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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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Libero - Il Foglio Rassegna Stampa
06.03.2015 La minaccia iraniana pericolo numero uno: concordano in Israele sinistra e destra
Commenti di Daniel Mosseri, Giuliano Ferrara

Testata:Libero - Il Foglio
Autore: Daniel Mosseri - Giuliano Ferrara
Titolo: «Anche la sinistra di Israele sta con Bibi contro Obama - David Grossman si è incazzato di brutto, le sue parole su Bibi e Obama frustrano le anime liete e corrette»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 06/03/2015, a pag. 12, con il titolo "Anche la sinistra di Israele sta con Bibi contro Obama", il commento di Daniel Mosseri; dal FOGLIO, a pag. 1, con il titolo "David Grossman si è incazzato di brutto, le sue parole su Bibi e Obama frustrano le anime liete e corrette", il commento di Giuliano Ferrara.

Si veda l'intervista di Fabio Scuto, citata da Ferrara, pubblicata ieri su IC: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=120&id=57433

Ecco gli articoli:


Netanyahu applaudito al Congresso americano

LIBERO - Daniel Mosseri: "Anche la sinistra di Israele sta con Bibi contro Obama"


Daniel Mosseri

Benjamin Bibi Netanyahu è reduce da un clamoroso discorso al Congresso americano durante il quale ha messo in guardia l’amministrazione Obama dal firmare un accordo sul nucleare con l’Iran dell’ayatollah Khamenei. Parole pronunciate nonostante i chiarissimi segnali contrari della Casa Bianca: fra Obama e Netanyahu non corre buon sangue. Il leader di un Paese piccolo si è permesso di mettere in cattiva luce la politica estera della Casa Bianca direttamente da Capitol Hill.

La forza comunicativa di Bibi e la sua capacità di farsi ricevere al Campidoglio contro la volontà di Obama non sono passate inosservate: secondo una rilevazione del secondo canale della tv israeliana, 47 elettori israeliani su cento vorrebbero ancora Netanyahu a capo del governo. Il suo sfidante laburista Yitzhak «Buji» Herzog resta parecchio indietro, fermo al 28%. Il premier conservatore ha incassato, sul tema iraniano, anche l’approvazione di intellettuali della sinistra, come lo scrittore David Grossman che ieri su Repubblica spiegava come la bomba degli ayatollah sia una minaccia per tutto il mondo: «In questo, Bibi ha ragione».

Dall’altra parte, invece, qualcosa non funziona nella catena di trasmissione fra Netanyahu e il Likud, ed è ancora la rilevazione di Channel 2 a svelarlo: il partito del premier resta un seggio indietro rispetto alla Unione sionista, l’accoppiata fra i laburisti di Herzog e i centristi (Hatnua) di Tzipi Livni. In altre parole agli israeliani continua a piacere Netanyahu per il suo carisma, per la sua carriera nelle unità speciali di Sayeret Matkal, per essere il fratello di Yonatan, l’eroe di Entebbe, per aver fatto della sicurezza dello Stato una priorità. Ma se l’uomo Netanyahu piace a destra e a sinistra, il Likud non convince. «Il partito conservatore è al governo da sei anni ma gli israeliani non sono contenti», afferma da Tel Aviv l’esperto di sicurezza informatica Simone Cabib.

Le questioni sollevate dalle proteste del 2011 - quando in centinaia di migliaia scesero in piazza e si accamparono nelle tende per protestare contro caro-casa e carovita - restano irrisolte. Nato fra le promesse di mille riforme, il governo uscente ha anche impallato il progetto dei centristi dell’ex ministro delle Finanze Yair Lapid per esonerare le giovani coppie dall’Iva sulla prima casa. Richiamati regolarmente alle armi per affrontare le minacce che incombono da nord (Hezbollah) e da sud (Hamas), gli israeliani sono bene attenti a scegliersi leader decisi e competenti. Allo stesso tempo, come in tutti i Paesi del mondo, nel segreto dell’urna gli elettori pensano anche a come arrivare alla fine del mese: l’insoddisfazione per un'economia che cresce molto ma che ridistribuisce poco è palpabile.

Leader popolare alla testa di un partito normale, Netanyahu non può neppure fare affidamento sul sistema elettorale. Gli israeliani votano in un unico grande collegio nazionale con una legge proporzionale pura, corretta solo da uno sbarramento del 3,25%. Il sistema premia i partiti più che i leader e, come dalle nostre parti, richiede l’intervento del capo dello Stato. Sondaggi alla mano, Bibi parte però in vantaggio su Buji. Chiunque vinca dovrà governare in coalizione e, allo stato, gli alleati di Netanyahu potrebbero raccogliere 65 seggi sui 120 della Knesset contro i soli 62 dell’accoppiata Herzog-Livni. A Bibi servirebbero sei partner di governo, a Buji anche sette, e incompatibili fra loro.

IL FOGLIO - Giuliano Ferrara: "David Grossman si è incazzato di brutto, le sue parole su Bibi e Obama frustrano le anime liete e corrette"


Giuliano Ferrara

Scrivo perché mi rifiuto di essere una vittima, così dice spesso David Grossman, celebrato scrittore israeliano sessantenne. Ora si è anche incazzato, e di brutto. In una sensazionale intervista a Fabio Scuto di Repubblica accusa di “un’ingenuità addirittura delittuosa” l’Amministrazione Obama, che “ha fallito in Egitto, in Siria, in Iraq”. “Hanno fallito e continuano a fallire di fronte all’Iran”. Nella sua ingenuità, sensibile ma non delittuosa, lo scrittore danna Bibi Netanyahu per molte ragioni politiche, e alla fine si augura la sua sconfitta alle elezioni, ma aggiunge che “bisogna ascoltare Netanyahu” quando dice le cose che dice al Congresso degli Stati Uniti, che “Obama è tenuto a dargli risposte pertinenti, a prescindere dai sentimenti che si possono provare nei suoi confronti”, perché Bibi “ha individuato correttamente il modo maldestro e perfino ingenuo con cui gli Stati Uniti conducono le trattative” con l’Iran, sarebbe “fatale” mettere l’antipatia politica e la critica di metodo davanti ai contenuti giusti del suo discorso, cioè la denuncia della natura del regime iraniano, del pericoloso rafforzamento della sua influenza regionale in medio oriente nonché la minaccia che costituisce per l’esistenza di Israele e per gli equilibri mediorientali e mondiali.

Bum. Bum. Bum. Grossman, che ha perso un figlio in guerra, è un eroe letterario delicato, non è politicamente corretto (è ebreo, vivaddio) ma ipercorretta è la fruizione banale, mediana, della sua opera che sprofonda con sapienza equivocabile nelle questioni dell’identità, della colpa, dell’inimicizia e dell’amore. Molte anime liete devono aver fatto un sobbalzo a leggerlo, ieri. Una speciale sensibilità, possibile in un uomo d’arte e scrittura che viva in un grande paese tormentato e vivo, gli ha suggerito parole di cruda apertura alla verità politica. I perbenisti avevano appena finito di blaterare contro quel maccabeo (martellatore) brutto sporco e cattivo che aveva osato calunniare il capo liberal dell’America dei loro sogni, per di più in compagnia della cricca repubblicana del Congresso (Jon Stewart ha detto in tv che l’accoglienza riservatagli è “il più lungo blow job o pompino che un uomo ebreo abbia mai ricevuto nella storia”), ma ecco che l’autore di “Vedi alla voce amore” e di “Applausi a scena vuota” delude e frustra fino a farla sanguinare la loro buona coscienza. Grossman ha parlato come sempre da testimone, non attore ma persona informata dei fatti.

Dalle sue parole si capisce che non solo il re saudita Salman, non solo il dittatore del Cairo al Sisi, gente che Kerry e Obama devono rassicurare, e non solo Netanyahu sanno come stanno le cose, che l’iraniano Suleiman, gli iracheni Ameri e Mohandes sono ovunque all’offensiva sul teatro militare e politico che va dal Mediterraneo al Mar Rosso, dal Golfo alla Libia; che il probema dell’ayatollah Khamenei, vulnerabile per le sanzioni ma reso fortissimo dalla resa mediorientale e mondiale della presidenza Obama, è fare al più presto l’accordo incapace di escludere il nucleare, ma che libera l’economia, mettendo Israele e il mondo in uno stato prenucleare che porterà disastri e sarà figlio della peggiore delle colpe, la colpa politica.

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