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Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.01.2015 La fiducia di Sergio Romano verso l'Iran nucleare
L'analisi dello storico tuttologo

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 gennaio 2015
Pagina: 57
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Con l'allenaza degli sciiti contro i fanatici sunniti»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/01/2015, a pag.57, con il titolo " Con l'allenaza degli sciiti contro i fanatici sunniti ", la risposta di Sergio Romano a un lettore.

Sergio Romano, dopo un elenco sommario dei rapporti sciiti-sunniti, conclude  affermando che il futuro dell' Iran "dipende da un accordo con Washington che sta negoziando con serietà, a mio avviso, la soluzione della questione nucleare."
Qui il Romano di sempre, che stravede per l'Iran, sottovalutando il pericolo certo che l'arma nucleare può rappresentare nelle mani della teocrazia iraniana.

Ho letto il suo editoriale e concordo con lei e con l'affermazione di Winston Churchill; ma sono rimasto un po' confuso quando ho letto che è utile allearsi con il presidente iraniano Rouhani per combattere l'estremismo sunnita. L'Iran è sciita, ma Khomeini, fondatore del regime teocratico iraniano era certamente un estremista islamico, così come il presidente antecedente a quello attuale. Per contro Saddam era certamente un diavolo e un sunnita, ma laico e non un estremista islamico. Direi quindi che la guerra da combattere è quella contro l'estremismo islamico, sunnita o sciita che sia. Ho interpretato male?

Adriano Carena
adriano.carena@fastwebnet.it

 Caro Carena,
Corne per ogni altra confessione religiosa, esiste un estremismo sciita, ma alquanto diverso da quello sunnita. Dietro l'universo sunnita esiste una pluralità di Stati, alcuni forti, come la Turchia e l'Arabia Saudita, altri in via di trasformazione, come l'Egitto e la 'Tunisia, altri ancora traballanti o addirittura moribondi. Dietro la Scia esiste invece un solo Stato degno di questo nome. Non basta. I sunniti non hanno un'autorità religiosa comune capace di formulare regole e imporre canoni a cui tutti debbano sottomettersi. Sono una ingovemabile costellazione di gruppi e tendenze, spesso guidati da personaggi più o meno carismatici, impegnati a gareggiare per il primato in fanatismo e jihadismo. Gli sciiti, invece, riconoscono l'autorità del clero iraniano e, quindi, quella della sua guida suprema, il Grande Ayatollah Khamenei. Vi è ancora una differenza. Mentre molti Stati sunniti sono creazioni recenti e hanno istituzioni fragili, l'Iran è un vecchio Stato che ha conservato, a dispetto delle sue molte traversie, Porgogliosa consapevolezza della propria secolare esistenza. Essere Stato, caro Carena, comporta molte responsabilità. È possibile, in qualche circostanza, servirsi dei propri fratelli in religione per colpire il nemico del momento, là dove è maggiormente vulnerabile. Ma occorre mantenere in vita e continuamente rinnovare una considerevole macchina statale. Occorre sopravvivere in una società internazionale complessa nella quale è necessario bilanciare attentamente il numero delle amicizie e delle inimicizie. Occorre scegliere, fra i molti interessi di uno Stato, quelli che possono essere realisticamente perseguibili. Occorre infine accettare il compromesso come indispensabile ingrediente di qualsiasi strategia politica. Quando gli Stati Uniti invasero l'Afghanistan nell'ottobre del 2o0r, i servizi iraniani collaborarono con i servizi americani e fornirono informazioni sulle regioni afghane confinanti con l'Iran. Non lo fecero per amicizia. Lo fecero perché detestavano i talebani molto più di quanto detestassero gli Stati Uniti. Oggi l'Iran ha per noi due interessanti caratteristiche. E' minacciato dall'estremismo sunnita non meno di quanto siano minacciati l'Europa e gli Stati Uniti. Sembra comprendere che il suo futuro dipende da un accordo con Washington e sta negoziando con serietà, a mio avviso, la soluzione della questione nucleare. Aggiungo, parafrasando Kissinger, che, a differenza di tante altre entità medio-orientali, ha un numero di telefono.

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lettere@corriere.it

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