Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/02/2015, a pag. 45, con il titolo "Merkel e Hollande a Mosca ma senza Mogherini", la risposta di Sergio Romano alla lettera di Franco Cosulich.
Sergio Romano sostiene che gli "sarebbe piaciuto che Federica Mogherini fosse presente agli incontri di Kiev e Mosca", ai quali, invece, l'Alto Rappresentante dell'Ue per gli affari esteri non ha preso parte. Viste le posizioni espresse nei mesi scorsi dalla Mogherini su Israele, è un bene che la sua figura politica sia ridimensionata.
Inoltre Romano, pur scrivendo della crisi Ucraina, non si trattiene dall'elevare un peana all'Iran "moderato" di Rouhani. Quello stesso Iran che continua sempre più velocemente la corsa alle armi atomiche, che viola i diritti umani di donne e omosessuali, che sostiene e finanzia il terrorismo a partire da quello contro Israele, che giura di distruggere lo Stato ebraico, che ha organizzato di recente un concorso di vignette antisemite e negazioniste. "Moderato" forse non è proprio la parola migliore per definire tutto questo. Che la trovi giusta Romano, è il motivo di molte nostre critiche nei suoi confronti.
Ecco la lettera di Franco Cosulich e la risposta di Sergio Romano:
Sergio Romano Federica Mogherini
Hassan Rouhani
Negli scorsi giorni la cancelleria tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande sono andati a Kiev e a Mosca per cercare di comporre un conflitto sanguinoso che si protrae da diversi mesi. Nell’ambito di questi incontri cruciali, ha brillato invece per la sua assenza Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, alla cui nomina, lo scorso novembre, venne dato ampio risalto. Rimane perciò un dubbio: l’Unione Europea, nel suo insieme, ha ancora un peso nella politica internazionale, oppure stiamo tornando alla diplomazia bilaterale, come nel 19° secolo?
Franco Cosulich
fiamex05@alice.it
Caro Cosulich,
Anche a me sarebbe piaciuto che Federica Mogherini fosse presente agli incontri di Kiev e Mosca. Ma credo di comprendere le ragioni della sua assenza. In linea di principio e in un mondo più razionale la soluzione della crisi sarebbe possibile anche in tempi relativamente brevi. Basterebbe assicurare formalmente Mosca che l’Ucraina non diverrà membro della Nato.
Una dichiarazione di neutralità, sottoscritta dal governo ucraino con la garanzia delle maggiori potenze, avrebbe probabilmente per effetto la fine del sostegno che Mosca ha garantito sinora alle milizie del Donbass. Penso che Angela Merkel e François Hollande ne siano consapevoli. Ma la cancelliera tedesca e il presidente francese non possono ignorare che su questa strada vi sono per il momento alcuni ostacoli.
In primo luogo Obama non può aiutarli perché deve tenere conto della lobby polacca, di certi ambienti militari per cui la Russia è sempre un potenziale nemico e di quella parte della società politica americana che non perde occasione per accusarlo di cedevolezza di fronte a un altro nemico «naturale» degli Stati Uniti: l’Iran degli ayatollah e oggi, fortunatamente, anche di Hassan Rouhani.
In secondo luogo l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica è fortemente desiderata da alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale per i quali la Russia di Putin è soltanto la reincarnazione dell’Unione Sovietica e della Russia zarista. Federica Mogherini potrebbe partecipare a una trattativa, come quella che si è svolta negli scorsi giorni, soltanto se potesse fare riferimento a una opinione comune dei Paesi dell’Unione Europea che sono anche membri della Nato. Ma questa opinione comune non esiste.
In tali circostanze Francia e Germania hanno deciso di agire da sole. La Francia non perde occasione per ribadire il suo ruolo di potenza europea ed è l’unico Stato occidentale, fra quelli del continente, che abbia un seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La Germania ha un evidente interesse alla stabilità della regione ed è la maggiore partner economica di tutti i Paesi che ne fanno parte. Esiste in questa vicenda uno spazio per l’Italia? Il Paese ha forti rapporti economici con la Russia e un vecchia familiarità a cui non è estranea la rete delle conoscenze creata dal Partito comunista italiano.
Ma la sua lunga crisi economica e istituzionale ha intaccato la sua rilevanza internazionale. Ne avemmo una prova durante la crisi jugoslava degli anni Novanta quando dovemmo passare parecchi mesi in sala d’aspetto prima di essere ammessi al «gruppo di contatto», l’organismo che aveva il compito di seguire attentamente ciò che stava accadendo al là dell’Adriatico. Ne avemmo un’altra prova quando, forse per l’insipienza del nostro governo, non fummo chiamati a fare parte, con la Germania, del gruppo incaricato di negoziare con l’Iran la soluzione della questione nucleare.
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