi di dollari in due anni per ridurre la povertà, per l'impiego, la sanità, le case e altri programmi sociali. Herzog ha promesso di aiutare in particolare le categorie «sandwich» - classe media, mezza età - che fanno i conti più degli altri con il carovita e che a causa delle politiche governative si ritrovano ad accollarsi economicamente figli e genitori. Nei confronti della questione palestinese, che comunque interessa molto, anche se in seconda battuta, gli elettori israeliani, Herzog ha attuato una strategia a doppia faccia. Da una parte ha marcato le caratteristiche sioniste e patriottiche dei laburisti, che hanno portato il paese all'indi *** pendenza e l'hanno retto sino al 1976, ma che negli ultimi anni erano state «sbiadite». Dall'altra parte, Herzog ha incontrato il leader palestinese Abu Mazen, ha criticato la politica di espansione degli insediamenti in Cisgiordania attuata da Netanyahu e ha lasciato intendere di avere consistenti carte in mano per arrivare a una soluzione di pace con i palestinesi sulla base del criterio dei due Stati. I sondaggi premiano queste scelte -e puniscono Netanyahu- e prevedono che nelle elezioni del 17 marzo l'Unione Sionista ottenga 25-26 seggi, contro i 21-22 del partito Likud del premier uscente. Buon risultato, che però non assicura affatto a Herzog e Livni la formazione di un governo, per la quale sono indispensabili quantomeno 61 seggi sui 120 della Knesseth (il parlamento di Gerusalemme), neanche con la certa alleanza col partito Yesh Atid (C'è un futuro) guidato da Yair Lapid. Tenuto conto che 13 seggi andranno probabilmente agli arabi israeliani, uniti in una sola lista, ma sempre e per sempre intenzionati a stare all'opposizione, Herzog rischia dunque di conquistare solo il diritto di ottenere per primo l'incarico di formare un governo. Ma non è detto che riesca poi a costruire un'alleanza con i tanti partiti minori (in larga parte di matrice religiosa, come il Shas) e a conquistare una maggioranza solida. E quindi prevedibile, ma non certo, che Herzog, se isondaggi saranno confermati dal voto, tenterà la strada di un governo «di unità nazionale» con lo stesso Netanyahu, mantenendone la guida. Strada che sicuramente Netanyahu cercherà però di ostacolare. Ma lo potrà fare solo se i suoi due alleati attuali di governo, l'oltranzista Liber-mann e il leader dei coloni Bennett, dati oggi in calo, riusciranno a invertire i sondaggi e a conquistare i voti sufficienti per perpetuare la maggioranza uscente. Insomma, strada in salita per tutti.
IlSole24Ore-Ugo Tramballi:" Gli israeliani alle urne pensando all'economia"
Ugo Tramballi
Tramballi si riconferma il disinformatore che è sempre stato. Nella sua analisi elettorale scrive che il tasso di povertà di Israele viene subito dopo quello di Cile e Messico, dimenticando che invece la verità è che Israele è l'unico stato del mondo democratico occidentale ad essere stato capace di rimanere fuori dalla crisi economica che da 7 anni ci affligge. Ignora pure che Israele è il paese i cui cittadini sono in cima alla classifica mondiale per 'soddisfazione' di vivere nel paese in cui vivono. Problemi economici ce ne sono, ovvio, ed è sacrosanto che preoccupino la vita quotidiana degli israeliani, ma Tramballi è un gran bugiardo quando dipinge Israele come un paese afflitto da una povertà endemica. Sorvoliamo sul paragone arabi-indiani (d'America), arabi che nel '48 furono 'cacciati dalle loro case' - e l'invito degli stati arabi a lasciarle perchè sarebbero ritornati dopo pochi giorni e si sarebbero impadroniti anche di quelle degli ebrei ?- La 'menzogna omissiva' è una sua specialità. Lo scriviamo da sempre, è una vergogna che il quotidiano della Confindustria ospiti quale esperto su Israele un mistificatore come Tramballi. Capiamo il fascino dei capitali arabi, ma c'è un limite a tutto.
Per i presidenti degli Stati Uniti che vi giocano la reputazione, per i parlamenti europei che si dividono, per gli arabi e le Nazioni Unite, le elezioni in Israele sono sempre un referendum a favore o contro la pace con i palestinesi. Per gli israeliani non lo sono quasi mai, almeno da un trentennio: sforzandosi di essere cittadini di un Paese normale, in condizioni normali e con normali frontiere, in genere pensano alla loro condizione economica. Sarà così anche martedì quando, per l'ennesima volta nella sua storia contemporanea, Israele andrà al voto anticipato. Il sistema politico - un proporzionale ai limiti della purezza, che ha dimostrato di essere irriformabile nonostante sia un certificato d'instabilità - impedisce a chiunque di vincere davvero. Lo scontro è su chi sarà chiamato a formare un esecutivo di coalizione. I due concorrenti sono l'uscente Bibi Netanyahu, premier e leader del Likud, la destra; e il laburista Isaac Herzog che si presenta con l'ex Kadima Tzipi Livni, in una lista chiamata Sionismo Unito. Negli ultimi 38 anni il Labour, il partito che ha fondato Israele, ha governato solo per 11. Questa volta, forse, vincerà: l'ultima era stata con Ehud Barak nel 1999. Ma i quattro seggi in più sul Likud, che tutti i sondaggi prevedono, potrebbero non bastare per formar