Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/01/2015, a pag.13, con il titolo "Israele congela le tasse destinate alla Palestina", il pezzo di Francesco Battistini.
Francesco Battistini $: che fine hanno fatto ?
Di fronte a una Anp che non salda i conti dell'energia elettrica fornita da Israele, che ricorre all'Onu per essere riconosciuta come Stato, annullando quindi gli accordi sottoscritti a Oslo, che ricorre al Tribunale Internazionale dell'Aja per far condannare Israele per 'crimini di guerra', ci chiediamo come mai Battistini non esprima qualche perplessità sul fatto che Bibi dica ad Abu Mazen 'prima salda i debiti, poi ti faremo avere le tue tasse. Prima ritorna al tavolo delle trattative invece di ricorrere all'Onu e all'Aja". Ma Battistini fa finta di niente, sbaglia addirittura a chiamare 'pace di Oslo' quelli che erano degli 'accordi', che l'Anp non ha mai rispettato. Se poi le economie a Gaza e a Ramallah sono fallimentari, dopo le migliaia di miliardi dollari che arrivano nelle casse palestiniste, perchè Battistini non prova a porre delle domande a chi governa le due entità ? O è troppo occupato a seguire le partite di pallone a Ramallah ?
Incalzato dall'estrema destra, che l'aspetta alle elezioni di marzo. Attaccato dalla stampa, che l'accusa di non avere previsto la mossa palestinese di chiedere un processo internazionale per crimini di guerra. Stressato dal suo ministro degli Esteri, Lieberman, che gli rimprovera di non saper mai «dare una risposta adeguata» ad Abu Mazen. Alla fine, il premier Bibi Netanyahu ha preso la più scontata delle decisioni: bloccare il trasferimento a Ramallah delle tasse che ogni mese, in base alla pace di Oslo del '93, sono raccolte fra gli arabi israeliani. Niente rata di dicembre: i 100 milioni d'euro salderanno quanto i palestinesi devono a Israele per la bolletta elettrica e per le cure negli ospedali. «È una prima reazione», fanno sapere da Gerusalemme: Bibi ha in agenda il Consiglio dei ministri, oggi, e potrebbe varare altre misure. Il «non ti pago» non è una novità, ma quanto basta a mettere in difficoltà l'Autorità palestinese. Che già fatica a pagare gl'impiegati in Cisgiordania; già è alle prese coi 30 mila nuovi dipendenti di Hamas a Gaza, senza stipendio da otto mesi; già rischia di vedersi tagliare l'assegno annuale da 400 milioni degli Usa, irritati per la scelta di Abu Mazen di chiedere all'Onu un riconoscimento unilaterale dello Stato. «Congelare le tasse è un atto di pirateria e l'ennesimo crimine di guerra — protesta íl negoziatore Saeb Erekat —, gli israeliani non sono un Paese donatore: quelle tasse sono soldi nostri». I prossimi mesi serviranno a saggiare l'ira israeliana: Abu Mazen sa che l'aver preso la strada dell'Aja rischia di rivelarsi un errore, perché ora Netanyahu minaccia azioni legali. Per «dimostrare al mondo che l'alleato dell'Anp è un gruppo di terroristi». Per ottenere che quelli di Harnas siano equiparati all'Isis: vanno processati anche loro, dato l'uso che fanno di razzi sui cittadini israeliani e di scudi umani fra la popolazione di Gaza». Bisogna fare i conti anche con Washington: a Obama, la scorciatoia diplomatica palestinese non è piaciuta. Anche perché lo scorso marzo aveva presentato un suo piano su Gerusalemme ad Abu Mazen e a Erekat, rivela l'ex ministra israeliana Taipi Livni, e «se Netanyahu non aveva detto né sì, né no», i palestinesi avevano fatto finta di non sentire. Pensavano già all'Onu. Si giocavano il destino all'ultima tassa.
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