Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/01/2015, a pag.4/5 le cronache dell'attentato al supermercato kasher di Parigi
Elisabetta Rosaspina: " Il blitz al supermercato, l'invocazione al martirio, poi la fine"
Elisabetta Rosaspina
Quattro esplosioni ravvicinate, un quinto boato dopo poco meno di 30 secondi: alle 17 e 05 è chiaro, anche a 400 metri di distanza, che l'assalto delle forze speciali di polizia all' Ipermercato kacher, specializzato in prodotti kosher (conformi alle leggi alimentari ebraiche), è stato lanciato. Pochissimi minuti dopo quello di Dammàrtin, contro i fratelli Kouachi. Sono passate quattro ore esatte dal momento in cui Amedy Coulibaly, detto «Doly», 32 anni, solo o in compagnia della sua misteriosa fidanzata Hayat Boumeddiene, 26 anni, ha fatto irruzione sparando con due kalashnikov nel negozio, e uccidendo quattro clienti. Della ragazza non si troverà traccia, né viva né morta, dopo l'attacco della polizia, che uccide Amedy e ferisce involontariamente quattro ostaggi. Improbabile, ma non impossibile che Hayat sia riuscita a fuggire nella confusione, mescolandosi ai clienti liberati. Forse, più semplicemente, non ha partecipato all'ultima, sanguinosa impresa del compagno. Per lei, la caccia è aperta. Pochi minuti dopo le i3, corso de Vincennes, tra piazza de la Nation e la circonvallazione di Parigi, è una giostra di auto della polizia, ambulanze, mezzi della protezione civile. Le facce di Hayat e di Amedy sono appiccicate sul cruscotto delle macchine degli agenti. Sono.ricercati per l'omicidio di una giovane agente municipale, Clarissa Jean-Philippe, 25 anni, il giorno prima, a Montrouge, periferia sud della città. Ma soprattutto Amedy è considerato il terzo complice dei fratelli Kouachi nel massacro della redazione di Charlie Hebdo, la mattina del 7 gennaio: «Eravamo sincronizzati — conferma lui stesso nelle sue ultime ore di delirio omicida in una telefonata all'emittente Bfmty —. Loro Charlie Hebdo, io i poliziotti». Pare che sia stato proprio il telefono a dettare ieri il momento dell'assalto della polizia e della sua fine: Amedy aveva riattaccato male la corvetta, gli investigatori che avevano intercettato la linea hanno sentito che il terrorista iniziava alle 17 la sua preghiera, forse l'ultima, quella che doveva precedere il suo «martino» con tutti i suoi ostaggi. In quel momento è stato dato l'ordine di intervenire. Immagini amatoriali girate da uno dei palazzi vicini, e trasmesse da France 2, mostrano Amedy che, alle prime esplosioni, si precipita dal fondo del negozio verso i poliziotti e viene crivellato da una sessantina di colpi. Nel negozio verrà ritrovato uno zaino pieno di esplosivo che però l'uomo non ha utilizzato. Le teste di cuoio, mascherate, erano arrivate su quattro auto mezzora prima, seguite da decine di Crs, i militari antisommossa, che sono stati applauditi dalla piccola folla assembrata dietro alle transenne disposte a distanza di sicurezza. Contro quelle transenne si sono appoggiati per ore, assieme ai giornalisti, gli abitanti del quartiere, storditi, increduli o arrabbiati, come Rudy Stibon, 33 anni, la kippa ben in evidenza sulla testa: «Mia sorella era in quel supermercato fino a un quarto d'ora prima —racconta — stava facendo le ultime compere per preparare lo Shabbat, che inizia al tramonto. C'era molta gente assieme a lei. Ha salutato la cassiera, che conosciamo bene. È passata dalla pasticceria kosher a fianco, poi è rientrata nel momento in cui cominciavano già a sfrecciare le sirene. Adesso si è chiusa in casa,'sotto choc. Ma io le ho detto che non si risponde al terrore con la paura». Però, ammette, non vede l'ora di andarsene in Israele. Uñ altra donna del quartiere, ad alta densità di popolazione ebraica, supera il cordone di sicurezza per allontanarsi dal supermercato dove, anche lei, aveva appena fatto compere: «Abbiamo sentito una detonazione. Abbiamo pensato allo scontro fra due auto, poi si so- no sentite delle urla, e altri rumori incomprensibili. Ho pensato solamente a correre e a nascondermi». Marilyne Bararanes, anche lei residente in zona, è stata evacuata dalla zona pericolosa. «La polizia è schierata a cento metri dal supermercato — descrive la scena poco lontano —. C'è un silenzio assoluto, angosciante, in quel tratto di deserto. Sono in contatto telefonico con i miei figli, chiusi in casa. Occorrerà poi l'intervento degli psicologi per appoggiare non solo le vittime, ma anche i testimoni di quanto sta accadendo. Lo so, perché anch'io lavoro nell'assistenza a persone traumatizzate». Fatah, invece, aveva appuntamento con la cugina che ha un negozio da parrucchiera proprio vicino all'Hyper kacher in cui è ancora asserragliato Amedy. Con quel che era già accaduto a Parigi negli ultimi giorni, sua cugina non è certo stata a chiedersi se fossero petardi o se stessero girando un film: «Appena ha sentito i colpi — racconta Fatah — ha tirato giù la saracinesca ed è fuggita con le sue clienti».
Davide Frattini: " Niente preghiere nelle sinagoghe. Gli ebrei parigini: ci difenderemo "
Davide Frattini
Solo le stelle di Davide e le menorah in ferro battuto distinguono la vecchia sinagoga da una fortezza sotto assedio. I poliziotti scendono dalle camionette e si preparano a un venerdì di preghiera che è diverso dagli altri in una cittadina a venti chilometri da Parigi che è diversa dalle altre. Qui i templi ebraici sono ventisette in pochi chilometri quadrati, la comunità conta 18 mila persone, la più grande fuori dalla capitale. Qui il '20 luglio, durante il conflitto tra Israele e Hamas, un corteo pro palestinese si è trasformato in guerriglia urbana, i fedeli asserragliati dentro, i muri bersagliati dalle molotov. Gli agenti in uniforme blu non sono gli unici a dispiegare il cordone di sicurezza. Meno appariscenti, in ordine sparso, arrivano i ragazzi del quartiere. Scrutano i preparativi da sotto I cappucci delle felpe nere, si salutano con un segnale, organizzano la difesa. Elie e Avi hanno vent'anni, c'erano anche l'estate scorsa, i caschi da motociclista in mano pronti per Pronti ala lotta Un giovane ammette di essere pronto a rispondere alla violenza con la violenza colpire i manifestanti, l'altro braccio agganciato a quello del compagno vicino per formare un cordone: andava fermata la marcia di quelli che urlavano «morte agli ebrei , mentre davano fuoco a una farmacia. Assieme ad altri 4-5O0 ragazzi fanno parte della Lega di difesa ebraica, un gruppo diffuso tra Sarcelles e Parigi, che il ministero degli Interni vorrebbe mettere al bando, ma che i negozianti della zona considerano lo sbarramento contro gli estremisti Islamici e la sinistra radicale. Elie e Ay ripetono di non poter rivelare il nome della loro organizzazione, ammettono di allenarsi nel Krav Maga, la tecnica di combattimento a mani nude studiata e adottata dall'esercito israeliano, dicono che tutte le loro azioni sono solo per difesa. Nessuno paria apertamente dell'organizzazione. Il proprietario del ristorante La Marina (pizza e sushi, sono kosher anche mangiati insieme) spiega che gli abitanti ebrei si aiutano a vicenda: «Tutti teniamo gli occhi aperti e segnaliamo un pacco sospetto o un'auto che non dovrebbe essere parcheggiata lì . Riconosce che a luglio «senza i ragazzi gli estremisti avrebbero bruciato tutto». Dice che i rapporti con i vicini, gli immigrati nordafricani che vivono nei palazzoni attorno, sono buoni. Indica il caffè a fianco: «È di un turco, non abbiamo mai avuto problemi. Non possiamo abbassare la guardia, i manifestanti venivano da poco più lontano». I bar sono ormai vuoti, manca mezz'ora all'inizio di Shabbat, il giorno più sacro. I televisori restano accesi sulla diretta dal supermercato che vende cibo e prodotti ebraici, tutti sanno che sarebbe potuto succedere in questa cittadina che ha avuto come sindaco il socialista Dominique Strauss-Kahn, l'aspirante presidente travolto dallo scandalo sessuale. A Parigi, il prefetto ha chiesto di abbassare in anticipo le saracinesche dei negozi nel quartiere del Marais, abitato in maggioranza da ebrei, invita i rabbini a tenere chiuse le sinagoghe, secondo il Canale 2 della televisione israeliana per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale nel grande tempio della capitale non sono risuonati i salmi. A Gerusalemme il primo ministro Benjamin Netanyahu dà istruzioni al capo del Mossad perché i servizi segreti forniscano ai francesi tutta l'assistenza necessaria e siano pronti a intervenire. René Taieb — capo della co-munita ebraica della Val-d'Oise, regione a nord della capitale — scende da un'auto con i vetri oscurati. È qui perché vuole che a Sarcelles il venerdì sotto scorta resti il più normale possibile. «Abbiamo alzato il livello di allarme — spiega — e contattato i presidi delle scuole ebraiche: siamo in grado dl raggiungere tutti i genitori degli alunni nel giro di un'ora, se ce ne fosse bisogno». Non vuol parlare della Lega di difesa, sa che è un argomento difficile per i politici francesi. L'estrema sinistra e qualcuno nel governo socialista considerano i giovani del gruppo pericolosi vigilantes, sono accusati di aver assaltato per le vie del Marais chi indossava la keffiah, il foulard bianco e nero simbolo della lotta palestinese, preoccupa il loro odio contro gli arabi. L'organizzazione — racconta uno dei fondatori al quotidiano americano New York Times, si fa chiamare solo Ellahou — non ha fiducia nella protezione offerta dalla polizia. Ex agente lui stesso, precisa che le operazioni sono concentrate nell'individuare e pedinare gli estremisti islamici attraverso una rete di informatori per poi avvisare gli investigatori ufficiali: Ammette di essere pronto «a rispondere alla violenza antisemita con la violenza»: «Preferisco essere un ebreo cattivo che un ebreo morto». Nel frattempo, 7.000 suoi correligionari, solo nel 2014, sono emigrati in Israele: un record.
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