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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.02.2015 E' tempo che lo Stato italiano chieda scusa per le leggi razziali
Lia Levi intervistata da Paolo Conti

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 febbraio 2015
Pagina: 8
Autore: Paolo Conti
Titolo: «Lia Levi e l'omaggio a Taché: 'Ora lo Stato chieda scusa per l'orrore delle leggi razziali'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/02/2015, a pag. 8, con il titolo "Lia Levi e l'omaggio a Taché: 'Ora lo Stato chieda scusa per l'orrore delle leggi razziali'", l'intervista di Paolo Conti a Lia Levi.


Lia Levi


I libri di Lia Levi sono pubblicati da e/o edizioni

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato, nel suo discorso di insediamento, l’assassinio di Stefano Gay Taché «il nostro bambino, un bambino italiano». Lei, Lia Levi, da vent’anni scrive libri (l’ultimo «Il braccialetto», edizioni e/o) con un tema di fondo: la difficoltà degli ebrei italiani di «sentirsi» cittadini a pieno titolo.

Pensa che oggi gli ebrei italiani si sentano cittadini «completi»? «Non credo ci sia ora questo problema. Ce ne sono altri. Vedo molte forme di antisemitismo nascoste sotto la veste dell’antisionismo. E vedo soprattutto questa divisione tra ebrei italiani “buoni”, che prendono le distanze dal governo israeliano, e quelli “cattivi” che non lo fanno. Un metro di giudizio manicheo che mette in discussione, per gli ebrei italiani, la libertà dei propri sentimenti»

Fatto sta che, come ha scritto ieri Pierluigi Battista in un commento alle parole di Mattarella, la morte di Stefano Gay Taché è stata a lungo rimossa, dimenticata. «In modo vergognoso, senza dubbio. C’era un momento politico particolare, in cui era “scorretto” attaccare tutto ciò che riguardava l’universo palestinese. In base a quell’odioso equivoco, un bambino italiano ucciso per mano palestinese per anni non è apparso nella lista delle vittime del terrorismo stilata dal Quirinale. Qualcosa di incredibile e scandaloso. Poi, negli anni, è cresciuta la presa di coscienza, la sensibilizzazione sulla Memoria, sulla Shoah. L’opinione pubblica ora è molto consapevole, attenta. Ma manca ancora un tassello».

Quale tassello manca, a suo avviso, Lia Levi? «Una questione per niente secondaria che riguarda le leggi razziali. Fu il governo fascista del tempo a emanarle. In Francia lo Stato ha chiesto scusa per questa atrocità alla sua comunità ebraica. Non parliamo di ciò che è avvenuto in Germania. Anche la Chiesa cattolica ha chiesto scusa. Ma il governo italiano non ha mai compiuto un analogo atto pubblico. Le leggi razziali non furono un atto isolato ma consentirono la deportazione e lo sterminio di tanti ebrei italiani. Insomma, se gli italiani hanno preso coscienza degli orrori compiuti dai nazisti, non si può certo dire che lo stesso sia accaduto sulle leggi razziali varate qui, in Italia. Una volta, durante una manifestazione, chiesi il perché alle autorità. Mi venne risposto che la Costituzione si fonda sull’antifascismo e che quella era una implicita presa di distanza. Mi sembrò una risposta insufficiente».

Pensa che dopo il riferimento del presidente Mattarella a Stefano Gay Taché possa accadere qualcosa? «Me lo auguro sinceramente. Mi sembra arrivato il momento storico adatto, soprattutto il personaggio giusto al Quirinale che ha avuto, con quella frase, una autentica illuminazione. Quando gli ebrei italiani continuano a indignarsi, e non a lamentarsi come qualcuno dice, ricordiamoci che hanno le loro ragioni. E poi la funzione degli ebrei è da sempre quella di esprimere indignazione. Infatti sono il pepe, anzi la forza propulsiva della società occidentale».

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

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