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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.02.2015 Argentina, caso Nisman: trovato mandato d'arresto contro la presidente Kirchner
Cronaca e commento di Paolo Salom

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 febbraio 2015
Pagina: 20
Autore: Paolo Salom
Titolo: «Il giallo del procuratore ucciso: ritrovato un mandato d'arresto contro la presidente Kirchner»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/02/2015, a pag. 20, con il titolo "Il giallo del procuratore ucciso: ritrovato un mandato d'arresto contro la presidente Kirchner", la cronaca e commento di Paolo Salom.


Paolo Salom


Cristina Kirchner

Il mistero sulla scomparsa del procuratore Alberto Nisman, trovato morto nella sua casa di Buenos Aires in un apparente suicidio, si arricchisce di un nuovo, sconcertante capitolo. Il New York Times riferisce infatti che nel bidone della spazzatura dell’uomo che da dieci anni indagava sull’attentato al centro ebraico della capitale argentina sarebbe stato trovato un mandato di arresto a nome dell’attuale presidente del Paese, Cristina Fernandez de Kirchner.

Secondo il documento, in tutto 26 pagine stropicciate — che per il quotidiano Clarín sarebbero solo «una bozza» poi accantonata — la Kirchner si è resa responsabile di un tentativo di «copertura» dei responsabili della strage (85 morti) del 1994. La presidente avrebbe negoziato in segreto con Teheran per garantire l’impunità degli alti dirigenti iraniani imputati per l’attentato, una ritorsione dello Stato islamico per un contratto di collaborazione nucleare «annullato» da Buenos Aires su richiesta di Israele. Il mandato di arresto, autentico o meno che sia (nulla si può escludere in un caso che ha coinvolto più di un servizio segreto nell’ultimo decennio) chiederebbe anche l’arresto di Héctor Timerman, attuale ministro degli Esteri argentino.

Insomma, nella spazzatura del procuratore era finita una possibile «bomba» istituzionale. Come rileva Sergio Berensztein, analista politico interpellato dal New York Times , «se reso pubblico, il mandato avrebbe provocato una crisi senza precedenti» ai vertici delle istituzioni argentine: non era mai accaduto, infatti, nella storia del Paese sudamericano che un procuratore chiedesse l’arresto di un presidente in carica. Sia Cristina Kirchner che Héctor Timerman hanno sempre negato di aver «agito contro gli interessi del Paese» e di aver ostacolato le indagini sul sanguinoso attentato all’Amia, indagini che avevano preso sin dall’inizio la via dell’Iran.

Alberto Nisman, trovato morto, una pistola carica ai suoi piedi, il 18 gennaio scorso, avrebbe dovuto testimoniare l’indomani davanti al Congresso e, molto probabilmente, avrebbe rivelato aspetti poco limpidi sul ruolo delle istituzioni argentine. Quello che all’inizio era stato presentato come un suicidio, dopo pochi giorni si è però trasformato in un giallo pieno di falle: a partire dalla pistola (non era di proprietà del procuratore), alla distanza da cui sarebbe stato esploso il colpo, alla presenza nel condominio dove viveva Nisman di misteriosi personaggi di origine iraniana. Riguardo poi alle eventuali accuse contro Cristina Kirchner, la confusione a Buenos Aires in questi giorni è stata massima. Il capo di gabinetto della presidenza argentina, Jorge Capitanich, per esempio, due giorni fa ha distrutto due pagine del quotidiano Clarín accusandolo di pubblicare notizie «spazzatura» in merito alla morte di Alberto Nisman. «Sono tutte bugie», ha sottolineato Capitanich nel corso di una conferenza stampa presso la Casa Rosada, sede della presidenza.

Come se non bastasse, la procuratrice Viviana Fein, responsabile dell’inchiesta sul decesso del pm, ha ieri ammesso che la bozza scritta da Nisman «esiste ed è stata inclusa nel dossier della causa» da lei portata avanti. Eppure, il giorno precedente aveva negato l’esistenza del documento trovato nel cestino di casa Nisman. «Le parole che avrei dovuto usare — ha chiarito Viviana Fein — sono queste: “È chiaro che esiste una bozza del mandato di arresto”». Ciò che tuttavia non sarà mai possibile sapere è se Alberto Nisman avesse davvero l’intenzione di chiedere l’impeachment, se non l’arresto, dell’inquilina di Casa Rosada. E certo questo sarebbe dirimente per chiarire in quale direzione dovrebbero andare le indagini: la morte del giudice è maturata nel corso di un intrigo internazionale o nazionale? Intanto, la principale protagonista dell’ultimo capitolo di questo scandalo non ha proferito parola.

Cristina Kirchner, a Pechino in visita di Stato, ieri ha twittato a lungo sull’importanza delle relazioni tra Repubblica Popolare e Argentina, sul beneficio reciproco degli scambi economici e commerciali. Ma su Nisman e, tanto meno, sul presunto mandato di arresto, non una parola. Né un cinguettio.

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