Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/01/2015, a pag. 13, con il titolo "Il peso della Bolla del 1555", la recensione di Daria Gorodisky del libro "Storia degli ebrei nell'Italia moderna" di Marina Caffiero, ed. Carocci.
Marina Caffiero
Era Il 14 luglio del 1555 quando il grande inquisitore Gian Pietro Carafa, appena diventato Papa con il nome di Paolo IV e prima ancora di inventare l'Indice dei libri proibiti, impose con la bolla Cum nimis absurdum la segregazione degli ebrei nei ghetti. Una scelta alternativa a quella spagnola dell'espulsione, ma fondata sui principi teo-ideologici che nei secoli successivi avrebbero alimentato e giustificato la persecuzione antisemita. Lo spiega bene Marina Caffiero, ordinario alla Sapienza di Roma, nel suo ultimo libro: Storia degli ebrei nei]'Itaiia moderna. Dal Rinascimento alla Restaurazione (Carocci, pp. 256, 19). Il modello romano, subito esteso alle altre città della Penisola, soddisfaceva una duplice necessità: la presenza degli ebrei «in quanto testimoni della verità del cristianesimo» e la «loro degradazione sociale» come «prova decisiva della punizione divina per aver rifiutato Cristo». Da qui, l'«ossessione conversionistica» espressa con i battesimi forzati; il recupero delle più antiche e infondate accuse di omicidio rituale; e l'uso degli stereotipi, quell'«antisemitismo razziale» fatto di «insistenza su] tipo "fisico" e "morale" dell'ebreo». Nel Cinquecento, appunto; e nel Seicento; ma anche nel Settecento dei Lumi, quando «gli ebrei cominciarono a essere individuati come i complici, oltre che come i beneficiari, del complotto anticattolico ordito dalla cultura moderna e dalle politiche secolarizzatrici degli Stati». Perché l'impostazione di pensiero codificata da quella bolla papale si periodicamente riproposta. Così che anche «d'emancipazione civile e politica degli ebrei sancita dalla Rivoluzione francese finì per accentuare ancora di più l'antiebraismo cattolico... all'interno della diffusa convinzione che esistesse un nesso preciso tra emancipazione degli ebrei, massoneria, Rivoluzione e processi di scristianizzazione». E, stando al passato più prossimo, «quanto tale antiebraismo reazionario cattolico, che non si può esitare a definire senz'altro come antisemitismo, ha infinito e condizionato l'antisemitismo nazionalistico e secolare ottocentesco e poi novecentesco?». La domanda arriva nelle ultime righe del libro. Ma la risposta è già nelle 2i8 pagine precedenti.
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