Riprendiamo le cronache dalla STAMPA, pag.7, dal GIORNALE, pag.2, dal CORRIERE della SERA pag.7, dalla REPUBBLICA pag,10, un commento di Astrit Sukni per IC.
La Stampa-Cesare Martinetti:" Voleva fare una strage di bimbi ebrei per vendicare quelli uccisi a Gaza"
Cesare Martinetti
Alia fine dell'ufficio, al momento del kiddush, la benedizione del vino dello shabbat, tutti si stringono intorno ad Elle e gli chiedono di raccontare. Sanno che ha da dire una cosa terribile, più ancora di tutto quello che è successo in questi giorni a Parigi: Amedy Coulibaly, il killer di Porte de Vincennes, voleva fare una strage di bambini alla «maternelle» ebraica di rue Gabriel a Chatillon-Montrouge. Solo il caso l'ha fermato. E come fa questo Elie O., ebreo di origine marocchina, a saperlo? Perché lui era uno dei sedici ostaggi dell'epicerie «Hyper cacher» dove Coulibaly, venerdì, a partire dalle 13 si è infilato bardato come se dovesse andare alla guerra. Jn kalashnikov in mano, un altro a tracolla, almeno una pistola, un bel po' di esplosivo. E entrato sparando e tre delle sue quattro vittime sono morte subito, l'altra poco dopo. Nelle interminabili quattro ore di assedio, prima di morire fulminato dalle teste di cuoio della gendarmiere, Elie ha scambiato qualche parola con lui: «Diceva che il giorno prima, giovedì mattina, avrebbe voluto sparare sui bambini della scuola ebraica di Montrouge». Perché? «Per vendicare quelli palestinesi uccisi a Gaza». La poliziotta uccisa Ma c'è stato un imprevisto: un piccolo incidente con l'auto proprio quando stava parcheggiando davanti alla scuola. La giovanissima poliziotta municipale di guardia alla materna, si è avvicinata e lui le ha sparato. Uccisa a freddo. Aveva 20 anni, era stata assunta da venti giorni come stagista. E così il giorno dopo Coulibaly si è diretto alla Porte de Vimcennes. Obbiettivo l'«Hyper cacher» perché «li ci sono gli ebrei». Tutto questo ce lo racconta Shlomo Malka, direttore della redazione de «l'Arche», la rivista del giudaismo francese, intellettuale, saggista, studioso del filosofo Emmanuel Levinas. Malka era ieri mattina alla sinagoga di avenue Versailles, nel sedicesimo arrondissement di Parigi, dove Elie ha fatto il suo racconto. Una delle non molte sinagoghe aperte: «Nemmeno dopo l'11 settembre, era forse dai tempi della guerra che non accadeva». La tensione resta alta Un'altra giornata di tensione, a Parigi. Allarme per le voci di colpi di pistola a mezzogiorno nella sinagoga del 19 arrondissement. Allarme per una bomba sul cours de Vimcennes, quasi davanti all'«Hyper cacher» che anche da lontano appare un luogo carico dal peso della morte: le saracinesche bianche sconquassate e abbassate, un'area di terra di nessuno delimitata dalle transenne. Poliziotti ovunque. Una ventina di parabole e postazioni delle tv di tutto il mondo che stazionano davanti, come se dovesse risuccedere qualcosa. E invece per fortuna non succede nulla, non c'era nessuna bomba, come non c'è stata nessuna sparatoria nel 19 . Un anziano abitante del quartiere - «non ebreo» - racconta che l'«Hyper cacher» era stato aperto da non molto, 3-4 anni, in questo angolo del 12 arrondissement detto di Saint-Mandé. Qui, ci dice il nostro abitante di questa zona apparentemente molto popolare, vivono da anni molti ebrei. «Ma non proprio qui, più in là, verso il bosco di Vincennes, dove le abitazioni costano care come nel centro di Parigi». E lei ci veniva a far la spesa nell'«Hyper cacher?». «No, perché non mettevano i cartellini con i prezzi sui prodotti. Ecco, io credo che non sia giusto questo, lo dice la legge, bisogna sapere quanto si spende...». Idee antisemite Non vogliamo dare nessun valo- re statistico a questa chiacchierata casuale, ma in quattro parole questo pacifico francese che avrà settant'anni ha infilato due pregiudizi sugli ebrei: che sono ricchi e che truffano nel commercio. Shlomo Malka ci dice che nel numero appena uscito de «l'Arche» si trova un'indagine di Dominique Reynié, politologo di Sciences-Po, sulla società francese dove si legge che «le opinioni antisemite raggiungono un'alta intensità», sia pure in ambienti relativamente circoscritti e che i musulmani antisemiti hanno assorbito cliché dalla vecchia sottocultura francese, a cominciare dal fatto che gli ebrei sono ricchi e manipolano giornali e informazione. Secondo Malka, questi tre killer che in tre giorni hanno ucciso 17 persone (e c'è anche qualche ferito grave) erano organizzati, non si sono mossi casualmente, a cominciare dal fatto che sono entrati in azione il giorno dell'uscita del romanzo «Soumission» di Michel Houellebecq, che viene ormai percepito come una traccia involontaria degli avvenimenti. «D'altra parte - dice Malka - vi si legge di una Parigi con i cadaveri per strada. Non è successo questo? E lunedì e mar-tedi, resteranno chiuse molte scuole, anche la Maimonide di Boulogne-Billancourt, la più grande di Parigi. Sottomissione, appunto...». II viaggio di ritorno Hanno paura gli ebrei di Parigi? «C'è molta inquietudine, non da adesso. Stamattina il "Figaro" titolava: è finita! Ecco, io ho paura che sia appena cominciata». Cresce il numero di quelli che fanno l'«aliyà» il viaggio di «ritorno» in Israele. «E anche questo c'è nel libro di Houellebecq, laddove una delle amanti del protagonista, Myriam, racconta che a lei piace vivere a Parigi, mangiare i formaggi, etc, ma i suoi genitori la obbligano a partire». Oggi è la grande giornata della manifestazione. «Se escludono la Le Pen fanno un grande errore», dice Malka, non perché la pancia di quel partito sia cambiata, benché lei abbia tentato qualche approccio, ma perché «unità vuol dire unità». C'è stato chi ha proposto di diffondere lo slogan «je suis juif» accanto a quello «je suis Charlie Hebdo». Malka sorride amaro: «Sarebbe bello je suis Charlie juif... ma non si farà».
Il Giornale-Alberto Giannoni:" I 'pacifisti' in Piazza Duomo attaccano l'Occidente e Israele"
Manifestazione sindacale
ll«popolo della pace»si ritrova in piazza Duomo per dire «no alla violenza e no all'odio». Ma non ama la Lega. E non ama il centrodestra. Eppure dal palco garantiscono che «l'odio si sconfigge solo con l'amore». «Tutti i partiti democratici sono qui con noi», taglia corto il promotore Maso Notarianni aprendo la manifestazione. A ridosso dell'Arengario si danno appuntamento tutte le sigle della variopinta sinistra milanese, insieme a sindacati, movimenti pacifisti e civici. L'opposizione? Esclusa. E scomunicata. Ma anche il Pd ne esce male. Il sindaco, Giuliano Pisapia, non c'è: già in partenza per Parigi, dove oggi partecipa a un'altra manifestazione che commemora le vittime della strage di «Charlie Hebdo». A portare il saluto del primo cittadino sale sul palco il suo braccio destro, Paolo Limonta, l'uomo dei rapporti coi centri sociali. Il vicesindaco, Ada Lucia DeCesaris, parla sotto al palco: «Questa - dice - è una manifestazione che mette insieme tutti coloro che hanno dato una grande risposta ai fatti di Parigi: stiamo uniti senza strumentalizzare, senza colpevolizzare, dividendo da noi chi pensa di utilizzare la violenza contro la libertà e la democrazia». E parla di chi non c'è rispondendo all'accusa del segretario Matteo Salvini che ha denunciato l'esclusione della Lega: «E evidente dalle parole di oggi (ieri, ndr) di alcuni leader della Lega che la loro posizione è diversa».Sembra un' ossessione collettiva, quella della Lega: «Dobbiamo lavorare per unire tutte le forze, al di là delle idee e del credo politico o religioso per contrastare insieme il terrorismo e la follia fondamentalista - dice anche l'assessore al Sociale Pierfrancesco Majorino-. Mi pare che Salvinif accia il contrario, ma a questo punto si commenta da solo». Parole che non piacciono a Forza Italia: «Invece di distribuire patenti a chi pare a loro, i nostri amministratori comunali dovrebbero preoccuparsi di rappresentare tutti - attacca il consigliere comunale azzurro Fabrizio De Pasquale -. Inoltre questa posizione per cui si dice "no al terrorismo e no all'islamofobia" è una follia totale». «Con la manifestazione di oggi Milano ha dato un' immagine che ci piace, di una città che è dalla parte della pace e della vita», ha assicurato il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo. Ma il suo predecessore, Manfredi Palmen , è critico: «Milano deve essere unita contro gli estremismi, i terrorismi, la barbarie, e a favore della Vita, della Libertà e della Civiltà. Rimane da capire perché non tutti quelli che erano giustamente in piazza Duomo hanno la coerenza, la forza e il coraggio di prendere posizione contro Hamas, a partire dai rappresentanti della giunta Pisapia che con lui non hanno pronunciato una parola quando venivano indirizzati missili contro Tel Aviv, gemellata con Milano, e i suoi cittadini».
IC-Astrit Sukni: "In quella piazza c'ero anch'io "
Astrit Sukni
Ieri a Milano hanno manifestato le solite sigle della sinistra 'pacifista': Emergency, Amnesty International, ACLI, CGIL e ANPI con i loro soliti slogan che vanno bene per tutte le stagioni, perchè invocano la pace solo a senso unico. La comunità islamica era rappresentata solo da una 20na di giovani che portavano il cartello con su scritto “Not In My Name”. La manifestazione era stata indetta da Emergency per condannare gli attentati contro il settimanale satirico Charlie Hebdo. Qualche migliaio di persone hanno partecipato alla manifestazione. Un volantino della Sinistra Anticapitalista, distribuito ai manifestanti, condannava gli attacchi terroristici senza fare riferimento ai terroristi islamici. Se qualcuno non era a conoscenza di quanto accaduto si poteva chiedere: “chi è stato a compiere questi atti terroristici, quale è la matrice?” Il sindaco di Milano avrebbe voluto partecipare ma è dovuto volare a Parigi, invitato dal suo omologo parigino per la manifestazione di oggi. Cera anche Gad Lerner, che non perde mai una manifestazione pacifista, anche quelle dove si berciamo infamie e ingiurie a Israele. Le sigle che hanno aderito alla manifestazione sono le stesse che inneggiano ai terroristi palestinesi quando compiono stragi di ebrei o ammazzano gli ebrei per le strade. Sono le stesse sigle che dicono: “erano coloni e se la sono cercati!”. Un rappresentante dell’ANPI ha ricordato l’attacco al supermercato Kosher, parlando di rigurgiti antisemiti. Nessuno ha applaudito, un discorso passato in silenzio. E’ bene ricordare che è la stessa ANPI a fomentare i rigurgiti antisemiti quando sfilano al fianco dei palestinesi con tanto di cartelli antisemiti. E’ bene ricordare che le stesse sigle sindacali, oggi presenti alla manifestazione, sono le stesse che nel 1982 deposero una bara davanti alla Sinagoga Maggiore di Roma come segno premonitore a quanto sarebbe accaduto successivamente il 9 ottobre. Sono sempre queste sigle a fomentare l’antisemitismo quando sfilano al fianco dei palestinesi diventando complici degli atti terroristici compiuti da Hamas e Hezbollah. Questi sono gli organizzatori della manifestazione. Una massa di ipocriti che osano definirsi “Je Suis Charlie”. Oggi invocano la libertà d’espressione però fino a ieri si dissociavano dalle vignette che ridicolizzavano l’islam e il suo profeta. Dovrebbero portare invece questa scritta: Nous ne sommes pas Charlie, mais des hypocrites!
Corriere della Sera-Davide Frattini: " Le vittime ebree"
Davide Frattini Il supermercato kasher
La donna porta una candela, s'inginocchia verso il marciapiede.dove altri hanno lasciato le loro. «Verranno accese insieme più tardi?» chiede a un uomo con la kippah di velluto nero sulla testa. La sua esitazione è rispetto, il dubbio di dover attendere la fine dello Shabbat prima di illuminare con le fiammelle l'asfalto bagnato dalla pioggia. Stephanie lascia quattro rose gialle. «Non siamo parte della comunità — dice il fidanzato Diego — ci sentiamo molto vicini agli ebrei». Come l'anonimo che ha scritto io sono Charlie», io sono poliziotto», io sono ebreo» sul foglio A4 bianco appiccicato al muro. Le vetrine blu scuro del supermercato Hyper Cacher non aiutano più Amedy Coulibaly a nascondere i movimenti ai cecchini della polizia. II terrorista deve averlo scelto perché da fuori sembra un cubo compatto ben difendibile, il terrorista lo ha scelto perché la grande scritta all'ingresso — dopo la sparatoria l'H ricade sghemba — non lascia dubbi: la maggior parte dei clienti sono ebrei, il bersaglio dell'operazione come ha rivelato in una telefonata all'emittente Bfmty durante l'assedio. -II presidente François Hollande lo ha definito «un orribile attacco antisemita» ancora prima che i quattro morti venissero identificati, ancora prima che fosse chiaro: sono tutti ebrei. Yoav Hattab, 21 anni, originario di Djerba, figlio del rabbino capo di Tunisi, si era trasferito nel quartiere parigino vicino alla Porte de Vincennes. II fratello racconta che ogni venerdì andava al supermercato perché offriva corsi di cucina ebraica. Yohan Cohen, 22 anni, è l'ostaggio che secondo gli altri sequestrati ha cercato di fermare Coulibaly appena è entrato nel negozio, gli avrebbe preso una delle armi, non è riuscito a sparare: ucciso con una colpo alla testa. François-Michel Saada aveva una sessantina d'anni, Philippe Braham, 40. Il governo di Benjamin Netanyahu sta pensando di portare le salme in Israele per celebrare i funerali di Stato. Il premier parla alla nazione in diretta televisiva, da Gerusalemme si rivolge agli ebrei francesi: «Ricordatevi che Israele non è soltanto il luogo dove tornate per pregare, è la vostra casa, emigrate, siete i benvenuti». Quando nel 2004 Ariel Sharon da primo ministro aveva lanciato un appello simile a «fuggire dall'antisemitismo selvaggio», l'allora presidente francese Jacques Chirac aveva chiesto spiegazioni e dichiarato una sua visita ufficiale a Parigi «non gradita». Hacene Chalgoumi, imam della moschea di Drancy, arriva tra gli applausi con un mazzo di fiori. La folla urla: «Tutti insieme». I ragazzi con la kippah proclamano «non ce ne andremo». È quello che ripete Roger Cukierman — presidente del Crif, riunisce le istituzioni ebraiche di Francia — alla manifestazione organizzata per la fine di Shabbat, il giorno più sacro: «Nessun fanatismo ci farà rinunciare a vivere apertamente la nostra religione, nessuna violenza ci impedirà di andare a pregare». Per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale i salmi non sono risuonati nella Grande sinagoga di Parigi. Quella del quartiere sta in una via tranquilla, a trecento metri dal supermercato della strage. Le auto della polizia bloccano l'accesso, i residenti segnalano agli agenti le facce che non riconoscono, una donna indica un nordafricano: viene fermato, gli chiedono i documenti. «Abbiamo paura, siamo lepri, prede per la caccia», urlano gli abitanti al premier Manuel Valls, venuto in visita con altri ministri del governo. L'emozione di sentirsi francesi è più forte della protesta, la folla intona la Marsigliese, l'inno nazionale. Gli ebrei di Parigi hanno paura anche perché i testimoni raccontano che il vero obiettivo di Coulibaly sarebbe stata una scuola. Giovedì mattina attraversa Montrouge in auto, un incidente lo rallenta, scende e spara alla vigilessa Clarissa Jean-Philippe, mira al collo, il giubbotto antiprolettile non la può proteggere. Ancora 100 metri, la svolta a destra al semaforo e avrebbe raggiunto l'istituto ebraico e la sinagoga della zona, sul cui muro sono iscritti i nomi dei sessanta deportati dai nazisti. II giorno dopo decide di assaltare il supermercato, prende quasi 5 ostaggi, ne uccide 4, viene fermato dall'irruzione delle forze speciali che lo ammazzano.
La Repubblica-Daniele Mastrogiacomo:" Quella sinagoga blindata nel quartiere simbolo. L'incubo degli ebrei parigini: oggi chiuso, per paura"
Daniele Mastrogiacomo Facciata della Grande Sinagoga
«Oggi chiuso. Per paura». Non è un annuncio. E' una provocazione. La scritta nera, listata a lutto, spicca sul foglio che il gestore della piccola stamperia ha voluto appendere sulla serranda abbassata. Henry osserva nervoso mentre prendiamo appunti. Scuote la testa. «Assurdo — commenta —malo capisco. Lui se lo put) permettere, ma noi che lavoriamo con i turisti dobbiamo resistere. Teniamo aperto. Siamo ebrei. Lo gridiamo forte: non ci faremo intimidire». Agita tra le mani il menu di cucina kosher. Falafel in tutte le sue versioni. Oltre al shawarma speziato, di pollo, di agnello misto, di carne impanata e fritta, vegetariano. «Sotto il controllo del beth-din di Parigi». Turisti e avventori passano, tirano dritto. Sono pochi, giovani e soprattutto stranieri. E sabato, giorno di shabbat. Riposo e preghiera. È sabato, il giorno dopo l'attacco al cuore della comunità. Neanche al Marais, lostorico quartiere ebraico della capitale, si era mai registrato questo vuoto. Al dispetto del nome, palude in francese, è risorto dal suo lento degrado una decina di anni fa. Oggi è un luogo trendy per eccellenza. Artisti, pittori, intellettuali, alternativi. Bistrot, locali e negozi alla moda. Qui la fine drammatica dei killer di Charlie Ebdo non ha il Muscle d'Art et d'Histoire du Judaïsme in Rue du Temple, chiuso venerdl, oggi riapre Oil Mémorial de la Shoah In Rue Geoffroy l'Asnie, la Sinagogue Nazareth in Rue Notre Dame de Nazareth o la Grande Synagogue de Paris in Rue di la Victoire Oli Consiglio dr rappresentanza delle istituzioni ebraiche di Francia ((fil) in dove dopo l'assalto a "Charlre Hebdo" c'e stata la riunione or . ente delle associazioni Qoh Hyper (hacher, catena di supermercati kosher francese a cui appartiene il negozio di Porte de Vincennes colpito ieri placato l'ansia accumulata in 54 ore di terrore. È accaduto, potrebbe accadere ancora. «Eravamo già tesi — racconta Edel, uno dei pochi artigiani rimasti in fondo a rue des Rosiers dopo la grande trasformazione del quartiere — ma quando abbiamo sentito che era stata assaltata una drogheria kosher siamo stati colti dal panico». Già verso le 15, due ore dopo che Amedy Coulibaly aveva preso in ostaggio una quindicina di persone, la polizia è andata nel Marais e ha imposto a tutti di chiudere. Pochi si sono opposti. «Del resto—aggiunge Fortunato, il libraio italiano di rue du Roi de la Sicile — le notizie che rimbalzavano dall' Italia era-no spaventose. Chiamavano tutti, chiedevano se erava cm .i 4wws *** mo al sicuro. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo. Ai tempi del nazismo». L'uomo, sulla cinquantina, ha un groppo in gola. Gli occhi lucidi. aA molti di noi questi giorni drammatici ricordano gli anni '80. Nessuno si è dimenticato dell'assalto a Godemberg. Il ristorante all'angolo, qui dietro. Adesso non c'è più, è stato sostituito con un negozio di abbigliamento. Come tanti. Ci fu un'incursione di un commando, spararono all'impazzata, 6 morti e 22 feriti. Non li hanno mai presi...». La paura si coglie anche su rue Pavée. E' una stradina laterale. Quasi nascosta ma conosciuta in tutto il mondo. Per la sinagoga, di pietra antica, esempio eccelso del-l'Art nouveau, con le sue finestre alte e strette ricavate sulla facciata per dare più luce all'interno. È opera dell'architetto Hector Guimard, il padre di quello stile che si impose su Parigi prima della grande rivoluzione urbanistica del barone Haussmann. La comunità ebraica gli chiese di realizzare un tempio che pagò grazie ad una colletta.Il portone d'ingresso è chiuso, protetto da una cancellata. Quattro poliziotti, giubbotto antiproiettile e mitraglietta in pugno, vigilano sul lato opposto. Tre uomini sostano ai lati. «Oggi non ci sono riti. Siamo spiacenti, ma non ci sarà la preghiera», spiega in modo frettoloso uno dei vigilanti. In realtà all'interno c'è un pugno di fedeli. Dettaglio segreto per motivi di sicurezza. rito era previsto. Anche dopo la strage a Charlie Hebdo. Ma l'assalto alla drogheria ebraica di Porte de Vincennes ha cambiato tutto. Si trova nel XII arrondissement. Qui siamo nel III. Ma la distanza conta poco quando si pensa a un terrorismo imprevedibile. La comunità si è sentita nel mirino. Venerdì è arrivata la polizia. Parigi era sotto attacco. Il Marais era uno dei possibili obiettivi. C'erano continue segnalazioni. Ieri è bastato un petardo lanciato da dei ragazzini per far chiudere una sinagoga. La paura, il disagio che si trasforma in rabbia, si tocca con mano. C'è aria di una nuova diaspora. Chi può pensa ad emigrare. Il primo ministro Benjamin Netanyahu coglie subito questo sentimento: «Israele —ricorda in chiara polemica con il presidente François Hollande—è sempre la vostra casa». Rue des Rosiers si riempie a fatica. La percorriamo tra molti negozi, botteghe, bar, ristoranti chiusi. Non è solo coincidenza con il giorno di festività. "Presenza e libertà", c'è scritto vicino alla libreria du Temple, all'angolo di Saint Gervais. Sulle vetrine, protette da grate, si scorgono libri antichi e moderni. Testi del Talmud, soprattutto. E poi candelabri, opuscoli, piccoli oggetti. Kippah tradizionali e personalizzate. Un grande portone si affaccia sui giardini luminosi dell'Archivio nazionale: si parla degli anni 40-50 del secolo scorso. Anni cruciali per la Francia occupata dai nazisti. Il tricolore è sempre a mezz'asta. Seguiamo il budello, torniamo su rue du Temple. Dries Van Noten, Julie Sion. Nomi ebraici su insegne di antichi laboratori, gioiellerie, piccole imprese artigianali. Vetrine addobbate da orecchini, collane, braccialetti. E ancora menorah, le tradizionali lampade ad olio con sette bracci. Con un balzo, nel negozio vicino, verso il profano: da Edemonium. Teschi, zanne, l'insegna del diavolo che oscilla battuta dal vento. Il Marais, oggi, è anche questo.
Per inviare la propria opinione a La Stampa, Il Giornale, Corriere della Sera, La Repubblica, telefonare:
La Stampa: 011/65681
Il Giornale: 02/ 85661
Corriere della Sera: 02/62821
La Repubblica: 06/49821