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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.12.2014 Menzogna omissiva sulle pagine del Corriere
Segue l'articolo di Luca Molinari sul Bauhaus di Munio Weinraub

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 dicembre 2014
Pagina: 46
Autore: la redazione - Luca Molinari
Titolo: «Weinraub, la lingua architettonica dal Bauhaus al sogno di Israele»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA, a pag. 46, due brevi redazionali che vorrebbero sintetizzare altrettante tappe fondamentali nella storia di Israele. I redazionali accompagnano un articolo di Viviana Mazza sulla mostra dedicata a Amos Gitai in allestimento a Palazzo Reale di Milano.
Un articolo che non riprendiamo, non giudicando rilevante il personaggio Amos Gitai, nè come scrittore-noiosissimo- nè come regista, meno che mai come regista.
A pag. 47, con il titolo "Weinraub, la lingua architettonica dal Bauhaus al sogno di Israele", pubblichiamo il pezzo di Luca Molinari su Munio Weinraub, padre di Amos Gitai e architetto Bahuaus, il cui lavoro sarà anche esposto nella mostra a Palazzo Reale.


Un esempio di architettura Bauhaus a Tel Aviv

Ecco gli articoli:

Redazionali: le tappe della storia di Israele.

I due brevi pezzi sono caratterizzati dalla menzogna omissiva. Non vengono specificate le cause dei conflitti, scatenati dall'aggressione dei Paesi arabi, intenzionati a cancellare Israele dalla carta del Medio Oriente. 
Israele in entrambi i conflitti si è difesa con successo, e soltanto in questo modo è riuscita a sopravvivere e a evitare una seconda Shoah.
Invitiamo i lettori a scrivere e telefonare alla redazione del Corriere della Sera, utilizzando l'indirizzo e il numero di telefono indicati in fondo a questa pagina.

1948 II 14 maggio David Ben Gurion proclama la nascita dello Stato di Israele, dando seguito alla risoluzione dell'Onu dell'anno prima che prevedeva la divisione della Palestina in uno Stato ebraico e in uno arabo.

Menzogna omissiva: non vien scritto che furono gli arabi a rifiutare la partizione Onu.

1973 Dal 6 al 25 ottobre si combatte la Guerra del Kippur tra Israele e una coalizione siroegiziana che tentò di riconquistare i territori occupati da Israele con la Guerra dei Sei Giorni (1966). II cessate il fuoco venne imposto dall'Onu.

Altra menzogna omissiva: la guerra del Kippur venne scatenata per distruggere Israele, non per riavere dei territori contesi.


Luca Molinari: "Weinraub, la lingua architettonica dal Bauhaus al sogno di Israele"


Un esempio dell'opera di Munio Weinraub    Munio Weinraub

La vicenda artistica e professionale di Munio Weinraub, padre di Amos Gitai che gli dedica una parte della mostra di Palazzo Reale, può essere letta oggi come una delle storie più rappresentative della ricerca ossessiva e silenziosa di un'idea di architettura nazionale che concretizzasse perfettamente l'ideale politico e sociale dello Stato d'Israele. Noto come uno dei sette architetti israeliani che ebbero la fortuna di studiare e seguire il Bauhaus, Weinraub frequenta una serie di corsi fondamentali con Gropius, Kandinsky e soprattutto Mies van der Rohe negli ultimi anni di storia dell'istituzione scolastica che maggiormente ha plasmato un'idea di educazione alla nuova cultura del Movimento Moderno.

Il giovane autore frequenta due semestri a Dessau, dove la scuola aveva la sua sede, ma senza la possibilità di completare gli studi per difficoltà economiche, anche se questa esperienza risulterà decisiva nella sua successiva visione culturale e artistica. In seguito Mies van der Rohe lo chiama a Berlino dove avrà modo di seguire il cantiere di alcune delle opere residenziali realizzate durante il Deutsche Bauausstellung del 1931.

Arrestato nel 1933 per attività anti-tedesca a causa del suo appoggio al Partito Comunista, Weinraub si trasferisce in Palestina dove apre un suo studio che sarà attivo fino al 1970, anno della sua scomparsa. Soprattutto nei primi anni di attività il lavoro di Weinraub è da collocarsi in prossimità con una delle esperienze più interessanti della storia Movimento Moderno come la costruzione di Tel Aviv. In questa fase storica la Palestina era sotto il Mandato Britannico e il governo inglese aveva affidato nel 1925 a Sir Patrick Geddes, uno degli urbanisti più interessanti e innovativi della cultura modernista europea, il piano di espansione della città che diventa, tra la seconda metà degli anni Trenta e gli anni Cinquanta, un sorprendente laboratorio dell'architettura moderna influenzata dall'esperienza del Bauhaus. E questo grazie alle decine di architetti ebrei tedeschi costretti a lasciare il Paese natale a causa del nazismo. La «White City» di Tel Aviv diventa così il primo luogo in cui le ricerche di autori come Erich Mendelsohn, Richard Kauffmann e Arie Sharon generarono una fruttuosa relazione tra la cultura moderna tedesca e il contesto mediorientale, dando forma a una delle prime esperienze tipologiche e linguistiche consistenti nella storia d'Israele.

Ma volendo cercare di andare oltre l'abbacinante, elegante biancore di queste architetture, credo che probabilmente uno dei contributi più profondi della Bauhaus, che puntava a una relazione assoluta tra verità delle materie utilizzate, funzione e forma progettata, stia soprattutto in tutta quella lunga serie di architetture collettive che vengono progettate da questa prima generazione di architetti «locali» tra gli anni 50 e 70. La costruzione di edifici pubblici, case collettive e, soprattutto, dei primi kibbutz è il banco di prova di una nascente cultura architettonica che incrocia gli insegnamenti del Funzionalismo con una visione autarchica e profondamente socialista della prima fase della nascita di Israele. Opere come quelle di Amos Weinraub, caratterizzate dall'uso di pochi materiali locali integrati con il cemento armato, da un richiamo chiaro alla lezione del Movimento Moderno e da una forma di severità linguistica e distributiva chiara e, insieme, poetica, rappresentano molto bene la dimensione eroica di una comunità che si riconosce nei suoi spazi e in una precisa missione politica. Il progetto per il memoriale per l'Olocausto dello Yad Vashem, tra le ultime opere dell'architetto israeliano, diventa una testimonianza di questa visione in cui forma del paesaggio, materia e simboli si fanno corpo dell'architettura e suo messaggio per il futuro.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante 


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