Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - ROMA di oggi, 05/12/2014, a pag. 14, con il titolo "Ricostruzione in 3D per scoprire com'era in Ghetto", l'articolo di Paolo Brogi.
Paolo Brogi
Il Ghetto di Roma
L'edificio delle Cinque Scole non c'è più, è stato abbattuto. Ma sul tavolo del Museo ebraico grazie ai miracoli della terza dimensione e delle ricostruzioni documentate a colpi di 3D, rieccolo lì. Nelle sale del Museo della comunità ebraica, sotto la Sinagoga, per la prima volta è ora possibile rivivere l'antico Ghetto di Roma prima di sventramenti e demolizioni che hanno ridisegnato l'intera area. Il Presidente Riccardo Pacifici e il Rabbino Capo di Roma, Ric-cado Di Segni, insieme con la Direttrice del Museo, Alessandra Di Castro, hanno inaugurato il tavolo interattivo su cui è possibile proiettare la ricostruzione tridimensionale del Ghetto.
La riproduzione è avvenuta sulla base di fonti documentarie e iconografiche: acquarelli, dipinti, incisioni, fotografie d'epoca e documenti catastali e urbanistici. Il risultato? Torna un luogo che non esiste più con le sue stradine strette strette oggi sostituite dai grandi sventramenti con cui negli anni '80 dell'800 furono create via del Portico d'Ottavia, via Catalana, via del Tempio. Lo sventramento del 1888 portò alla formazione di quattro nuovi isolati. In precedenza con la costruzione dei Muraglioni sul Tevere era stato sottratto agli ebrei romani l'abbraccio diretto quanto pericoloso col fiume di Roma. Via della Reginella è uno dei pochi angoli del Ghetto in cui ancor oggi si vive la dimensione angusta che dominava tutta l'area con stretti sentieri sotto palazzi alti cinque o sei piani.
Il Ghetto di Roma
A tener banco erano piccole casupole, frutto anche di quella bolla di Papa Carafa che istituendo il Ghetto nel 1555 aveva decretato che gli ebrei non possedessero immobili. Già, il 12 luglio del 1555 il papa Paolo IV, al secolo Giovanni Pietro Carafa, con la bolla «Cum nimis absurdum» aveva spazzato via tutti i diritti concessi agli ebrei romani e aveva ordinato la creazione del ghetto, «serraglio degli ebrei», un luogo chiuso da muri e dotato di porte (due all'inizio, otto alla fine) che venivano sbarrate a sera e riaperte all'alba. La bolla papale richiama da vicino le leggi razziali del fascismo: oltre all'obbligo di risiedere all'interno del ghetto, gli ebrei, come prescritto dal paragrafo tre, dovevano munirsi di un berretto di color glauco mentre le donne dovevano esibire qualcosa dello stesso colore. Agli ebrei veniva proibito poi di esercitare qualunque commercio ad eccezione di quello degli stracci e dei vestiti usati. La proibizione al possesso dei beni immobili da parte degli occupanti diminuì la cura per gli immobili stessi. Per questo motivo le case del ghetto erano malmesse.
Nella ricostruzione in 3D si intravedono allora i segni che le piene del Tevere lasciavano sulle case «giudie». Poiché il ghetto era a ridosso del Tevere, a causa del fango, le facciate degli edifici assumevano una colorazione a livelli che corrispondeva alla cronologia delle ultime piene. Un viaggio nel tempo dunque, prima dell'arrivo liberatorio dei francesi nella Roma del 1798 e poi dei repubblicani romani del '49 con l'apertura del Ghetto completata poi nel 1870. Ma prima soprattutto di quel 1888 che vide col nuovo piano regolare scomparire buona parte delle antiche stradine e dei vecchi edifici del ghetto, malsani e privi di servizi igienici, demoliti per fare posto ai nuovi stradoni. C'era una volta via della Pescheria, sostituita da via del Portico d'Ottavia, e per rivederla bisogna assistere ai prodigi in 3d conservati al Museo Ebraico.
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