Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 02/01/2015, a pag. 12, con il titolo "Grazie alla Nigeria il Consiglio di Sicurezza boccia la mozione estremista filopalestinese", il commento di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA, a pag. 15, con il titolo "Onu-Israele: le ragioni della rottura", il commento di Paolo Mastrolilli.
Abu Mazen all'Onu
IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Grazie alla Nigeria il Consiglio di Sicurezza boccia la mozione estremista filopalestinese"
Fiamma Nirenstein
Abu Mazen ha tentato di togliersi lo schiaffo dalla faccia annunciando immediatamente che avrebbe firmato il trattato di Roma per entrare a far parte della Corte Criminale dell'Aja. Pallida vendetta che apre un 2015 infuocato in Medio Oriente. Ma dato che i crimini di guerra dei palestinesi non sono pochi, può diventare anche questa una mossa pericolosa per i palestinesi, proprio come quella che ha concluso così male l'anno appena finito.
Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU infatti, senza nemmeno che gli Stati Uniti dovessero apporre il veto, non hanno regalato ai palestinesi il riconoscimento della mozione presentata dalla Giordania. Abu Mazen non ha ottenuto i nove voti necessari. La sorpresa, per il no, è stata la Nigeria, evidentemente grata a Israele per i consigli e l'aiuto contro l'organizzazione terrorista Boko Haram, un'alleanza che insegna parecchio. La timida Europa si è spaccata, perché la Francia dopo aver finto un atteggiamento di mediazione, ha deciso che comunque le costava poco mantenere il consenso arabo, e ha votato per Abu Mazen anche avendo dichiarata la sua opposizione alla mozione. L'Inghilterra ha seguito il buon senso e gli USA. Sono stati decisivi il voto degli USA e quello dell'Australia vecchi amici di sempre.
E' strano che Abu Mazen si sia affrettato a far votare la mozione nonostante i prossimi Stati in rotazione al Consiglio siano suoi vecchi alleati, il Venezuela e la Malesia. Ma la verità è che si sentito il fiato sul collo da parte di Hamas, sempre più potente, e di altri gruppi di opposizione. Quello che è certo è che la mozione era tanto impresentabile da pensare fosse stata presentata per finta: di fatto, aboliva del tutto il principio della trattativa, decideva i futuri confini dello Stato palestinese, stabilendo che fossero quelli del '67.
Ma persino la risoluzione 242 dell'ONU non prevede che Israele debba lasciare completamente i territori conquistati in una guerra di difesa, e necessari, almeno in parte, alla sicurezza. La mozione poi dice che se in tre anni non saranno raggiunti i risultati desiderati dai palestinesi, compresa Gerusalemme capitale e il diritto al ritorno, questo avverrà automaticamente. Ovvero, Israele non ha nessun diritto, secondo quella mozione, a porre condizioni territoriali che salvaguardino la sua sicurezza specie adesso che Hamas, che ne ha giurato la distruzione, è parte del governo. Insomma questo 2015 del tutto inaspettatamente si apre con la raccomandazione di fidarsi del buon senso della Nigeria per evitare cretinate mondiali.
LA STAMPA - Paolo Mastrolilli: "Onu-Israele: le ragioni della rottura"
Paolo Mastrolilli
Il 29 novembre del 1947 l’Onu adottò la risoluzione 181, nota come la «Partition Resolution», che viene considerata la base della proclamazione dell’indipendenza di Israele nel maggio dell’anno successivo. Ora, fallito il tentativo di far approvare dal Consiglio di Sicurezza il riconoscimento dello Stato palestinese entro il 2017, Abu Mazen ha firmato l’adesione a 22 Statuti e Trattati Onu, incluso quello di Roma sulla Corte Penale Internazionale. Obiettivo: usare la Cpi per accusare Israele di aver commesso crimini di guerra, e tutte le altre strutture del Palazzo di Vetro per metterlo in un angolo. In 67 anni, dunque, l’Organizzazione è passata dal ruolo di levatrice dello Stato ebraico a quello di avvelenatrice. È così vero che i neocon volevano chiuderla sostituirla con l’Alleanza delle Democrazie.
La prima spiegazione di questa evoluzione sta nei numeri. È sempre difficile etichettare un Paese in base alla sua religione, ma è un fatto che la Organisation of Islamic Cooperation ha 57 membri, di cui 56 fanno parte delle Nazioni Unite. Quasi un terzo dell’intera membership, che finisce per riflettersi sulle posizioni contro lo Stato ebraico prese soprattutto dall’Assemblea Generale. Ciò dimostra anche quanto fosse velleitaria l’idea dei neocon, che chiudendo il Palazzo di Vetro avrebbero tolto uno pulpito agli avversari di Israele, ma non avrebbero risolto il problema di fondo del suo accerchiamento. In Consiglio di Sicurezza invece il veto Usa resta l’argine principale, ma in alcuni casi, come è accaduto martedì scorso, Washington è in grado di ottenere dagli alleati abbastanza astensioni per poter evitare l’imbarazzo di usarlo.
I critici accusano Israele di essere stata la ragione della propria caduta di popolarità, a causa delle violenze commesse. Netanyahu risponde che «se c’è qualcuno che deve temere per i crimini di guerra commessi, è l’Autorità palestinese, perché ha un governo di unità nazionale con Hamas, organizzazione terroristica simile allo Stato Islamico, responsabile dell’omicidio di centinaia di civili». Si capisce così perché lo stesso inviato dell’Onu per il Medio Oriente, Robert Serry, avesse detto prima ancora del voto sulla risoluzione che l’azione del Palazzo di Vetro non potrà mai sostituire i negoziati fra le parti nella ricerca di una soluzione condivisa.
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