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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.02.2015 Cosa fare per sconfiggere lo Stato Islamico
Commenti di Guido Olimpio, Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 febbraio 2015
Pagina: 16
Autore: Guido Olimpio-Lorenzo Cremonesi
Titolo: «L'America studia l'invio di truppe contro l'Isis-La guerra delle tribù»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/02/2015, a pag.16/17 i commenti di Guido Olimpio e Lorenzo C remonesi sullo Stato Islamico.

Guido Olimpio: " L'America studia l'invio di truppe contro l'Isis"


                                                                   Guido Olimpio

WASHINGTON- Il Pentagono afferma che sta raccogliendo informazioni di intelligence sulle posizioni Isis a Mosul. In realtà la «fotografia» dovrebbe essere già completa, i militari vogliono solo dare un po’ di tempo alla Casa Bianca per decidere. Toccherà a Obama autorizzare o meno l’impiego di unità Usa al fianco di quelle locali nell’assalto alla capitale del Califfato. Una decisione che sembra imminente.
Il generale Lloyd Austin, il responsabile del Centcom, ha più volte sottolineato che è necessaria la presenza di nuclei di soldati americani. Ufficialmente non forze combattenti ma soldati che facciano da consiglieri e facilitino i raid aerei nella ricerca dei bersagli. Una missione di coordinamento che dovrebbe rendere più fluida l’offensiva sulla città oggi in mano ai jihadisti. È chiaro che il confine è sottile. Una volta che parte l’attacco a Mosul c’è una buona possibilità che i militari statunitensi possano essere invischiati nella battaglia.
A dicembre il Pentagono ha trasferito mille uomini della 82esima Divisione aerotrasportata in una base vicino a Bagdad. Ne fanno parte molti elementi del Combat team della 32esima brigata. Prima di partire si sono addestrati a Fort Polk con soldati americani d’origine irachena simulando azioni integrate. Esercitazioni brevi — solo 5 giorni — in vista dell’impegno sul terreno dove si sono uniti ad altri circa 2.000 militari.
A Washington sono convinti che i raid abbiano contenuto l’Isis, oggi costretto alla difensiva. Da settimane gli islamisti scavano trincee e nuove postazioni a Mosul, temono un attacco che, secondo alcune stime, potrebbe essere lanciato in aprile. La strategia è quella di continuare la pressione dal cielo anche su altri fronti. I giordani picchiano da giorni su Raqqa, gli Emirati sono pronti a riprendere le operazioni e hanno annunciato lo schieramento di uno stormo in una base giordana.
L’eventuale mossa militare di Obama dovrebbe avere anche un passaggio politico importante. Il presidente vuole chiedere al Congresso una nuova autorizzazione all’uso della forza, un voto che vada oltre il vecchio sì alle missioni in Afghanistan e Iraq. I parlamentari non sono troppo ben disposti, ma forse potrebbero diventarlo: i crimini Isis hanno bisogno di una risposta forte. Anche perché i tagliagole hanno in mente delle sorprese.
I servizi di intelligence segnalano il pericolo di nuovi sequestri di cittadini occidentali nei paesi vicino alla Siria (Giordania, Libano, Turchia) ma anche in Egitto. Il Califfo avrebbe esaurito la sua scorta di pedine da utilizzare per i ricatti: secondo gli 007 ha ancora in mano il giornalista inglese John Cantlie e forse un’altra donna occidentale, ma su questo aspetto non vi sono certezze. Così come non è chiara la nazionalità di tre operatori della Croce Rossa rapiti nel 2013. I terroristi hanno bisogno di prede e non è facile trovarle nel loro territorio di caccia.

Lorenzo Cremonesi: " La guerra delle tribù"


Lorenzo Cremonesi

DAL NOSTRO INVIATO AMMAN-
In Medio Oriente si sfasciano gli equilibri, i confini, i parametri politici europei che avevano prevalso dalla fine dell’Impero Ottomano dopo la Prima guerra mondiale. Tornano a prevalere le antiche realtà tribali, i valori politici e sociali delle dimensioni regionali legate alle grandi famiglie, alle relazioni di parentela coi discendenti del Profeta. Lo Stato moderno così come importato dalla cultura occidentale è in crisi.
Gli esempi si sprecano. In Iraq è da tempo una verità scontata che l’unico modo per battere i jihadisti dello Stato islamico (Isis) è tornare a cooptare le tribù sunnite di Al Anbar, la regione centrale allungata dalla capitale sino al confine con Siria e Giordania. Negli anni del terrorismo qaedista dal 2005 al 2008 furono proprio gli Abu Risha, i Dulaymi, i Tikriti e via dicendo che accettarono di creare i «Comitati del Risveglio», pagati e armati dagli americani, che si batterono in prima linea. Oggi l’Isis sa bene che la sfida si consuma a casa propria, il cuore pulsante delle grandi tribù sunnite. E i suoi guerriglieri sono pronti a uccidere centinaia di giovani figli dei clan locali per costringere gli altri a restare nei loro ranghi. Nel nord del Paese le antiche tribù curde dettano il bello e cattivo tempo nelle regioni governate da Erbil. In Giordania proprio alle tradizionali tribù della «sponda orientale» del Giordano è ricorso adesso re Abdallah per lanciare un segnale di sfida ai jihadisti. In Siria lo sfascio dello Stato vede tornare in auge le lealtà tribali, le uniche sopravvissute nel regime del terrore imposto dall’Isis. In Libia, sono le tribù che ora mettono a ferro e fuoco in battaglie interne quelle province prima zittite da Gheddafi.

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