Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/02/2015, a pag. 19, con il titolo "Pianti in tv e titoli sui giornali: una scossa per il mondo islamico", l'analisi di Viviana Mazza.
Viviana Mazza
Una sola parola, «barbarie», campeggiava sulla prima pagina del giornale panarabo Al-Hayat . La frase più ripetuta dalla stampa giordana: «Atrocità criminali». Su Twitter, decine di migliaia di persone — inclusa la regina Rania da Amman — hanno scritto messaggi in memoria del pilota ucciso con l’hashtag «Siamo tutti Muath» (in arabo, inglese, francese). Il politico giordano Mohammed al-Rousan è scoppiato in lacrime parlando alla tv libanese al-Mayadeen : anche chi è ormai abituato alle peggiori violenze — ha sospirato — non può tollerare la vista di tanta crudeltà. E in un istante il dolore si è trasformato in rabbia: «Useremo gli stessi metodi — ha sibilato — .Uccideremo i loro figli! Uccideremo le loro donne!».
I leader religiosi e politici del mondo arabo hanno condannato più volte le atrocità dell’Isis — dalle decapitazioni di giornalisti stranieri alle esecuzioni di massa di soldati iracheni e siriani — ma la morte di Muath al-Kasasbeh ha suscitato un’indignazione e una rabbia ancor più profonde e diffuse, accompagnate da appelli alla vendetta. «Tutti i giordani oggi chiedono vendetta contro questi assassini disumani» scriveva Joumana Ghneimat, direttrice di Al Ghad in un editoriale intitolato «Muath, un’icona giordana». Il quotidiano di Beirut Annahar (proprietari cristiani) scrive che anche in Libano c’è un crescente appoggio per le esecuzioni di tutti i detenuti dell’Isis. «Aumentano i sostenitori dell’”occhio per occhio”, anche se alcuni si dicono tristi nel constatare che lo Stato si mette al loro stesso livello». Molti commenti sui siti arabi applaudono l’esecuzione, all’alba di ieri, dei due prigionieri qaedisti in Giordania mentre lo Sheikh Ahmed Al-Tayeb di Al Azhar ha affermato che i jihadisti dell’Isis meritano la crocifissione.
Le televisioni principali — da Al Jazeera e Al Arabiya alle reti libanesi, libiche, egiziane — non hanno mandato in onda il video del pilota arso vivo, ma solo alcune immagini, evitando le più atroci. Al Jazeera ha dato ampio spazio alle condanne delle autorità teologiche contro l’assassinio dei prigionieri e l’uso del fuoco. «Il Profeta ha raccomandato di non ricorrere al fuoco per le condanne a morte, perché il fuoco è prerogativa dell’altissimo» ha spiegato il segretario dell’Unione internazionale degli Ulema. «Nel Corano, il Profeta è stato sgridato per aver bruciato un nido di formiche» ha ricordato il ministro giordano del Waqf (le proprietà islamiche). Sui social media, però, dove il «Califfato» aveva già raccolto suggerimenti su come uccidere il pilota, parlano i teologi pro Isis: Hussein Bin Mahmoud sostiene che c’è un versetto del Corano che autorizza a infliggere ai nemici una pena commisurata ai loro crimini (i raid «bruciano» i musulmani, dunque l’Isis può bruciare chi li ha causati).
La domanda che si pongono i militari e diplomatici americani è se la rabbia porterà a una svolta contro l’Isis, in una regione dove parte dell’opinione pubblica è favorevole ai jihadisti o comunque contraria alla partecipazione ai raid Usa (sospesa a dicembre da Giordania e Emirati). Se l’Isis cerca di spingere l’opinione pubblica araba contro gli Usa e i governi alleati, la morte del pilota non sembra aver giovato. «I giordani chiedono un terremoto che zittisca Daiesh (il nome arabo dell’Isis ndr) — scrive Addostour — Non bastano le parole, è tempo di agire». Chi ha tentennamenti li tiene nascosti: anche Assabeel , voce dei Fratelli Musulmani giordani, condanna i jihadisti, benché una frase («Condanniamo ogni tipo di terrorismo») possa esser letta come una critica ai raid Usa. Ma c’è anche stanchezza per il solco che separa le parole dalle azioni. Al Hayat riporta la condanna ufficiale di Riad, ma pubblica pure un altro articolo che denuncia un portale gestito proprio dal ministero saudita degli Affari islamici: «Nel sito si leggono articoli e sermoni che incitano alla jihad contro l’Occidente... Si raccomanda ai fedeli di versare contributi ai mujaheddin... Si professa l’odio verso i non musulmani e tutto questo è in contraddizione con il messaggio politico di lotta al terrorismo».
(Ha collaborato Farid Adly)
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