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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.01.2015 Abu Mazen ha trovato un nuovo laudatore, Francesco Battistini
Come scrivere una cronaca calcistica infilandoci dentro la propaganda

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 gennaio 2015
Pagina: 51
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «La Palestina cerca la riscossa con il pallone»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/01/2015, a pag.51, con il titolo "La Palestina cerca la riscossa con il pallone", il commento-cronaca di Francesco Battistini.
Come definire questo pezzo di Battistini ? un tifoso scatenato  per la sua squadra del cuore ? Basta leggerlo per rendersi conto di come nel tifo entri con forza la politica, persino la propaganda più sfrontata verso la parte palestinese. E' da tempo che notiamo il cambiamento avvenuto nel Battistini che avevamo conosciuto quale giornalista equilibrato, oggi sostituito da un plaudente laudatore dell'Anp. A quando inserirà anche Hamas ?


Francesco Battistini

DAL NOSTRO INVIATO - RAMALLAH - Chi non salta israeliano è. «Sarà dura, ma ci siamo abituati...». Dietro la piazza dei Leoni, scoppiasse una guerra o gli riconoscessero lo Stato, Jamal Mahmud e i suoi amici del caffè Azahara chissà se ci penserebbero: loro saltano già come canguri, in testa solo la partita. «I miei ragazzi sono buoni giocatori, faranno la loro figura...». Li ha selezionati Jamal, gli undici Leoni della Cananea. E li ha allenati lui, fino a settembre. E lui li ha portati allo storico risultato, mai prima d'ora in Palestina: la fase finale della Coppa d'Asia. «Ho lasciato la panchina per ragioni mie ma quel lunedì il mio cuore sarà là con loro». Là, è l'Australia: il gruppo D coi campioni uscenti dell'Iraq, gli ex campioni del Giappone, i forti giordani. Lunedì è il 12 gennaio, lo storico esordio contro i più impossibili degli avversari: il milanista Honda, l'interista Naga tomo. «Parlo ogni sera coi miei ragazzi — dice Jamal —, qualche consiglio lo posso ancora dare...». E quale? «Chiudersi bene e ripartire. Col Giappone, è l'unica tattica possibile». Spezzate le catene, fate catenaccio. Su la barriera difensiva. E poi avanti coi bomber. Il fuori-gioco da sempre, fuori dalla storia per chissà quanto, la nazione che non c'è ha una Nazionale che finalmente c'è: eccome, se c'è. Lo Stato palestinese ha appena scoperto che non verrà mai riconosciuto dal club dell'Onu? E ha cambiato schema, cercando udienza alla Corte internazionale dell'Aja? Il Palestine Football Club è già al 113 posto delle nazionali di tutto il mondo (solo 6 anni fa, stava al 191). E alla corte internazionale della Fifa entra per la porta principale: fra le 16 più forti d'Asia, a giocarsi la coppa contro Corea, Australia, Iran... «O mia Patria, ho conquistato l'impossibile...», dice l'inno palestinese, e qualcuno un po' ci spera: lo 0- 0 contro la Cina, in novembre, è stato un bel segnale. Qualche chance: una rosa annaffiata da calciatori del campionato svedese, egiziano, polacco, sloveno; un portierone-bandiera di 34 anni, Ramzi Saleh, che è il Buffon di Gaza e una volta non finì allo Sheffield solo perché gli israeliani non gli diedero il visto. E poi la spinta politica: quando la Nazionale scende in campo a Ramallah, in tribuna c'è Abu Mazen o qualche suo ministro; gli infortuni talvolta sono ferite d'arma da fuoco e gli allenamenti, chi li salta, è perché lo bloccano a un check-point. Perfino il simpatizzante Maradona, ogni tanto, mette in giro la voce che gli piacerebbe allenare la squadra dei senzaterra. «La nostra arma è la motivazione d'un momento storico», incoraggia Ashraf Numan, 28 anni, l'uomo gol: «Dobbiamo dare gloria a un popolo sotto occupazione e lo sappiamo: possiamo fare l'impresa anche col Brasile». Quest'estate, i Leoni giocavano durante la guerra: «Ognuno di noi a Gaza aveva un parente. Il pallone ha un altro significato, se pensi a loro». Perché la Fifa, lo impari anche se non giochi, in Palestina si scrive con la minuscola.

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