Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/01/2015, a pag. 8, con il titolo "L'islam non è moderato ma molti musulmani sì", l'intervista di Francesca Paci a Hamid Zanaz; da LIBERO, a pag. 13, con il titolo "Ci uccidono e poi parlano di islamofobia", l'intervista di Mauro Zanon a Alain Finkielkraut; a pag. 14, con il titolo "Italiani, opponetevi all'islam, tenteranno di sottomettervi", l'intervista di Andrea Morigi a Daniel Pipes.
"Libertà vai all'infeerno": il progetto dell'islamismo per l'Europa
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Francesca Paci: "L'islam non è moderato ma molti musulmani sì"
Questo lo sapevamo, un musulmano è presente anche nella redazione di IC. E' vero che non tutti i musulmani sono terroristi,ci mancherebbe, ma è anche vero che tutti i terroristi sono musulmani! Averlo ignorato - e continuare a ignorarlo - è la causa prima delle debolezza dell'Occidente.
Francesca Paci
C’è un danno collaterale alla guerra portata dai killers nella redazione di Charlie Hebdo ed è la convivenza tra noi e loro, l’occidente e i musulmani occidentali, consueti vicini di casa che, come sognano gli integralisti, iniziano a erigere muri di reciproca diffidenza. Perché mentre la Francia registra le prime rappresaglie contro le moschee, l’inquietudine sale: possiamo coabitare con l’islam, moderato o semplicemente civile, senza guardarci di continuo alle spalle?
Musulmanofobia
«Circa 15 milioni di musulmani vivono in occidente senza ammazzare nessuno» risponde Farid el Asri, docente di islam politico all’università di Rabat e a quella belga di Louvain. Eppure, ammette, anche i fratelli Kouachi si considerano musulmani: «C’è una minoranza di possenti voci salafite che pretende l’interpretazione letterale dei testi e alimenta uno scontro dentro la umma, la comunità musulmana. Sappiamo tutti che c’è un problema nella definizione dell’identità islamica ma finora si è preferito “lavare i panni sporchi in famiglia”, una sorta di omertà simbolica. Dopo l’11 settembre, per esempio, si diceva che Osama non fosse un vero musulmano e io lì a obiettare che invece nella sua visione lo era eccome e che bisognava interrogarci su come leggesse il Corano. Oggi è il momento dell’outing critico, la maggioranza silenziosa deve accantonare il fastidio di doversi giustificare in quanto musulmani e tirar fuori il problema per costruire un futuro insieme prima che sia tardi».
Islam e democrazia
La domanda da un milione di dollari per l’occidente stanco del relativismo culturale è se è possibile conciliare Corano e democrazia. Il filosofo algerino Hamid Zanaz, autore di «Sfida laica all’islam» (Elèuthera), teme di no: «L’islam dei libri e l’islam come ideologia sono incompatibili con modernità e democrazia ma i musulmani possono integrarsi a patto di rileggere i testi sacri». Vale a dire che l’islam moderato non esiste ma i musulmani moderati sì? «La comunità musulmana non è monolitica. Chi è religioso e vive in occidente senza passare alla violenza è moderato. Il problema, sebbene i francesi sappiano distinguere tra musulmano e terrorista, è che ci sarà un prima e un dopo Charlie Hebdo. La gente ha paura dell’islam, è ragionevole. Per quanto l’intellighenzia occidentale l’abbia a lungo negato c’è uno scontro di civiltà e vi siamo in mezzo. Ipotizzo da tempo l’ascesa dell’estrema destra grazie all’islam radicale e purtroppo oggi stiamo andando in quella direzione».
Come il Pci con le Br
L’islamista Stefano Allievi suggerisce di leggere quanto sta accadendo nella umma ripensando al Partito Comunista alle prese con le Brigate Rosse, a lungo ritenute «compagni che sbagliano». Dopo l’autocritica di Rossana Rossanda, che nel ’78 ammise l’appartenenza delle BR all’«album di famiglia» del PCI, Botteghe Oscure fece quadrato contro il terrorismo. C’è oggi una Rossanda nella comunità musulmana mondiale? L’orientalista belga Felice Dassetto scuote la testa: «Non siamo ancora a quel punto. I giovani fanno un po’ di autocritica ma mancano gli intellettuali, intellettuali veri che tornino criticamente alle fonti dell’islam e che, da credenti, parlino una lingua comprensibile ai credenti. Temo però che ci vorranno decenni prima di battere il radicalismo perchè le scuole teologiche che dovrebbero formare l’intellighenzia non sono all’altezza, tutte finanziate dal Golfo o dai Fratelli Musulmani».
Il giro di boa Charlie Hebdo
Secondo Dassetto la strage di Charlie Hebdo è per i musulmani l’ennesima chance di fare autocritica «evitando d’incolpare le condizioni sociali e di bollare i terroristi come presunti finti musulmani mentre quelli attingono alle fonti islamiche». Lo sarà? Sarà l’11 settembre della umma oltre che della Francia?
Il filosofo francese Abdennour Bidar ha scritto una lettera ai connazionali musulmani pregandoli di ammettere di aver creato un mostro chiamato Stato Islamico e di smettere di rifiutare che quel mostro sia nato dal loro «sbandamento nel collocarsi nella civiltà umana globale». A detta di Bidar, nel negare che i crimini del mostro siano commessi in nome dell’islam e nell’accusare «mediocremente» l’occidente i suoi «fratelli» perdono tempo. Il radicalismo invece corre veloce.
LIBERO - Mauro Zanon: "Ci uccidono e poi parlano di islamofobia"
Alain Finkielkraut
Dallo scorso anno siede sulla poltrona numero 21 dell’Académie française. È stato eletto Immortale di Francia con16 voti su 28,nonostante le polemiche che hanno preceduto quella che doveva essere un’éléction de maréchal, un’elezione trionfale,e cheinvecehatrasformato per qualche settimana il tempio sacro della lingua francese in un agone politico. Ad alcuni accademici non piacevano le tesi esposte nel suo ultimo libro, L’identité malhereuse (Editions Stock), nel quale denunciava la rivoluzione imposta surretiziamente dall’islam e constatava la deflagrazione inesorabile del modello assimilazionista sulla quale la Francia si è costruita. Tra i più severi critici della modernità e del progressismo, Alain Finkielkraut, oltre ad essere un intellettuale e homme de lettres apprezzato in tutto il mondo, è anche un attento osservatore della società e della politica francese.
Quello di ieri, alla sede di Charlie Hebdo, è il più grave attentato terroristico avvenuto in Francia da più di cinquant’anni. Per trovarne uno parimenti efferato e sanguinoso bisogna risalire al 18 giugno del 1961, quando una bombadell’Oas (l’organizzazione clandestina francese contraria all’indipendenza dell’Algeria) colpì il treno Strasburgo-Parigi a Vitry-Le-François provocando 28 morti. Permolti, la strage di Charlie Hebdo è l’11 settembre francese. Lei, Alain Finkielkraut, cosa prova alla luce del massacro di ieri? « Sono sconvolto così come tutta la Francia è sconvol ta dalla violenza inaudita che si è consumata ieri nella sede di Charlie Hebdo. Dodici persone sonostate freddate da un commando di fanatici islamici, e fra di esse c’erano persone che tutta la Francia conosceva, che facevano parte del nostro mondo comune, con le quali intere generazioni sono cresciute. È stato un attacco alla nostra identità. Tutti, io per primo, siamo stati colpiti nel profondo».
Dopo l’attentato di ieri è esagerato parlare di guerra civile all’orizzonte? «Non siamo ancora a questi livelli, mai rischi sono sempre più elevati. Quello di ieri è solo l’inizio. Ci saranno altri attacchi, e saranno degli attacchi mirati, perché questo è il nuovo modus operandi del terrorismo islamico. L’emozione popolare è molto forte e non so se la Francia sarà in grado di far fronte a quello che sta succedendo, perché già si levano voci che invece di nominare il nemico, denunciano l’islamofobia ».
Nomi? «Edwy Plenel (direttore del celebre sito di inchieste Mediapart, nonché autore del saggio Pour les musulmans, nel quale i musulmani vengono dipinti come vittime dell’Occidente che li designa come capri espiatori delle sue inquietudini e delle sue incertezze, ndr), secondo il quale coloro che hanno denunciato l’esistenza di un “problema dell’islam” in Francia sono i veri “responsabili della creazione del mostro”. Il “mostro” che ieri ha ucciso 12 persone. In altre parole, avrei io, perché sono io l’innominabile cui fa riferimento Plenel quando dice questo, armato gli assassini.Ecco come ildirettore di un sito d’informazione parla oggi in Francia».
È il solo? «Assolutamente no, purtroppo ce ne sono molti altri ».
Quali sono le principali misure da prendere per rispondere al problema del fanatisimo islamico? «Bisogna essere innanzitutto capaci di designare il nemico, di ricordare ciò che oggi non è negoziabile in Francia,di stimare la popolarità dell’islamismo radicale in Francia, senza naturalmente fare un calderone, perché tutti i musulmani non possono essere resi responsabili di quanto successo ieri. Ma…».
Ma? «Purtroppo viviamo nell’epoca del politicamente corretto, ossia del terrore dell’islamofobia, e nessuna valutazione chiara e precisa sul fenomeno dell’islamismo radicale potrà essere fatta».
Per restare nel tema, proprio l’altro ieri è uscito il nuovo libro di Michel Houellebecq, Soumission, per il quale è stato accusato di incitamento al razzismo e all’islamofobia. «Innanzitutto va ribadito che si tratta di un romanzo, di una finzione. Houellebecq si chiedese nel 2022 ci sarà un’alleanza in Francia tra ipartiti che si definiscono repubblicani e la Fratellanza musulmana contro l’estrema destra,ma quest’alleanza si sta già formando oggi!».
Cioé? «Alla manifestazione di domenica prossima a Parigi, in ricordo delle vittime della strage di Charlie Hebdo, sono invitati tutti i partiti detti “repubblicani”, tutte le organizzazioni musulmane, ma non il Front National. Si hal’impressione che gli stessi che denunciano con rabbia e indignazione la profezia del libro di Houellebecq, facciano di tutto perché si realizzi già oggi».
LIBERO - Andrea Morigi: "Italiani, opponetevi all'islam, tenteranno di sottomettervi"
Andrea Morigi Daniel Pipes
Visto dagli Stati Uniti, dove raggiungiamo al telefono il direttore del Middle East Forum Daniel Pipes, il massacro compiuto a Parigi appare come l’ultimo atto dell’avanzata islamica nelle terre degli infedeli. Le analisi sull’islam militante di questo intellettuale neocon hanno suscitato interesse e anche numerose polemiche. Ma non hanno mai lasciato indifferenti, per la loro profondità.
L’attentato contro Charlie Hebdo rappresenta a suo parere un punto di svolta nella strategia jihadista? «Direiche i jihadisti diverranno una minaccia via via sempre maggiore in Europa. L’impatto sulla popolazione occidentale, tuttavia sarà così forte che prima o poi finirà per provocare una reazione».
Quindi, lei prevede che, finalmente, l’Europa si risveglierà? «Certo,perché gli episodi di violenza che si moltiplicano stanno provocando una preoccupazione crescente nell’opinione pubblica».
Chi si ribella, tuttavia, rischia di essere etichettato come xenofobo, islamofobo, di estrema destra. È quello che sta accadendo ai partiti come la Lega Nord in Italia o il Front National in Francia. «Purtroppo, è così. Ma occorre dire che si tratta di un terribile errore».
Lei come consiglierebbe di rispondere? «Direi: non preoccupatevi. Non è estremismo opporsi alla legge islamica. È una reazione naturale. Perciò dite di no. Solo così si potrà fermare la barbarie».
Molti commentatori sostengono che i terroristi non uccidono nel nome di Allah. E i capi religiosi islamici in Europa hanno condannato l’attacco, ma anche gli episodi di blasfemia. E i terroristi hanno scelto di colpire proprio un luogo simbolico come la redazione di un settimanale satirico. Crede che siano in pericolo i diritti civili? «Non penso che il problema centrale riguardi la libertà di stampa e di espressione. Certamente, i musulmani non tollerano le critiche all’islam. E oltre a questo agiscono allo scopo di seminare il terrore fra la gente. Ma il loro vero obiettivo è instaurare la sharia, la legge coranica, che punisce con la morte i nemici dell’islam. Del resto vi stanno riuscendo ».
Intende dire che oramai ci sono zone sfuggite al controllo delle autorità civili e passate sotto il dominio dell’islam radicale? «Ovvio. È un fatto acclarato. In molti Paesi, la Gran Bretagna in testa, si applica già la sharia per quanto riguardail diritto civile e familiare, ma in alcuni casi anche in campo penale. Così, se solitamente si va dall’imam o presso una corte sharaitica per regolare matrimoni, separazioni, divorzi e questioni ereditarie, c’è una tendenza ad amministrare la giustizia all’interno della comunità anche quando si tratta di crimini. E dal fenomeno purtroppo non è esclusa nemmeno l’Italia».
È una minaccia che tocca anche altri Paesi. Dopo aver colpito negli Stati Uniti nel 2001, il terrorismo islamico recentemente ha preso di mira anche il Canada e l’Australia. Non è a rischio tutto l’Occidente? «Non si verifica la stessa situazione in tutte le aree del mondo. In America e in Oceania il pericolo è minore perché non si associa al progetto di islamizzazione della società. Attualmente il pericolo maggiore viene dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Danimarca e dai Paesi Bassi. Senza dimenticare l’Italia dove, benché non vi troviate allo stesso livello di altri Paesi europei, sarete prima o poi coinvolti ».
In effetti, la rivista dell’Isis, Dabiq, ha già messo sulla propria copertina una bandiera nera che sventola sull’obelisco di piazza San Pietro. È quello l’obiettivo, almeno propagandistico? «Non credo che la loro priorità sia colpire il Vaticano. Quello che sperano, semmai, è di sottomettere l’Italia».
Insomma, lei intravvede un pericolo che va oltre le azionimilitarie sanguinarie? «Diciamo che non ci si può limitare alla questione, pur importante, dell’ordine pubblico e della sicurezza. Al di là dell’emergenza terrorismo, in Europa si assiste un tentativo di cambiare la società attraverso le scuole e le assemblee parlamentari. In più, su tutto questo, si innesta il fenomeno dell’immigrazione che aggrava il problema».
Eppure, la tendenza dominante sembra quella di prodigarsi per concedere sempre maggiori diritti agli stranieri, favorendo anche il proliferare delle moschee. «Non servirà a nulla». La ritiene una strategia suicida? «Ma certo che è una strategia suicida. Comunque sono sicuro che gli europei si risveglieranno prima che sia troppo tardi».
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