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La Repubblica - Il Manifesto Rassegna Stampa
08.01.2015 Charlie Hebdo: chi disinforma
Pietro Del Re intervista Marek Halter, commento di Tahar Ben Jelloun, critica al commento di Carlo Freccero

Testata:La Repubblica - Il Manifesto
Autore: Pietro Del Re - Tahar Ben Jelloun - Carlo Freccero
Titolo: «Marek Halter: 'Vogliono creare una psicosi antimusulmana' - Trucidati i miei fratelli ma le vere vittime sono gli islamici che vivono in pace - I lumi spenti dell'Occidente»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, a pag. 15, con il titolo "Marek Halter: 'Vogliono creare una psicosi antimusulmana' ", l'intervista di Pietro Del Re a Marek Halter; a pag. 1-14, con il titolo "Trucidati i miei fratelli ma le vere vittime sono gli islamici che vivono in pace", il commento di Tahar Ben Jelloun; segue una nostra critica all'articolo pubblicato sul MANIFESTO, a pag. 1-15, con il titolo "I lumi spenti dell'Occidente", firmato da Carlo Freccero.


La vita di Maometto: gli esordi di un profeta

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Pietro Del Re intervista Marek Halter: "Marek Halter: 'Vogliono creare una psicosi antimusulmana' "

In questa intervista, Marek Halter esprime un concetto fondamentale ma, ahi lui, che non corrisponde alla realtà: secondo l'intellettuale francese, il terrorismo islamico è composto da poche migliaia di fanatici sparsi per il mondo. Purtroppo i numeri gli danno torto. Innanzitutto perché i terroristi sono molti di più, ma soprattutto perché decine e centinaia di milioni di persone si sentono da essi rappresentate: una parte cospicua, se non la maggioranza, delle comunità islamiche sparse ormai in tutti i continenti.
E' ora di finirla con la retorica dei terroristi isolati e dei lupi solitari, se vogliamo davvero combattere con efficacia l'onda nera del terrorismo islamo-nazista.

Ecco l'articolo:


Pietro Del Re          Marek Halter

«A Parigi si uccide. E l’offensiva di cui siamo vittime non mette a repentaglio soltanto le nostre vite. Da ieri, gli islamisti hanno lanciato una guerra ideologica. Vogliono spaventarci e vorrebbero imbavagliarci. Stavolta sotto tiro è un cardine essenziale della società occidentale: la libertà». Al telefono, la voce dello scrittore e filosofo francese Marek Halter è rotta dall’emozione. Instancabile attivista per la pace in Medio Oriente e feroce oppositore di ogni deriva razzista o antisemita, Halter era grande amico di due dei vignettisti uccisi ieri, Wolinski e Cabu, che frequentava da molti anni.

Qual è secondo lei l’obiettivo di un attentato del genere?
«E’ semplice: costringere uno Stato di diritto a reagire brutalmente, far sì che i democratici la smettano di comportarsi come tali, per spingere la maggioranza dei musulmani dalla parte degli islamisti. Vogliono creare una psicosi antimusulmana nel mondo occidentale, in modo che tutti i musulmani si sentano minacciati e aggrediti, diventando potenzialmente arruolabili dalle brigate dello Stato islamico. Ma i fanatici che ieri si sono scagliati contro Charlie Hebdo non intendono soltanto recuperare la cosiddetta “solidarietà musulmana”. Hanno anche voluto dimostrare di essere i soli in grado di punire chi “insulta” Maometto».
Ma in Francia già imperversa l’islamofobia. Ha appena venduto a 200mila copie il libro in cui Eric Zemmour spiega che esistono immigrati musulmani “non integrabili”, i quali andrebbero espulsi altrimenti la nostra società e i nostri valori scomparirebbero.
«Certo, e ieri è uscito il romanzo di Houellebecq, in cui lo scrittore immagina una Francia governata dai musulmani. Non è un caso che gli islamisti abbiano scelto questo momento. Hanno voluto avvertire quei francesi che secondo loro sbeffeggiano i musulmani: “Se continuate a prenderci in giro ecco la fine che farete”».
Come dovrebbero reagire i musulmani di Francia per scongiurare la reazione che rischia di abbattersi su di loro?
«Il mondo musulmano, non solo quello francese, deve mobilitarsi, scendere nelle piazze, urlare con tutta la forza che ha il suo orrore di fronte a atti del genere. Ed è dovere di tutti noi quello di riconciliarci. Trentamila fanatici stanno terrorizzando sette miliardi di esseri umani, e possono farlo perché questi sette miliardi di individui non si tengono per mano. Quando ciò avverrà, i terroristi scompariranno nel nulla».
Secondo lei chi sono i killer?
«È gente molto preparata, probabilmente addestrata in Siria o in Iraq, che ha agito con straordinario sangue freddo. I terroristi sapevano che la riunione di redazione si teneva il mercoledì mattina, conoscevano i locali, e sapevano chi uccidere. Hanno ammazzato i miei amici Wolinski e Cabu, che conoscevo da più di quarant’anni. Sicuramente non sono emuli di Bin Laden, ma del califfo Abu Bakr Al Baghdadi e della sua cerchia. Potrebbero essere musulmani nati e cresciuti in Francia o in Inghilterra, persone esperte, magari colte, che conoscono i nostri meccanismi psicologici più intimi».
Che cosa dovrebbe fare lo Stato per evitare che i giovani francesi scappino a combattere con lo Stato islamico?
«Deve proporre loro delle avventure alternative. C’è un paesino nel cuore della Francia che conta 700 abitanti. Ebbene, da lì una decina di ragazzi ha raggiunto gli islamisti del Califfato. Per evitare che altri lo facciano, il governo potrebbe, per esempio, offrire domani il viaggio verso Parigi per partecipare alle manifestazioni contro l’attacco di ieri. Per molti di loro potrebbe essere una splendida avventura. Lo Stato dovrebbe anche creare dei comitati di vigilanza per responsabilizzare i dirigenti dei quartieri islamici. Infine, dovrebbe infiltrare le banlieue meglio di quanto non sia stato fatto finora dai servizi segreti, che in questa situazione non fanno di certo una bella figura».
Con l’attentato di ieri la redazione di Charlie Hebdo è stata decimata. Il giornale riuscirà a risollevarsi?
«Sì, perché ci sarà uno slancio di solidarietà e molti andranno nelle edicole a comprarlo. E ci sarà un’altra generazione di vignettisti che prenderà il posto di coloro che sono finiti sotto le pallottole dei terroristi. Lo sa che diceva il generale De Gaulle?, diceva che “i cimiteri sono pieni di persone irrimpiazzabili”».
LA REPUBBLICA - Tahar Ben Jelloun: "Trucidati i miei fratelli ma le vere vittime sono gli islamici che vivono in pace"
Ben Jelloun offre ai lettori una analisi imperniata sull'idea-stereotipo secondo cui l'islam terrorista non è l'islam. Che cos'è l'islam, dunque? Molti milioni di musulmani in tutto il mondo approvano e sostengono il jihad contro ebrei, Israele e Occidente: un dato di fatto inattaccabile. Quando anche non partecipano direttamente ad organizzare attentati, sono comunque responsabili.
Dietro questo attentato, ancora una volta, risiede l'islamismo, non una cellula impazzita di "lupi solitari".
Ecco l'articolo:

Tahar Ben Jelloun
Dodici morti e decine di feriti per «vendicare il Profeta»: così gli assassini che hanno attaccato la sede di Charlie Hebdo giustificano il loro crimine. Ma né il Profeta (il suo spirito), né alcun teologo serio li ha mai incitati a massacrare giornalisti liberi, impegnati nel campo della satira, che mai hanno avuto riguardi per le religioni in genere. Dal 1905 la Francia è un Paese laico, in cui la Chiesa è separata dallo Stato. Ma questo, i terroristi armati e decisi a uccidere non lo riconoscono.
È il caso di ricordare le parole del Profeta Maometto, quando esortò i suoi soldati a recarsi a Mu’ta, in Siria, a combattere contro i Gassanidi protetti dai Romani: «Andate in nome di Dio. Combattete i nemici di Dio che sono vostri nemici. In Siria troverete monaci che vivono nelle loro celle, lontano dalla gente: non li importunate. Troverete guerrieri votati a Satana: combatteteli con la sciabola in mano. Non uccidete né donne, né bambini né vecchi, non sradicate nessun albero o palma, non distruggete nessuna casa».
Non è la prima volta che i fondamentalisti musulmani aggrediscono un organo di stampa. Quando Charlie Hebdo pubblicò le caricature del Profeta Maometto, il giornale e i suoi redattori furono oggetto di minacce. Ma con l’attentato di mercoledì mattina si è passati a un altro livello. I terroristi sono apparsi come guerrieri armati fino ai denti, e hanno ucciso deliberatamente chiunque si trovasse sul posto. Purtroppo quel giorno tutte le maggiori firme erano presenti. Per l’ultimo numero del giornale, Charb (che è tra le vittime) aveva disegnato una vignetta alquanto provocatoria. Si vede un uomo armato di bombe, e Charb gli dice: «Ancora niente attentati?» L’uomo risponde: «Aspetta, c’è tempo fino a fine gennaio per fare gli auguri». Eccoli: li hanno fatti il 7 gennaio, alle 11.30. I miei amici Cabu e Wolinski sono morti insieme ad altri dieci giornalisti. E ancora una volta si parlerà dell’Islam. Sì, gli assassini hanno gridato «Allah Akbar», come per firmare il loro crimine. Ma non è detto da nessuna parte che si debba assassinare chi non la pensa come voi.
Ovviamente il rettore della Moschea di Parigi ha condannato quest’atto barbarico, e molti musulmani francesi hanno espresso tutto il loro orrore. Che altro fare? Una soluzione ci sarebbe, ma per questo la Francia dovrebbe lavorare mano nella mano coi musulmani residenti sul suo territorio, riconoscendoli e considerandoli come cittadini a pieno titolo, integrandoli nei valori repubblicani. Perché di fatto quest’atto criminale è un attacco contro l’Islam, contro i musulmani che vivono pacificamente in Europa.
Ma prima ancora dobbiamo ricordare che i questi ultimi tempi sembrava si fosse aperta una caccia contro l’Islam e i musulmani, stigmatizzati in continuazione, segnati a dito ogni volta che una certa Francia si lasciava andare allo sconforto e alla ricerca di capri espiatori, per spiegare la crisi morale o la paura del futuro. C’era nell’aria qualcosa di funesto, di malsano — umori e toni di razzismo trasudanti dalle pagine di alcuni libri che hanno avuto un’eco notevole.
Si è fatto commercio con l’odio e la paura, le ossessioni e le crisi d’identità. Si sono presi di mira gli immigrati extra-comunitari e l’Islam. Il Front National si fregava le mani vedendo aumentare i propri voti alle elezioni parziali. L’ideologia dominante in questa Francia in crisi, dove il morale della popolazione è basso e non si vedono soluzioni alla disoccupazione e alla precarietà, si riduce a segnare a dito gli stranieri. Dopo il saggio sul «Suicidio francese» di Éric Zemmour, ora è la volta dell’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, che pronostica per il 2020 un presidente della Repubblica musulmano.
La paura ha ormai preso piede. I musulmani sono stanchi di essere sospettati, ostaggi di una crisi morale e identitaria. So- no i primi a essere inorriditi dalla barbarie dell’Is e di Al Qaeda. E sono le prime vittime di questo terrorismo. La Francia sta pagando in qualche modo il proprio impegno in Africa, in Siria e in Iraq. I suoi soldati combattono il terrorismo. In Mali sono riusciti a farlo arretrare; l’aviazione francese ha messo a segno ogni settimana diversi attacchi contro l’Is; e la portaerei Charles De Gaulle sarà inviata in prossimità della Siria. La Francia è in guerra contro quest’Islam barbaro e deviato. Non so se l’attentato contro Charlie Hebdo sia una vendetta o una risposta dell’Is alla Francia, che si è alleata con l’America per combatterlo. Sia come sia, oggi sono i musulmani di Francia a essere i più malvisti da una maggioranza della popolazione. Per quanto possano denunciare e condannare questi atti intollerabili, il sospetto su di loro rimane. ( Traduzione di Elisabetta Horvat)
IL MANIFESTO - Carlo Freccero: "I lumi spenti dell'Occidente"
Questo articolo, che non riportiamo, discute del significato simbolico dell'attentato alla sede del Charlie Hebdo mettendolo a confronto con l'11 settembre. Facendolo, però, Freccero sostiene che "l'11 settembre ha colpito al cuore il capitalismo". E' una affermazione riduttiva, che lascia il campo al complottismo più fantasioso e, soprattutto, falsa. Non è certo quello che Freccero definisce "capitalismo" l'obiettivo degli islamisti, ma il modello occidentale nel suo complesso.
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