10.01.2015, riprendiamo le interviste più significative uscite sui quotidiani italiani.
Libero-Andrea Morigi:"Non c'è dialogo, sono incompatibili con le altre religioni"
Andrea Morigi Valentina Colombo
«Scomunicare» i terroristi è un esercizio insensato, a parere di Valentina Colombo, docente di Geopolitica dell'islam all'Università Europea di Roma. Con lei ci addentriamo nel vasto tema delle fonti di ispirazione del terrorismo. «In una religione dove non esiste un'autorità dirimente a livello intepretativo, quando un fedele legge il testo sacro, trova quel che vi vuole trovare», ci spiega. Nel caso del Corano, poi, il testo appare particolarmente ambiguo rispetto alla Bibbia.
Qual è il problema?
«Si può parlare di una parte del Corano scritta alla Mecca, quando l'islam si presenta a una società politeista e propone di credere a un Dio solo e nell'aldilà, di aiutare il povero e l'orfano. In quelle sure (i capitoli, n.dr.) si trovano affermazioni come: "A voi la vostra religione, a me la mia". E se ci fermiamo a questa parte del testo l'islam risulta compatibile con le altre religioni monoteiste».
Anche con la modernità di Charlie Hebdo?
«Certo. Anche se allora non ci si doveva confrontare con la laicità. Ma si proponevano dei valori».
Poi cosa accadde?
«Quando Maometto emigra a Medina, diventa il capo della comunità locale e l'islam si trasforma in una religione di Stato. Il suo sogno primo diventa quello di tomare alla Mecca, sua città natale, che non lo aveva seguito, e riconquistarla. Da questo punto in avanti, il Corano diventa la rivelazione che combatte per affermarsi. In quest'ultima parte, abbiamo tutte le leggi e tutti i dettami che riguardano il rapporto fra la Ummah (cioè la comunita islamica), e l'altro. Ed è da qui che oggi si attinge per giustificare qualsiasi atto legato al terrorismo islamico».
E in particolare?
«L'estremista islamico, che considera tutto il Corano valido ancora oggi si può concentrare prevalentemente su alcune sure medinesi ed estrapolandone dei versetti, trovarvi le ragioni per combattere il miscredente, che può essere il cristiano, l'ebreo, il giornalista di Charlie Hebdo o anche il musulmano che non la pensa come lui. Perché nessuno può decidere quale sia la nozione valida di miscredente». Ma c'è anche una tradizione islamica. «Alla parola di Dio, si aggiunge la seconda fonte, gli hadith, cioè i detti e i fatti di Maometto. Nella sua biografia ufficiale, fra l'altro, si narra che Maometto ha ucciso di sua mano gli ebrei». Quella lettura non è accolta soltanto dai terroristi. Se Charlie Hebdo fosse stato stampato in Arabia Saudita, i suoi vignettisti sarebbero stati condannati a morte, secondo la legge locale, ispirata alla sharia. «Certo, anche se l'Arabia Saudita ufficialmente ha condannato l'attentato a Charlie Hebdo, ha comminato nello stesso tempo la prima parte della pena (cento frustate su mille, sulla pubblica piazza, 10 anni di reclusione, pena pecuniaria e 10 anni senza poter uscire dal territorio nazionale) a Raif Badawi, blogger trentenne che ha fondato un sito di pensatori liberali. E in carcere oggi si trova ancora il suo avvocato, attivista per i diritti umani, arrestato in base alla legge antiterrorismo».
Nessuno è in grado di sfidare quel predominio culturale?
«Ci sono dei tentativi. L'istituzione presieduta dal gran mufti d'Egitto, Dar al-Istà, recentemente ha pubblicato un testo, The ideoogical battle, dove si spiega che tutti i versetti utilizzati dall'Isis vanno contestualizzati perché rivelati in occasioni particolari e non più validi per la situazione attuale. Purtroppo però, gli intellettuali e i riformisti che hanno proposto una storicizzazione del testo, sono finiti impiccati, come Mahmoud Mohammed Taha in Sudan, o sono stati mandati in esilio, come Nasr Hamid Abu Zayd in Egitto»
La Repubblica-Ruth Elkrief: " Questa è guerra, questa è oggi la Francia, dobbiamo smetterla di far finta di niente"
Jeanette Bougrab
«Io penso che questa sia una guerra, anche se guerra è una parola che non si dovrebbe pronunciare. Penso che questa sia una guerra che non è stata dichiarata. Non sono convinta che le misure legislative a nostra disposizione siano sufficienti. Io penso che oggi Internet e Twitter siano mezzi di diffusione di odio dove in maniera anonima le persone possono decidere della fatwa. Possono scegliere chi deve vivere, chi deve morire e noi non abbiano ancora preso le misure con questo».
Parla così Jeanette Bougrab, compagna di Charb, il direttore di Charlie Hebdo, ai microfoni dell'emittente francese BFM. Lei ha fatto un documentario sul Pakistan. Sulle donne alle quali è stato interdetto di andare a scuola
«Sì, ci sono stata diciassette giorni in Pakistan, ho viaggiato molto, sono stata alla frontiera afgana, ho parlato con tante persone, ho fatto interviste e non mi è successo nulla. Nulla. E invece oggi in Francia, noi che diamo lezioni a tutto il mondo....il mio uomo, il mio compagnoè morto assassinato perché rlisegnava in un giornale. Io vorrei che mi spiegassero che cosa succede oggi in Francia. Penso che alcuni non continueranno l'avventura di Charlie. Perché sono terrorizzati, perché hanno paura per le loro vite e perché sanno che oggi in questo Paese quando si prende in mano una matita si può essere uccisi.
Questa è ora la Francia. Bisogna smetterla di far finta di niente: ci sono dei poliziotti, degli innocenti che sono morti. Ci sono dei giovani che disegnavano che sono stati assassinati. Ed è successo in Francia».
Charlie continuerà? «Charlie deve continuare anche se se ne sono andati i suoi'padri', gli uomini che lo avevano fondato non ci sono più. Ma deve andare avanti perché semmai Charlie dovesse sparire, sarebbe come se uccidessero Stephane una seconda volta».
Oggi moltissimi francesi, moiitissimi europei, moltissimi americani, tutto il mondo oggi dice. "Io sono Charlie". Questa è una forma di vittoria?
«No, no. Assolutamente no perché lui è morto. Non è assolutamente una vittoria. È una sconfitta, una tragedia per il nostro Paese. E io non posso gioire all'idea che ci siano dei giovani che scendono in piazza per manifestare perché hanno ammazzato e mi hanno strappato l'essere caro che mi ha accompagnato nella vita».
Corriere della Sera-Davide Frattini:"Molti di noi ora scapperanno: scelta intelligente, non vigliaccheria"
Davide Frattini Serge Klarsfeld
A 79 anni Serge Klarsfeld conserva la tenacia di una vita dedicata a combattere l'antisemitismo e a dare la caccia al responsabili dell'Olocausto. II padre è morto nel campo nazista di Auschwitz, lui è riuscito a fuggire dopo essere stato arrestato dalla Gestapo a Nizza. Parla mentre sul televisore passano le immagini in diretta della presa d'ostaggi nel supermercato che vende cibo e prodotti ebraici. «Questo Paese sta diventando sempre più difficile per la nostra comunità. Siamo schiacciati tra la violenza dei giovani fondamentalisti musulmani e il rischio che il prossimo presidente della Repubblica sia Marine Le Pen». Le posizioni intransigenti del Fronte Nazionale contro gli Islamisti non lo confortano, non è il tipo di rassicurazione che cerca. «L'estrema destra al potere può solo prendere decisioni estreme. Farà di tutto per cancellare la memoria dei crimini commessi durante la Seconda guerra mondiale. Prevede che molti ebrei sceglieranno di emigrare in Israele: «Quando arriva lo tsunami, la decisione più intelligente è cercare di scappare. Non è vigliaccheria, semplicemente non puoi fare molto per opporti alla furia. Qualcuno sceglierà di restare sperando che l'acqua prima o poi rifluisca». E convinto che dopo gli attentati di questa settimana la linea del governo debba essere durissima. «I francesi sono sotto choc; per ora accendono candele. Non è abbastanza, ci vuole una reazione politica molto forte. Temo che i socialisti non siano in grado di spingere per la fermezza, ma è il momento di introdurre forme di detenzione amministrativa come ai tempi delle ripercussioni in Francia della guerra d'Algeria È l'unico sistema per tenere sotto controllo questi ragazzi che tornano a casa dopo aver combattuto in Siria. E vero, rappresenta un rischio per la tutela dei diritti civili: bisogna capire e ammettere che siamo in guerra».
Corriere della Sera-Oriana Fallaci:"Rashida, un neonato per te è un nemico?"
La grande giornalista ha affrontato questi temi molte volte nei suoi articoli e nelle sue interviste. Con l'iniziativa «Le parole dl Oriana» abbiamo scelto dl ripubblicare alcuni di questi suoi interventi, che mantengono — a distanza dl molti anni — una forza, un valore e un fascino straordinari. Ecco l'intervista del 1970 all'attentatrice palestinese Rascida Abhedo.
Sembraya una monaca. O una guardia rossa di Mao Tse-tung. Delle monache aveva la compostezza insidiosa, delle guardie rosse l'ostilità sprezzante, di entrambe il gusto dl rendersi brutta sebbene fosse tutt'altro che brutta. Il visino ad esempio era grazioso: occhi verdi, zigomi alti, bocca ben tagliata. II corpo era minuscolo e lo indovinavi fresco, privo di errori. Ma l'insieme era sciupato da quei ciuffi neri, untuosi, da quel pigiama in tela grigioverde, un'uniforme da fatica suppongo, di taglia tre volte superiore alla sua: quella sciatteria voluta, esibita, ti aggrediva come una cattiveria. Era colei che il 21 febbraio 1969 aveva fatto esplodere due bombe al supermercato dl Grusalemme, causando una carneficina. Era colei che dieci giorni dopo aveva costruito un terzo ordigno per la cafeteria della Università Ebraica. Era colei che per tre mesi aveva mobilizzato l'intera polizia israeliana e provocato Dio sa quanti arresti, repressioni, tragedie (...). Ventitré anni, ex maestra di scuola. La fotografia appesa in ogni posto di blocco: «Catturare o sparare». La patente di eroe. Al suo tono strafottente; provocatorio, s'era aggiunta un'espressione di gran sufficienza: la stessa che certe dive esibiscono quando devono affrontare i giornalisti curiosi. MI accomodai accanto a lei sul divano. Lasciai perdere ogni convenevole, misi in moto il registratore: «Voglio la tua storia, Rascida. Dove sei nata, chi sono i tuoi genitori, come sei giunta a fare quello che fai.
Sono nata a Gerusalemme, da due genitori piuttosto ricchi, piuttosto conformisti, e assai rassegnati. Non fecero mai nulla per difendere la Palestina e non fecero mai nulla per indurmi a combattere. Fuorché influenzarmi, senza saperlo, coi loro racconti del passato. Mia madre, sempre a ripetere di quando andava a Giaffa col treno e dal finestrino del treno si vedeva il Mediterraneo che è così azzurro e bello. Mio padre, sempre a lagnarsi della notte in cui era fuggito con la mia sorellina su un braccio e me nell'altro braccio (...). E poi a mostrarmi la nostra vecchia casa al di là della linea di demarcazione, in territorio israeliano. Si poteva vederla dalle nostre finestre e penso che questo, sì, m'abbia servito. Prima di andare a letto la guardavo sempre, con ira, e a Natale guardavo gli arabi che si affollavano al posto di blocco per venire dal parenti profughi. Piangevano, perdevano i bambini, i fagotti. Erano brutti, senza orgoglio, e ti coglieva il bisogno di fare qualcosa. (...).
Dimmi delle due bombe al supermarket, Rashida.
Uffa. Quella fu la prima operazione di cui posso rivendicare la paternità. Voglio dire che la concepii da sola, la preparai da sola, e da sola la portai fino in fondo (...). E poi avevo una carta di cittadinanza israeliana con cui potevo introdurmi in qualsiasi posto senza destare sospetto (...). Avevano ucciso civili? Noi avremmo ucciso civili. Del resto nessun israeliano noi lo consideriamo un civile ma un militare e un membro della banda sionista.
Anche se è un bambino, Rascida? Anche se un neonato? (...)
Questa domanda me la ponevo anch'io, quando mi addestravo con gli esplosivi. Non sono una criminale e ricordo un episodio che accadde proprio al supermarket, un giorno che vi andai in avanscoperta. C'erano due bambini. Molto piccoli, molto graziosi. Ebrei. Istintivamente mi chinai e lí abbracciai. Ma stavo abbracciandoli quando mi tornarono in mente i nostri bambini uccisi nei villaggi, mitragliati per le strade, bruciati dal napalm. Quelli di cui loro dicono: bene se muore, non diventerà mai un fedayn. Così li respinsi e mi alzai. E mi ordinai: non farlo mai più, Rascida, loro ammazzano i nostri bambini e tu ammazzerai i loro. Del resto, se questi due bambini morranno, o altri come loro, mi dissi, non sarò stata io ad ammazzarli. Saranno stati i sionisti che mi forzano a gettare le bombe. Io combatto per la pace, e la pace val bene la vita di qualche bambino. Quando la nostra vera rivoluzione avverrà, perché oggi non è che il principio, numerosi bambini morranno. Ma più bambini morranno più sionisti comprenderanno che è giunto il momento di andarsene. Sei d'accordo? Ho ragione? No, Rascida.(...)
Il Giornale-Fabrizio Boschi:" E' vero, certi imam predicano odio, ora l'Italia non abbassi la guardia"
Preoccupa l'intervista all'imam 'moderato' di Firenze. Le sue risposta non aiutano certo a capire ciò che succede. Escludendo una sua ignoranza del Corano -e quindi delle sue leggi- ci chiediamo come la pensano gli altri imam che Elzir ritiene non moderati. Aggiungiamo che appartiene all'UCOII.. basta la parola.
Izzedin Elzir
Sono le 11,30 del mattino, proprio la stessa ora che tre giorni fa ha segnato l'inizio del massacro di Parigi. Lui prega. Tanti fedeli in fila alla moschea di Firenze per ascoltare la sua parola. In questi giorni ne hanno bisogno perché l'odore del sangue è arrivato fin lì. Si vergogna Izzedin Elzir, nato a Hebron in Palestina 43 anni fa, fiorentino da 23 anni e Imam di Firenze da tredici. Si vergogna perché gli assassini di Charlie Hebdo hanno sparato nel nome di Allah, il suo Dio, che nulla ha a che fare con quei macellai islamici. Elzir, perché prova vergogna per i fatti di Parigi? «Perché quella gente ci ha offeso. Un'offesa a noi e anche nei confronti di tutta l'umanità. Vogliono creare una barriera fra i musulmani. Ma questi non sono musulmani». Che cosa sono allora? Assassini e basta. Un musulmano non può mettere in atto azioni così vigliacche. Voglio dirlo con forza: questi sono criminali, predicatori dell'odio che non hanno nulla a che fare con l'Islam e che disprezzano gli esseri umani e la vita stessa non rispettando il Corano. Le prime vittime di questi attentati sono i musulmani stessi».
Hanno ucciso urlando "Allah Akbar, Allah Akbar, siamo qui per vendicare il Profeta". Che effetto le fa? «Mi fa venire i brividi. Niente di più assurdo. Allah dice nel Corano che chi uccide una vita è come se avesse ucciso tutta l'umanità. Loro sono l'anti-Islam». Le moschee possono essere luoghi dove si formano estremisti? «Un estremista non può frequentare una moschea. Gli altri fedeli non lo permetterebbero. Le moschee sono luoghi di sicurezza perché all'interno di questi spazi si discute, si parla, si prega. E nostro dovere fermare potenziali estremisti anche dentro le moschee. L'Imam è il pulsante per la pace». Ma alcuni Imam non la pensano così... «I predicatori dell'odio devono essere fermati ed emarginati. Alcuni Imam confondono l'Islam con un'altra cosa e predicano l'odio. Ci sono persone che non hanno studiato abbastanza e non conoscono il pensiero dell'Islam. Per questo, dopo le stragi dell' 11 settembre, abbiamo iniziato a prevenire con corsi di lingua e cultura italiana. Tutto questo ha aiutato ad eliminare i pregiudizi. Gli Imam che non professano la pace esistono, ma noi non l'accettiamo». Secondo lei c'è il rischio che quello che è accaduto a Parigi possa succedere anche in Italia? «I criminali sono dappertutto ma conoscendo la realtà italiana non abbiamo questo rischio. In Italia ci sono 1,7 milioni di musulmani. Se sono una cinquantina i possibili potenziali estremisti vuol dire che la comunità islamica in questi dieci anni ha lavorato bene, usando la strategia del " meglio prevenire che curare". Tuttavia non bisogna mai abbassare la guardia, anche attorno alle moschee. E noi musulmani, veri credenti, siamo i primi guardiani». Le è mai capitato qualcuno con Idee estremiste nella sua moschea? «Incontro persone di ogni genere che rifiutano i nostri valori e queste sono anche fra i musulmani. Il mio dovere è cercare di aggiustare il loro pensiero. Grazie a Dio ho fermato in tempo alcune derive religiose». Anche stamani (ieri, ndr) ha pregato nella moschea. Che aria si respira fra i musulmani? «Lo sdegno netto e la condanna forte è palpabile. La comunità sta attraversano un momento difficile ma io sono fiero di essere fiorentino e italiano. Mi sono arrivati tanti messaggi di solidarietà e malgrado quello che è successo alcune scuole vogliono venire a vistare la nostra moschea. Sono aperti e vogliono capire. Non accettano di vederci come quei criminali». Qualcuno ha parlato di guerra santa dell'Islam contro il cristianesimo occidentale. Secondo lei siamo in guerra? «Sì, il mondo vive una guerra. Non come l'abbiamo conosciuta fino ad oggi però. Una guerra terroristica, economica e sociale. Non una guerra tra due mondi. E non una guerra santa: non esistono guerre sante, le guerre sono solo sporche. Quelli che ce lo vogliono far credere fanno lo stesso gioco di quei terroristi».
Il Giornale-Bruno Giurato:"L'integrazione è fallita, gli islamici d'Europa sono ancora stranieri"
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