Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 31/12/2014, a pag. 4, con il titolo "Lo Stato islamico ha messo gli occhi sulla Libia per un Califfato bis", l'analisi di Pio Pompa.
Jihadisti Isis a Derna, Libia
Sembra proprio che la Libia sia divenuta, per lo Stato islamico di Abu Bakr al Baghdadi, il prossimo paese dove replicare il modello di Califfato realizzato in Siria e Iraq. Centinaia di mujaheddin, provenienti da ogni parte del nord Africa, starebbero affluendo verso i confini libici per rafforzare le formazioni jihadiste attestate nel nord e sud della Libia. Da qui la decisione di scegliere la città di Derna, nella regione della Cirenaica, quale quartier generale, in versione Is, della costituenda armata jihadista libica destinata a raggiungere, nei prossimi mesi, quasi 10 mila unità. Non è un caso, dunque, che a Derna sia stata notata la presenza di alcuni tra i più importanti leader, quali Mokhtar Belmokhtar e Iyad Ag Ghali, delle milizie islamiste che da anni seminano il terrore nell’intero Sahel. In questo momento gli emissari di al Baghdadi stanno cercando di sistematizzare l’approvvigionamento di armi e munizioni, ponendo sotto controllo il principale mercato a cielo aperto di armi ubicato nella regione del Fezzan, di risorse finanziarie ricavate dalla vendita del petrolio e dal traffico di droga che nel solo nord Africa vale, al dettaglio, oltre 11 miliardi di dollari.
Completata tale fase il passo successivo sarà quello di compiere raid, veloci ed efficaci, contro caserme dell’esercito e della polizia per impadronirsi di carri armati e veicoli blindati. Raggiunti questi obiettivi sarà cura del quartier generale di Derna veicolare, parte delle armi e delle risorse finanziarie acquisite, verso la formazione terrorista ritenuta da tutti la più potente del continente africano, quella di Boko Haram, tra le prime a giurare fedeltà ad al Baghdadi. Insomma la Libia, nei disegni dell’Is, rappresenta il fulcro dell’espansione in Africa del Califfato come descritto nel suo magazine, Daqib. Tutte le agenzie di intelligence occidentali insistono inutilmente e da tempo, con dettagliati report, sull’avvenuto perfezionamento, in Libia, di una simile progettualità dalle conseguenze di incalcolabile portata qualora dovesse dispiegarsi in ogni suo aspetto.
Come avvenuto per le liceali rapite in Nigeria, di cui non si sa più nulla, anche in questo caso i nostri governi voltano il viso aspettando che nessuno fiati continuando a sperare di distruggere lo Stato islamico nella sua culla in medio oriente. Sennonché, come sta accadendo lì per il Califfato, cresce di giorno in giorno il flusso di mujaheddin verso la poudriér libyenne tra lo sgomento dei paesi ad essa vicini. Lo stesso sgomento con cui il cosiddetto G5 del Sahel, composto da Mali, Ciad, Niger, Mauritania e Burkina Faso, ha lanciato da Nouakchott, in Mauritania, un appello al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il dispiegamento, con l’accordo dell’Unione africana (Ua), “di una forza internazionale in Libia capace di neutralizzare i gruppi armati, sia jihadisti sia di ex ribelli, promuovere la riconciliazione nazionale e la formazione di istituzioni democratiche stabili”.
Una risposta è arrivata domenica, in un’intervista rilasciata al quotidiano Journal du Dimanche, dal ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, che pur riconoscendo come la Libia stia divenendo un “hub terrorista”, non ritiene attuabile un intervento militare in assenza di adeguati sbocchi politici. Poi, quasi a non voler ulteriormente contraddire i paesi francofoni africani, ammette la presenza di esponenti dello Stato islamico in Libia, segnatamente a Derna, come pure che la presenza di un terrorismo militarizzato, “in grado di fare la guerriglia urbana, del terrorismo classico e della guerra convenzionale”, imponga senza alcun dubbio “una risposta militare”. “Purché – hanno commentato le nostre fonti – non si tratti della Libia”.
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