Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/12/2014, a pag. 35, con il titolo "L'incerta riconquista di uno Stato fondato sulla jihad", il commento di Bernardo Valli.
Lo Stato islamico, oltre ad essere una delle espressioni più estreme dell'islamismo, è sorto grazie al vuoto di potere che si è creato in Iraq dopo la fallimentare politica degli ultimi Presidenti Usa, Bush (padre e figlio) e Obama.
Ecco l'articolo:
Bernardo Valli Barack Obama con George W. Bush
Abu Bakr al Baghdadi
La grande offensiva contro lo pseudo Stato islamico dovrebbe scattare nei primi mesi dell’anno. Soprattutto in Iraq.
C’è voluto del tempo e ce ne vuole ancora per rimettere in sesto l’esercito di Bagdad, rivelatosi inefficiente e corrotto di fronte ai primi attacchi dei jihadisti. In autunno Barack Obama ha rimandato nella valle del Tigri e dell’Eufrate tremila militari americani il cui compito deve limitarsi a quello di istruttori e di tecnici. All’organizzazione jihadista viene negato il diritto di chiamarsi “stato islamico“ (Daesh per l’acronimo arabo) dalle cancellerie occidentali ed anche da quelle arabe. È in effetti un abuso storico riprendere il filo di una tradizione che risale al momento della successione di Maometto. Abu Bakr al Baghdadi, attuale capo dell’organizzazione, conta sull’efficacia del richiamo religioso. Nonostante l’uso sfacciato del titolo, la sua organizzazione controlla o esercita ormai una forte influenza su un vasto territorio.
Alcuni lo paragonano per estensione a quello della Gran Bretagna. I jihadisti lasciano la gestione amministrativa alla polizia locale e ai notabili sunniti di sicura fede islamista, mentre le loro truppe (spesso inquadrate da ufficiali dell’ex esercito di Saddam Hussein, un tempo affiliati al laico partito Baas) si muovono lungo i confini dello “Stato”, di cui Mossul in Iraq e Racca in Siria sono le capitali. Le dimensioni dello Stato jihadista sarebbero di 170mila chilometri quadrati in Iraq (vale a dire circa il 40 per cento della superficie nazionale) e di 60 mila in Siria (vale a dire circa il 33 per cento della superficie nazionale). La coalizione anti jihadista di più di venti nazioni occidentali e arabe fornisce un’aviazione, ma non la fanteria necessaria per occupare il territorio. Le sole unità combattenti a terra sono quelle curde e quelle sciite, appoggiate dall’Iran degli ayatollah. Teheran parteciperebbe anche alle incursioni aeree, senza un’intesa ufficiale con gli americani. La grande offensiva dell’esercito iracheno riformato dovrebbe segnare dunque il vero inizio della riconquista. L’esito è tutt’altro che certo.
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