Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 24/12/2014, a pag. 34, con il titolo "La violenza diffusa del terrorismo fai-da-te", l'analisi di Pierluigi Battista; dalla STAMPA, a pag. 15, con il titolo "Io, sei giorni con l'Isis a Mosul: l'Occidente non sa cosa rischia", la cronaca di Tonia Mastrobuoni; dal FOGLIO, a pag. 1, "Andrea's Version" di Andrea Marcenaro.
Violenze di estremisti No Tav in Valle di Susa
Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Pierluigi Battista: "La violenza diffusa del terrorismo fai-da-te"
Pierluigi Battista
La scorciatoia della violenza è facile da imboccare, non è costosa, richiede mezzi rudimentali e «poveri»: perciò è sempre pericolosa, e in questi frangenti della storia ancor di più. Con qualche bottiglia incendiaria piazzata nei punti giusti, si può bloccare o almeno compromettere il transito da Nord a Sud sul percorso dell’Alta velocità. Con armi ridotte all’essenziale, la paura è certa: crea scompiglio, caos, apprensione, senso di insicurezza. Semina terrore, che poi sarebbe l’essenza delle finalità terroristiche anche se la categoria storico-giuridica del «terrorismo» è controversa e un tribunale a Torino ha appena sentenziato che le violenze sistematiche dei No Tav non possono essere sussunte nei canoni dell’organizzazione «terroristica» classica. Però chi lavora nei cantieri blindati della Val di Susa vive nella paura costante degli agguati, le aziende che forniscono materiale di lavoro sono perennemente sotto sorveglianza e sono nel mirino dei violenti persino gli alberghi della zona che ospitano una parte delle forze dell’ordine. La tentazione violenta aumenta dove c’è disagio, rabbia, frustrazione. Durante i pacifici cortei sindacali, gruppetti di violenti allestiscono lo spettacolo della guerriglia con un armamentario poco costoso ma di sicuro impatto mediatico. A Roma, a Tor Sapienza, gruppi neofascisti come CasaPound e Forza nuova, attizzano la disperazione delle periferie abbandonate a se stesse, fanno uso delle tecniche più collaudate dello scontro di piazza, manovrano la collera e la indirizzano verso bersagli facili da colpire.
Cresce la velleità del terrorismo fai-da-te, come si vede dalle indagini abruzzesi. Tutti sintomi di sfiducia nelle regole della battaglia politica democratica. Tutti segni che dimostrano il fascino della violenza. Questo ricorso massiccio alla violenza diffusa, di piccoli gruppi, disseminata a sinistra e a destra, nei luoghi del disagio sociale e sui palcoscenici delle grandi questioni come l’Alta velocità, non può essere sottovalutato e liquidato come un codice di frange lunatiche e iperminoritarie. Minoritarie certamente, ma in grado, come si vede con gli ordigni rudimentali contro l’ossatura del nostro sistema ferroviario, di creare tensione, terrore, allarme sociale. In passato le prime avvisaglie della violenza furono accolte con indifferenza se non addirittura con indulgenza. Oggi, in contesti e motivazioni completamente diverse, la minimizzazione di episodi truci come quelli di Sydney o di Digione è dettata dalla paura ma rischia di non far capire le radici di un nuovo terrorismo pericoloso e fanatico.
In Italia si parla per fortuna di dimensioni diverse, ma oggi ogni indulgenza sarebbe la certificazione dell’impotenza politica della democrazia, e un cedimento verso chi fa della violenza un metodo, e forse una concezione del mondo e della politica. Non ci si deve abituare ai professionisti della guerriglia, a chi grida slogan truculenti nell’ambito delle manifestazioni No Tav che, è bene precisarlo, sono in quanto tali legittime in un sistema democratico. Non è legittima la pratica della violenza. Non ha alcuna giustificazione la tecnica dell’intimidazione fisica, del sabotaggio, dello scontro permanente con la polizia, del mettere a repentaglio la sicurezza di migliaia di cittadini che viaggiano in questi giorni di Natale. La scorciatoia della violenza è facile da praticare. Deve essere un impegno stroncarla prima che faccia troppi danni.
LA STAMPA - Tonia Mastrobuoni: "Io, sei giorni con l'Isis a Mosul: l'Occidente non sa cosa rischia"
Tonia Mastrobuoni Jürgen Todenhofer con terroristi dell'Isis
E' l’unico giornalista occidentale ad aver trascorso dieci giorni - di cui sei a Mosul - nei giganteschi territori, «ormai più grandi del Regno Unito», controllati da Isis tra Iraq e Siria. E dal suo incredibile viaggio ha tratto «sette lezioni» che racconterà nel suo prossimo libro ma che ha anticipato ad alcuni giornali. E la prima, allarmante presa di coscienza dell’inviato di guerra tedesco Juergen Todenhoefer, è che c’è una sottovalutazione «preoccupante» di Isis in Occidente, descritto come uno «tsunami nucleare» che sta pianificando la più grande «pulizia religiosa» della Storia. «Paghiamo il prezzo per l’inconcepibile follia di George W. Bush», sostiene. E «l’Occidente non ha idea dei rischi che affronta».
Alla conquista del mondo
«Come altri Stati totalitari», osserva, il califfato si considera uno Stato a tutti gli effetti, soprattutto nell’ambito della sicurezza, della scuola, dell’assistenza sociale, «anche se molto di ciò che loro considerano tale, è molto lontano dal mio modo di vedere e da quello della cultura occidentale». L’obiettivo, oltre alla pulizia religiosa che risparmierebbe solo ebrei e cristiani e punterebbe «ad assassinare o ridurre in schiavitù sciiti, yazidi, atei e politeisti», è la conquista «prima del Medio Oriente, poi del resto del mondo».
Intanto, nella parte sunnita dell’Iraq, il totalitarismo jihadista viene accettato «senza resistenza», sostiene il reporter, anche ex deputato. A Mosul, ha rivelato Todenhoefer, vivono ormai solo sunniti. Per i jihadisti, anche l’Islam moderato è il nemico: chiunque appoggi la democrazia sarà sterminato. Il giornalista settantaquattrenne, che ha potuto girare per la regione senza essere ucciso grazie ad un salvacondotto del califfato, è convinto che con le bombe non si ottenga nulla. Solo i sunniti moderati potranno salvare l’area già strettamente controllata da Isis, così come avvenne nel 2007, quando riuscirono a cacciarne i predecessori, Isi.
Il «contagio»
Todenhoefer racconta che il radicalismo islamico sta contagiando un numero impressionante di persone: «ci sono un entusiasmo, quasi un’estasi, e una certezza assoluta della vittoria che non ho mai visto fino a ora in zone di guerra». Il giornalista ha raccontato di aver visto in soli due giorni 50 nuovi arrivi, persone «con gli occhi che brillano», provenienti «da ogni angolo del mondo... anche molte persone di successo, molti giovani, dagli Usa, Regno Unito, Svezia, Russia, Francia, Germania, eccetera».
Alla crociata di Isis partecipano non solo i disoccupati o i disadattati, come viene stilizzato spesso dai giornali. Tuttavia per Todenhoefer, che si definisce «un cristiano che ha letto molte volte il Corano, non è comprensibile cosa la dottrina di Isis abbia a che fare con l’Islam misericordioso».
IL FOGLIO - Andrea Marcenaro: "Andrea's Version"
Andrea Marcenaro
L’attacco al commissariato di Joué-les-Tours è stato senza alcun dubbio un atto isolato. Anche per l’auto che ha travolto undici passanti a Digione, si è trattato di un gesto isolato “in nome dei bambini della Palestina”. Ieri l’altro, tredici feriti per un furgoncino di un altro islamista, o islamico, questo non so, scagliato a tutta velocità sul mercatino di Natale nel centro di Nantes. L’attentato isolato di un folle, hanno detto gli investigatori. In Australia, due morti provocati da un tizio isolato, un cane sciolto, che urlava “Allah u akbar”. Due morti in Parlamento, in Canada, fatti da un islamista, o da un islamico, questo francamente non saprei dire, mentre so che era isolato senz’altro. In Belgio, al museo ebraico, i morti furono quattro, e l’attentatore un tipo solitario. Questi non socializzano, l’attentato è isolato. Se poi attentatone sarà il prossimo, pazienza, sarà isolatone.
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