Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/12/2014, a pag. 9, con il titolo "Francia, con l'auto sul merato di Natale: è incubo terrorismo", la cronaca di Paolo Levi; dal GIORNALE, a pag. 12, con il titolo "Hollande finge di non vedere l'attacco jihadista", il commento di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA, a pag. 9, con il titolo "Jihad con ogni arma possibile come gli estremisti palestinesi", l'analisi di Maurizio Molinari; segue un commento di IC su due titoli della Stampa e del Sole 24 Ore.
L'attacco terroristico di ieri a Nantes
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Paolo Levi: "Francia, con l'auto sul merato di Natale: è incubo terrorismo"
Paolo Levi
«Allah Akbar», «Allah è grande». Dopo Digione, Nantes. E la Francia comincia ad avere paura. Ieri c'è stato il secondo attacco in due giorni con auto sui passanti. E tutti e due i conducenti hanno lanciato il grido degli islamisti. Se a Digione, domenica, si era parlato subito di uno «squilibrato» e la polizia ieri ha escluso la pista terroristica, la replica di ieri a Nantes fa scattare l'allarme rosso, tanto che il presidente François Hollande chiede «estrema vigilanza» e il premier Manuel Valls dice che il rischio terrorismo «non è mai stato così alto».
A Nantes, ieri sera, il terrore è arrivato con camioncino bianco, che si è lanciato contro la folla ad un mercatino di Natale. L'assalitore ha poi tentato il suicidio. Primo bilancio: undici feriti, di cui cinque in modo grave. «E un caso isolato, non possiamo parlare di terrorismo», commenta a caldo il procuratore di Nantes. Per il quotidiano, «Ouest-France» - che cita la testimonianza di diversi presenti e di un poliziotto - poco prima di schiantarsi contro il chioschetto del vin brulé, l'uomo avrebbe gridato «Allah Akbar».
Al grido di «Allah è grande»
Appena l'altro ieri, un analogo episodio ha terrorizzato Digione. Un uomo con gravi problemi psicologici, a bordo di una Renault Clio, ha investito tredici passanti (due feriti gravi) in diversi angoli della città, gridando anch'egli «Allah è grande». E sempre lo stesso slogan ha usato il giovane convertito all'Islam che venerdì si è presentato in commissariato a Joué-lès-Tours, nel centro della Francia, accoltellando tre poliziotti. Sul suo profilo Facebook, il ventenne originario del Burundi - poi abbattuto dagli agenti - aveva pubblicato il giorno prima la bandiera dei terroristi dello Stato islamico (Isis). «Serve estrema vigilanza», avverte il presidente Hollande. «Il rischio terrorismo non è mai stato così elevato», aggiunge il premier Valls. Per il suo impegno contro le postazioni dell'Isis in Iraq, la Francia ha già pagato un pesante tributo con l'uccisione di Hervé Gourdel, l'alpinista rapito in Algeria e sgozzato da un gruppo di fondamentalisti affiliati allo Stato islamico. A rendere la République particolarmente esposta, c'è poi la missione anti-jihad in Mali o la legge contro il divieto del burqa. Parigi deve anche fare i conti con un esercito di connazionali, indottrinati sul web, che cedono alle sirene della Guerra Santa. «Abbiamo oltre un migliaio di individui coinvolti dalla jihad in Siria o in Iraq», ha avvertito Valls, invitando «l'intera la società a reagire».
Valls: pericolo mai così alto
Di madre algerina e padre marocchino, l'automobilista folle di Digione ha detto di aver agito per le sofferenze dei bambini palestinesi e ceceni. Ma la procura esclude l'ipotesi di «terrorismo». Il movente dell'Islam radicale sembra invece accertato per l'attacco contro gli agenti a Joué-Lés-Tours. In passato, la madre del ragazzo, originario del Burundi, si rivolse alla polizia per segnalare la radicalizzazione del figlio.
IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Hollande finge di non vedere l'attacco jihadista"
Fiamma Nirenstein François Hollande
Due attentati al grido di Allah hu Akbar, e il secondo anche nel nome dei «bambini palestinesi», forse sono opera di squilibrati come predicano ora le voci politically correct: ma sono balordi che appartengono alla famiglia dello squilibrato di Sydney, dei due matti canadesi, a quel disgustoso universo fantasmatico che ci inonda di stragi di innocenti. In Francia è accaduto in due puntate consecutive, a Digione nella Francia occidentale e ieri a Nantes due episodi identici: un uomo si lancia con l'auto sulla folla urlando il nome di Allah. Domenica a Joue le Tours un convertito all'islam, con bandiera dell'Isis su Facebook, che accoltella i poliziotti. A Digione il pm sostiene che «non è assolutamente un attacco terroristico» quello dell'auto. Ma anche se era stato più di 100 volte all'ospedale psichiatrico, lo squilibrato non si era dimenticato di portarsi dietro tutte le medicine in caso d'arresto. Le Figaro è sicuro che il terrorista avesse un piano, che programmasse di attaccare soldati o poliziotti, e che abbia ripiegato. Mentre la polizia alza il livello di allarme, Hollande invita a non cedere al panico. Ma squilibrati a parte, all'inizio della settimana la polizia ha smantellato 13 cellule di reclutamento dell'Isis. Il numero dei francesi arruolati è raddoppiato nel corso di un anno, arrivando almeno a 1200. La Francia ha la più grande popolazione musulmana d'Europa, 5-6 milioni, e 2.125 luoghi di culto. Questo non è strano o riprovevole. Ma l'incrocio fra questa realtà e un furioso integralismo cinematografico, come ha detto il giornalista Jurgen Todenhofer che ha appena concluso il primo reportage sugli uomini dell'Isis, ci pone «di fronte alla più grande strategia di pulizia religiosa mai vista nella storia» condotta con «un entusiasmo quasi estatico». La Francia ne conosce già svariate espressioni: a maggio un francese di 29 anni, Mehdi Nemmouche, ha ucciso tre persone e ferito gravemente un'altra al museo ebraico di Bruxelles; nel 2013 un soldato francese è stato accoltellato alla Defense, a Parigi, e questo proprio nei giorni in cui veniva aggredito anche un soldato inglese a Londra; l'11 marzo 2012, Mohammed Merah ha prima ucciso tre soldati, e poi ha fatto strage di tre bambini ebrei e di un adulto alla scuola ebraica di Tolosa; nel 2006 veniva ritrovato a Parigi il corpo di Ilan Halimi, un ragazzo ebreo torturato per settimane dalla banda islamista di Youssuf Fofana. Erano dei balordi gli assassini? Si. Erano possibili squilibrati, delinquenti? Anche. È irrilevante il fatto che fossero estremisti islamici? Che fossero eccitati dalla svolta aggressiva? Assolutamente, no.
LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Jihad con ogni arma possibile come gli estremisti palestinesi"
Maurizio Molinari
Con le auto lanciate contro i civili a Digione e Nantes la «Car Intifada» palestinese diventa un modello da imitare nelle strade francesi ed europee. I 13 passanti feriti domenica a Digione e i 10 di ieri nel mercato natalizio di Nantes hanno in comune il fatto di essere stati provocati da vetture ad alta velocità guidate da uomini che gridavano - secondo le testimonianze locali - «Allah hu-Akbar» (Dio è il più grande) in maniera analoga a quanto fatto sabato nel centro di Joué-les-Tours da parte di un immigrato del Burundi convertito all'Islam mentre si lanciava con un coltello contro un agente di polizia.
Trattori, coltelli, asce
Si tratta di una ripetizione del metodo di attacchi contro i civili israeliani che, dalla fine di agosto, hanno visto singoli palestinesi adoperare auto, trattori, coltelli e asce uccidendo otto persone, inclusa una bambina di tre mesi. La dinamica dell'emulazione evoca i «lupi solitari» islamici che si richiamano ai sanguinari mozzateste del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi perché la trasmissione del «metodo» di attacco avviene, anche nel caso della «Car Intifada», attraverso il web ed in particolare i social network. Immagini, volti e motivazioni dei militanti palestinesi autori delle azioni ad alta velocità contro i passanti di Gerusalemme, Gush Etzion e Tel Aviv si sono infatti diffuse rapidamente sul web, offrendo un esempio di attacchi «a bassa intensità» per quei «lupi solitari» europei non ancora intenzionati a seguire il Califfato sul sentieri di crimini più efferati. Se la «Car Intifada» europea è una indubbia novità, si innesca su qualcosa di più consolidato: il contagio di violenza che dal Medio Oriente raggiunge la Francia. Avvenne per la prima volta fra il 2001 e il 2002 quando, in coincidenza con la Seconda Intifada palestinese - quella dei kamikaze contro autobus e ristoranti - le Comunità ebraiche francesi vennero investite di un'ondata senza precedenti di micro-attacchi, contro istituzioni, proprietà e singoli, che innescò l'inizio di una significativa emigrazione ebraica transalpina verso Usa e Israele.
Ebrei in fuga
Anche perché il 13 febbraio 2006 l'uccisione del 24enne Ilan Halimi - sequestrato e torturato per tre settimane - aggiunse choc alla paura collettiva. E in occasione del più recente conflitto estivo a Gaza il contagio si è ripetuto nelle vie di Parigi quando, a metà luglio, alcuni gruppi di estremisti franco-musulmani hanno sfidato il bando delle autorità con azioni di vera e propria guerriglia urbana. Le statistiche rese pubbliche da Parigi su questo tipo di attacchi mettono in luce un dato anagrafico: a commetterli non sono quasi mai immigrati di prima generazione, ovvero arrivati in Francia dal Nordafrica negli Anni Cinquanta e Sessanta, bensì i loro figli, dei convertiti all'Islam oppure degli immigrati arrivati molto di recente da Paesi arabi o africani. Si tratta dunque di un virus del XXI secolo.
Le redazioni di molti quotidiani continuano a parlare degli attentatori islamisti come di "lupi solitari". Questa dicitura è fuorviante perché contiente l'idea di individui isolati e disadattati, perdendo di vista l'indiscutibile ideologia che muove tutti questi attacchi: l'islamismo.
Riportiamo, a titolo di esempio, un titolo della Stampa - "Gli attacchi dei lupi solitari" - e uno del Sole 24 Ore - "Allarme 'lupi solitri', a Nantes 11 feriti".
Una didascalia della Stampa di ieri definiva l'attentatore uno "squilibrato", dicitura riduttiva che non consente di cogliere la reale unità di intenti di soggetti che vanno definiti per quello che sono: terroristi.
Potete leggere la Cartolina di Ugo Volli di oggi su questo argomento: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=56503
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