Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/02/2015, a pag. 14, con il titolo "Campagna anti-Netanyahu: soldi e consiglieri dagli Usa per i volontari porta a porta", il commento di Davide Frattini.
Peccato che Frattini, alla fine dell'articolo, a proposito del "bottiglia-gate" che ha coinvolto Netanyahu, non citi come il rimborso per ogni bottiglia di vetro vuota sia di circa 2 centesimi di euro, per un totale che - in parecchi anni - raggiunge i 900 euro, rimborsati d'altra parte dal premier.
Informazione Corretta si occupa da tempo del New Israel Fund: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=33312
Invitiamo i lettori, inoltre, a leggere l'articolo di Manfred Gerstenfeld che pubblichiamo oggi: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=360&id=57160
Ecco l'articolo:
Davide Frattini
Barack Obama, Benjamin Netanyahu
La mappa appesa al muro — le bandierine spillate sulle città israeliane — sembra quella di una campagna militare. Gli slogan e gli adesivi da appiccicare sul paraurti ricordano una campagna pubblicitaria. L’obiettivo è uno solo: scampare la rielezione di Benjamin Netanyahu, convincere gli elettori a non garantire il quarto mandato al primo ministro. Il quartier generale sta su viale Rothschild in un palazzo circondato da case costruite agli inizi del Novecento, la città è nata e si è sviluppata partendo da questi incroci.
E’ la parte giovane di Tel Aviv — almeno la notte, viverci costa sempre più caro — e giovani sono i fondatori del movimento che sta infastidendo il Likud più dell’opposizione ufficiale dei laburisti. Itamar Weizman ha 21 anni, è uno studente di storia e come ogni altro ragazzo israeliano ha già ideato un paio di start-up tecnologiche. Nimrod Dwek (32) la società digitale l’ha fondata, il profilo Linkedin lo definisce un «ninja del marketing». Nella loro sfida a Netanyahu hanno importato le tecniche di mercato, lo studio dei big data e uno dei consiglieri di Barack Obama, lo stratega che ha pianificato la propaganda porta a porta — nel 2008 e quattro anni dopo — per la rielezione del presidente americano. Di porte Nimrod e Itamar vogliono riuscire a bussarne un milione: «Abbiamo già 4.500 volontari che girano per il Paese. Il messaggio non è contro Netanyahu, non lo nominiamo. Quello che diciamo è: andate a votare e scegliete il cambiamento. Non spingiamo nessun partito. Per questo ci chiamiamo semplicemente Victory 15, vogliamo vincere e vincere significa mandare a casa chi ci ha governato fino ad ora».
La formula senza bandiera non rilassa la destra, gli avvocati di Netanyahu hanno presentato una denuncia contro il gruppo, sostengono che l’attività sia illegale. I complottisti ci vedono un piano di Obama per vendicarsi del premier israeliano: nel 2012 aveva espresso in pubblico il sostegno per l’avversario repubblicano Mitt Romney. Fanno notare: dagli Stati Uniti non è arrivato solo un consigliere, scorrono anche i dollari messi a disposizione dal miliardario S. Daniel Abraham, che a 90 anni scommette su questi ragazzi. «Non sostengo nessun candidato — spiega al telegiornale del Canale 2 — sono un sionista e credo che Israele debba cambiare strada se vuole restare democratica e con una maggioranza ebraica». Abraham appoggia la soluzione dei due Stati, un accordo con i palestinesi. I volontari di Victory 15 sembrano più preoccupati dal costo della vita o da quanto costi mantenere le colonie in Cisgiordania. La spaccatura con Washington era già profonda prima, riempita solo dai sospetti reciproci. Il premier resta ostinato nella decisione di parlare davanti al Congresso agli inizi di marzo. Anche se la Casa Bianca ha definito la procedura fuori protocollo (l’invito è arrivato dai leader repubblicani) e il vice presidente Joe Biden — considerato grande amico di Israele — ha già annunciato che non ci sarà. Obama ha spiegato ieri perché non incontrerà Netanyahu: «Sarebbe inappropriato a pochi giorni delle elezioni, significherebbe interferire nella politica interna di un Paese».
E ha aggiunto sorridendo ad Angela Merkel, la cancelliera tedesca in conferenza stampa con lui: «Angela non l’avrebbe mai fatto, non l’avrebbe neppure chiesto». Il Likud spera ancora di ottenere la messa al bando di Victory 15 — che ha risposto presentando una querela per istigazione alla violenza — prima del 17 marzo. Quel giorno Nimrod e Itamar contano di poter dispiegare davanti ai seggi almeno 15 mila attivisti: senza simboli di partito o nomi di politici esposti non devono rispettare le norme che impongono lo stop alla campagna durante le ore del voto. «Chiameremo di nuovo una a una le persone che abbiamo incontrato in questi mesi, al mattino presto, quando siamo ancora in tempo, e chiederemo loro di farci una promessa: andare alle urne». Sanno che l’entusiasmo potrebbe non bastare. I sondaggi danno Netanyahu in crescita, vincerebbe con un paio di seggi di scarto e la destra avrebbe i numeri per formare una nuova coalizione .
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