Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/01/2015, a pag. 7, con il titolo "Hanno un lavoro e la cittadinanza: ecco i 10 jihadisti indagati in Italia", la cronaca di Grazia Longo; dal CORRIERE della SERA, a pag. 16, con il titolo "Roma, venti jihadisti indagati: '5mila combattenti europei' ", la cronaca di Fiorenza Sarzanini.
Ecco gli articoli:
Jihadisti di origine europea in Siria
CORRIERE della SERA - Fiorenza Sarzanini: "Roma, venti jihadisti indagati: '5mila combattenti europei' "
Fiorenza Sarzanini
Dialogano via Internet, parlano di «onorare la jihad », dicono che «bisogna colpire presto». Sono sotto controllo da mesi, non sembrano avere capacità operative immediate. Però fanno paura perché quanto accaduto a Parigi potrebbe averli esaltati convincendoli ad emulare le stragi compiute nella capitale francese dai fratelli Kouachi e da Amedy Coulibaly. Si concentra su un gruppo di stranieri residenti in Italia collegati con fondamentalisti che si trovano in Europa, ma anche arruolati dalle organizz azioni fondamentaliste in Siria e in Iraq, l’indagine dei carabinieri del Ros coordinata dai pubblici ministeri di Roma. In tutto, una ventina le persone che si muovono tra il nostro Paese e l’estero, con «basi» nella capitale, ma anche in Lombardia e Veneto dove altre indagini collegate sono tuttora in corso. Sono i «lupi solitari» dei quali ha parlato davanti al comitato parlamentare sui servizi segreti il sottosegretario alla presidenza Marco Minniti, evidenziando la necessità di «tenere altissima l’attenzione degli apparati di sicurezza, ma anche dei cittadini perché queste persone si uniscono in piccole cellule e tentano di ottenere il massimo sforzo anche senza pianificare atti imponenti». Quanto accaduto a Parigi nella redazione di Charlie Hebdo e nel supermercato Kosher dimostra come si possano provocare vittime e tenere in scacco il mondo intero anche senza un’organizzazione perfetta dell’attentato. Non a caso il capo dell’antiterrorismo dell’Unione europea Gilles de Kechove mette in guardia: «Non possiamo prevenire nuovi attacchi, sappiamo che è in atto una massiccia radicalizzazione, soprattutto nelle prigioni». I numeri fanno spavento. Li fornisce il direttore di Europol Rob Wainwright al Parlamento britannico, spiega che ci sono «tra i 3mila e i 5mila combattenti europei andati in Medio Oriente per addestrarsi e partecipare alla guerra santa, che potrebbero tornare in patria proprio per compiere attentati». La «rete» italiana sarebbe composta da giovani tra i 20 e i 30 anni, immigrati, ma soprattutto stranieri di seconda generazione nati nel nostro Paese che si sono radicalizzati proprio grazie all’indottrinamento avvenuto attraverso la rete Internet, la frequentazione di luoghi di culto, i contatti con alcuni «arruolatori». Le verifiche compiute al nord identificano tra i reclutatori personaggi provenienti dall’area del Maghreb e dai Balcani. Nella maggior parte dei casi si tratta di insospettabili esaltati dai richiami provenienti da Al Qaeda e dai leader dell’Isis che incitano i propri seguaci a «colpire con ogni mezzo e in ogni modo» e quindi «investire, sparare, decapitare» perché così si devono «uccidere gli infedeli». L’indagine partita proprio dal controllo del web, è poi andata avanti mettendo sotto controllo alcuni «sospetti», cercando di seguirne le mosse in modo da ricostruire contatti e strategie. «Se avessimo avuto la sensazione di un pericolo imminente li avremmo già fermati», spiegano gli investigatori lasciando intendere che sviluppi potrebbero arrivare a breve proprio per fermare il possibile processo emulativo.
LA STAMPA - Grazia Longo: "Hanno un lavoro e la cittadinanza: ecco i 10 jihadisti indagati in Italia"
Grazia Longo
Un pericoloso network di estremisti islamici tra il Lazio, la Lombardia e il Veneto, arruolato da imam bosniaci e maghrebini. Sono tutti giovani - tra i 20 e i 25 anni, pochissimi i trentenni - con un lavoro più o meno regolare, italiani di seconda generazione apparentemente integrati. Mentre in realtà odiano il nostro Paese, e con esso tutto l’Occidente, tanto da essersi avvicinati alla Jihad.
Reclutati a Roma e Milano
Ecco la fotografia dei dieci ragazzi di fede islamica indagati dalla procura di Roma per il reato di associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Le indagini del procuratore capo Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Giancarlo Capaldo (titolare del pool antiterrorismo) si muovono su filoni, tempi e luoghi diversi.
Da Roma a Milano e Brescia, passando per Belluno. All’attenzione dei poliziotti della Digos e dei carabinieri del Ros della capitale ci sono potenziali terroristi che si muovono in maniera solitaria - i cosiddetti lupi solitari, lone wolf - e altri che si coordinano in maniera più sistematica attraverso gli incontri nei loro luoghi di culto. Con l’obiettivo di addestramenti Isis in Turchia o in Siria. Ma a parte la moschea, il vero centro operativo è il web.
I siti web monitorati
Tra i siti all’attenzione di inquirenti e investigatori ce ne sarebbero in particolare due: sharia for italy (che è stato già oscurato) e ansar-alhaqq.net. Quest’ultimo è stato invece attaccato da Anonymous, che aveva annunciato di non risparmiare i siti che inneggiano all’estremismo musulmano.
I dieci indagati si muovono anche nella parte settentrionale del nostro Paese, ma la titolarità dell’inchiesta è della procura di Roma perché proprio da qui, oltre un anno fa, partirono le indagini dei Ros che portarono al primo iscritto nel registro degli indagati. L’attività della Digos ha poi confermato il sospetto su giovani sensibili ai proclami del fanatismo islamico e al proselitismo dell’Isis.
L’inchiesta, quindi, si snoda in vari filoni ognuno dei quali oggetto di un apposito fascicolo processuale. Alcuni legati al mondo dei musulmani bosniaci e ai Balcani (proseliti forse dell’imam Bilal Bosnic, reclutatore Isis a Cologno Monzese arrestato lo scorso settembre?). Altri vicini invece agli ambienti del Nord Africa.
Ci sono poi almeno altre tre inchieste, aperte dalla procura di Milano, su altri presunti fondamentalisti islamici. Un fascicolo, vede al centro la figura di una donna di origini straniere che viveva nel capoluogo lombardo e che poi sarebbe partita per il Medioriente. Un’altra indagine si riferisce alla vicenda di Maria «Fatima» Giulia Sergio, la 27enne napoletana che viveva nell’hinterland milanese e che nei mesi scorsi sarebbe andata a combattere in Siria. La terza inchiesta, aperta dal 2012, riguarda un gruppo di siriani.
Procura Antiterrorismo
A Roma, nel frattempo si sta definendo la creazione di una Procura nazionale Antiterrorismo. Il coordinamento sarà affiancato alla Procura nazionale antimafia, mantenendo al vertice Franco Roberti e con 10 figure in più. Il ministro della Giustizia Orlando propone, per accelerare i tempi, l’utilizzo del decreto Dambruoso in discussione alla Camera.
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