Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 05/03/2015, a pag. 2, due servizi utili per capire quanto sta avvenendo nella sinistra francese.
David Carretta: "La sinistra francese sull'islam politico scorda pure il beniamino Foucault"
Michel Foucault David Carretta
Bruxelles. Sostiene il Monde che la sinistra francese “ha gli occhi chiusi di fronte al jihadismo”. Scrive il giornale dell’intellighenzia parigina che, quando parla di islam nei salotti o in Consiglio dei ministri, la gauche “volta le spalle” pure a uno dei suoi intellettuali di riferimento, Michel Foucault. Spiega Jean Birnbaum, in un’analisi uscita ieri in prima pagina, che ridurre l’organizzazione dello Stato islamico a un gruppo di “miserabili alla ricerca di celebrità, dei poveri diavoli che hanno abusato dei videogiochi, dei fuori di testa che hanno navigato troppo su internet”, significa non comprendere quanto la religione sia centrale nella sfida posta dai jihadisti. A cominciare dall’atto fondatore dell’islamismo contemporaneo. La Rivoluzione iraniana del 1979 raccontata l’anno precedente – ricorda il Monde – da Foucault, allora inviato del Corriere della Sera. Lungi dal marxismo da bistrot che caratterizzava all’epoca – e anche oggi – gran parte della sinistra, Foucault, che pure non nascose il suo entusiasmo per Khomeini, non aveva individuato nelle condizioni economiche e sociali il fattore determinante della Rivoluzione islamica. No. Anche se alcune motivazioni laiche erano presenti nella resistenza civile, negli scioperi e nelle manifestazioni del 1978 in Iran, Foucault aveva scovato un altro catalizzatore: “La religione, con la sua formidabile influenza sulla gente”. E aveva anche intravisto il futuro. “Il problema dell’islam come forza politica è un problema essenziale per la nostra epoca e per gli anni a venire”. La lezione di Foucault nel 1978 è stata immediatamente dimenticata dalla sinistra non solo in Francia. Il caso di “Jihadi John” è l’esempio più recente. Il jihad non è solo – o non tanto – il frutto della radicalizzazione (magari in prigione) di emarginati sociali delle periferie europee, come un tempo si sosteneva che la strada araba (o iraniana) si rivoltava contro la povertà o l’occupazione dei Territori da parte di Israele. L’ex studente dell’Università di Westminster, che si è trasformato in tagliateste dello Stato islamico in mondovisione, ha molti cloni nella piccola e media borghesia delle comunità musulmane d’Europa. Birnbaum sul Monde ricorda che Mohamed Belhoucine, giovane di buona famiglia legato a Amedy Coulibaly, l’autore della strage al supermercato kosher di Parigi a inizio gennaio, si era diplomato in una scuola di ingegneria, dove era diventato reclutatore di jihadisti, prima di andare a sua volta in Siria. Mohamed Atta, Marwan al Shehhi e Ziyad Jarrah – alcuni degli autori dell’attacco dell’11 settembre 2001 – erano stati scelti dal ricchissimo Osama bin Laden per la loro educazione, il loro inglese fluente e il loro stile di vita occidentale. Atta, al Shehhi e Jarrah avevano studiato ad Amburgo e non erano “lupi solitari”. Ma anche al Qaeda, i talebani, Hamas sono stati giustificati come l’esito inevitabile dell’imperialismo economico occidentale o della povertà nella Striscia di Gaza. “Una vulgata marxisteggiante che non rende giustizia nemmeno a Marx, il cui pensiero in materia era più complesso”. La cecità della sinistra, che secondo il Monde riduce la religione a “un’illusione che occulta la realtà dei conflitti economici”, ha contagiato una parte della destra francese, lasciando il monopolio della denuncia dell’islam politico al Front national di Marine Le Pen e affini. “Il primo dei diritti umani è mangiare”, aveva detto nel 2003 l’allora presidente francese, Jacques Chirac, in una visita in Tunisia. Il primo ministro, Manuel Valls, sembra aver aperto un po’ gli occhi, riprendendo l’espressione “islam di Francia” inventata da Nicolas Sarkozy, in contrapposizione all’islamizzazione della Francia. Ma pretendendo ricondurre l’islam nella République, la Francia rischia di sottovalutare la potenza di quella che Foucault aveva definito la “spiritualità politica”.
Mauro Zanon: "La vita da conferenzieri pro islam di Edwy Plenel e Tariq Ramadan"
Tariq Ramadan Mauro Zanon
Parigi. C’è una nuova coppia che fa strage di cuori nei salotti del Tout-Paris. E’ affiatata, è chic, è richiestissima e applauditissima, è dalla parte giusta dello scacchiere politico e rappresenta soprattutto l’inveramento del sogno nascosto di molti intellò della Parigi che conta: l’alleanza tra un islamista moderno e un trotzkista di successo. Stiamo parlando dell’amour fou tra Tariq Ramadan, controverso intellettuale islamico che piace alla sinistra europea, nipote del fondatore dei Fratelli musulmani Hasan al Banna, e Edwy Plenel, patron de presse e fondatore del seguitissimo sito Mediapart. La barba curata di “Frère Tariq” (del pensatore svizzero e apologeta dell’“européanisation de l’islam”; la giornalista Caroline Fourest ha scritto che è il “più pericoloso degli estremisti”) ha incontrato il baffo staliniano di “Père Plenel” (Copyright Causeur, per il suo continuo sermoneggiare) nella lotta contro quella che definiscono la “normalizzazione del discorso islamofobo” e contro i “predicatori dell’odio” Houellebecq, Zemmour, De Benoist e Camus. Si piacevano da molto tempo, si lanciavano messaggi di solidarietà e fratellanza (musulmana), ma l’amore tra Tariq e Edwy è sbocciato solo da pochi mesi. Entrambi hanno appena dato alle stampe due libri sull’islam che attraverso prismi differenti giungono alle stesse conclusioni: in “De l’islam et des musulmans” Ramadan promuove l’idea di un islam protagonista in Europa, valore aggiunto e non spina nel fianco dell’occidente, e di “cittadini musulmani” in equilibrio tra République e sharia; in “Pour les musulmans” Plenel propina il solito panegirico sull’occidente brutto e cattivo, colpevole di tutto, che stigmatizza i poveri musulmani e li ghettizza nelle banlieue. Il sito d’inchieste Mondafrique parla di “union sacrée” tra Ramadan e Plenel e racconta di come la loro passione sia ora talmente forte da portarli a predicare in giro per la Francia e l’Europa mano nella mano. Hanno iniziato un mese fa a Bretigny-sur-Orge, nella banlieue parigina, ma la platea era perlopiù composta da giornalisti e bòbò, anche in ragione del prezzo del biglietto, cinquanta euro, decisamente fuori portata per i giovani delle periferie (e pensare che il tema era: “Le difficoltà della gioventù musulmana di Francia”). La conferenza, sponsorizzata da diverse associazioni comunitarie musulmane, tra le quali “France Manassik”, tour operator specializzato nei pellegrinaggi alla Mecca, è stata principalmente animata dai due intellò che hanno promosso le loro opere e discettato attorno al “diritto all’inserimento lavorativo per tutti”. Ma i due non sembrano volersi fermare ai confini francesi. Così, come riporta Mondafrique, il prossimo 15 marzo Tariq ed Edwy voleranno a Bruxelles per sedurre la umma, sullo sfondo di una conferenza intitolata “L’islam e i dilemmi etici contemporanei”, accanto ad altri venti intellettuali provenienti da ogni angolo terrestre. L’organizzatore? Il Centre de recherche pour la législation islamique et l’éthique (Cile), dietro cui c’è il Qatar, paese che con la democrazia e la libertà d’espressione di cui Plenel vuole essere il paladino ha, diciamo così, qualche problema di dimestichezza. Ma con Tariq, ora, è amore vero, e tutto cambia. Poco importano al difensore dei diritti dell’uomo Plenel i finanziamenti degli emiri che con il terrorismo islamico hanno rapporti ambigui: quello che conta è sedurre, sbalordire, accanto al suo nuovo compagno di prediche. Il direttore di Médiapart naturalmente non dà notizia della conferenza nel suo seguitissimo sito, forse perché è troppo impegnato a tenere aggiornate le sue liste di proscrizione e a scagliare anatemi. Nessuno però osi condannare uno della sua confraternita di probiviri, tra i quali ora figura anche Tariq Ramadan.
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