mercoledi` 20 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
30.11.2014 Mubarak prosciolto, ma la Primavera l'hanno uccisa i Fratelli Musulmani
Servizi di Maurizio Molinari, Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 30 novembre 2014
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari-Francesca Paci
Titolo: «Mubarak prosciolto, fine della Primavera-La dittatura è tornata, ma unirsi agli islamisti sarebbe ancora peggio»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/11/2014, a pag. 1-17, due servizi sul proscioglimento di Hosni Mubarak di Maurizio Molinari e Francesca Paci.

Maurizio Molinari: " Mubarak prosciolto, fine della Primavera "


Maurizio Molinari


Mubarak al tempo del processo

Non colpevoli, non dovevano essere processati»: leggendo questo verdetto nei confronti di Hosni Mubarak, del suo ex ministro dell'Interno Habib El-Adly e dei suoi ex collaboratori, inclusi i figli Alaa e Gamal, il giudice cairota Mahmoud Kamel al-Rashidi sancisce la sconfitta del movimento di rivolta che rovesciò il raiss nel 2011 e suggella la stagione della controrivoluzione del presidente Abdel Fattah al Sisi. Detenuto dall'aprile del 2011, Mubarak era sotto processo con gli altri imputati per l'uccisione di 239 dei quasi 900 dimostranti caduti sotto i colpi dei militari nei 18 giorni di rivolta. Condannato all'ergastolo nel 2012 con una sentenza poi annullata, ora Mubarak viene assolto da un verdetto di 1340 pagine perché il tribunale del Quinto Distretto, riunito nell'Accademia di polizia, ritiene che «le prove non sono sufficienti», aggiungendo che «sarà giudicato dalla Storia e da Dio». Mubarak, 86 anni, i figli e l'imprenditore Hussein Salem sono assolti anche dalle accuse di «corruzione» nella vendita di gas naturale ad Israele. Le grida di gioia dei sostenitori dell'ex Raiss nell'aula, i sorrisi di Mubarak e degli altri imputati riassumono il significato di un'assoluzione che sancisce il capovolgimento politico rispetto alla rivoluzione del 2011: il Presidente autoritario deposto viene di fatto riabilitato mentre nelle prigioni egiziane vi sono migliaia di suoi oppositori. Mubarak e i figli non tornano subito in libertà perché devono finire di scontare tre anni di detenzione per corruzione e manomissione del bilancio, ma la scelta dell'esercito di schierarsi con cinquemila uomini nel centro della capitale - inclusa Piazza Tahrir - svela la consapevolezza della svolta e il timore di proteste. Il commento dell'ex Faraone è lapidario: «Non ho fatto nulla di male. Ma se i suoi sostenitori ritmano il canto «Dite la verità, non abbiate paura, Mubarak è innocente» i parenti delle vittime della rivoluzione si rispecchiano nel commento di Mostafa Morsi: «Mio figlio è morto invano». L'avvocato dei parenti Ahmed Abed Aljuwad prevede «conseguenze negative perché non ci sono responsabili per le 239 vittime». Hala Shukrallah, leader del partito della Costituzione all'opposizione, parla di un «vecchio ordine che torna in sella, la nostra rivoluzione cancellata e l'Egitto rispedito nel passato». E un'opinione che coincide con la rabbia di Amr Darrag, volto di spicco dei Fratelli Musulmani ed ex ministro del presidente Mohammed Morsi rovesciato nel 2013: «Nessun processo può svolgersi regolarmente sotto questo regime». La reazione dei sostenitori di Al Sisi è di non dare eccessivo valore alla sentenza. «Gli egiziani sono più preoccupati del futuro anziché del passato» afferma Salah Hasaballah, vicepresidente del partito della Conferenza pro-Al Sisi, aggiungendo: «Mubarak ha dato molto all'Egitto ma, dopo due rivoluzioni e un nuovo Presidente, guardiamo avanti». E un basso profilo che descrive la controrivoluzione egiziana. Al Sisi si è circondato di ex ministri e collaboratori di Mubarak, è protagonista dello stesso pugno di ferro contro i Fratelli Musulmani del predecessore, ha progetti economici faraonici - dalle città nel deserto al raddoppio del Canale di Suez - ed è affiancato da tribunali speciali mai così attivi, presentando il tutto come «la costruzione di un futuro migliore». L'intento è rigenerare il vecchio sistema di potere per fare dell'Egitto un argine contro i movimenti islamici nel mondo arabo, per riportare stabilità nell'intera regione. Per questo l'ex presidente Morsi, incarcerato per tradimento, rischia una sentenza assai diversa da Mubarak. Come spiega un generale che fu compagno di accademia di Al Sisi: «Ciò che lo distingue è la convinzione che i soldati sono migliori musulmani degli imam».

Francesca Paci: " La dittatura è tornata, ma unirsi agli islamisti sarebbe ancora peggio "

 
Francesca Paci            Alfred Raouf

Come si sente un egiziano di 37 anni che pur lavorando alla grande nel business non ha mancato una delle tappe rivoluzionarie segnate al Cairo dal 2011 a oggi? Alfred Raouf ricorda periodi migliori: era a Tahrir nei 18 giorni che liquidarono Mubarak, al palazzo presidenziale di Heliopolis a fine 2012 contro il giogo dei Fratelli Musulmani, alla testa di uno dei cortei oceanici del 30 giugno 2013 sfociati nella cacciata di Morsi e ancora in piazza, nei mesi scorsi, per la libertà degli attivisti arrestati nel frattempo dal neo regime. Il proscioglimento di Mubarak vi riporta al 2010?
«La dittatura era già ricomparsa. Il verdetto non è un indicatore del ritorno al passato, non più dell’arresto degli attivisti e del controllo totale riaffermato dal regime su giornali e tv. Oggi qui ti puoi esprimere liberamente solo online».
Col senno di poi, la deposizione di Morsi è stata un golpe?
«Per me no, in strada eravamo milioni. Potendo cambiare eviterei gli errori che hanno ridotto gli attivisti all’afasia, non abbiamo saputo gestire il post 25 gennaio 2011 né il post 3 luglio 2013. Ma tornerei in piazza contro Mubarak e contro Morsi».
Se Mubarak è innocente chi è colpevole, la rivoluzione?
«Con Mubarak sono stati prosciolti il ministro dell’interno e i suoi assistenti. Chi ha ucciso allora i dimostranti? Abbiamo 2,5 megabite di video in cui la polizia spara. Il punto è un altro. Molti dei ragazzi di Tahrir che ora tifano Sisi sono furiosi: questo verdetto indigna tutti. C’è chi ipotizza che pure il governo mugugni e che i giudici, vero organo dell’ancien regime, agiscano di testa propria. Mah. Di certo oggi il paese è meno stabile».
Sei andato aTahrir ieri?
«Perchè, dovevo? C’era poca gente, urlare a vuoto è inutile».
Vedremo un’altra rivoluzione?
«C’è fuoco sotto la cenere. Nessuno è contento. La politica va male e l’economia peggio. Credo però che una seconda rivoluzione sarebbe un disastro, noi attivisti non siamo pronti, il paese finirebbe in una situazione libica. Non voglio questo regime ma temo che se Sisi fallisce nel risanare l’economia lo Stato Islamico dilagherà ovunque».
Il Califfato è frutto del 2011?
«Il virus era già lì e dovremmo farci i conti comunque. Per questo dico che oggi gli islamisti trovano un freno in Egitto e in Libia: se si sentissero vincenti anche qui dilagherebbero».
Alle strette,meglio il fascismo militare di quello religioso?
«Con i Fratelli Musulmani non sarebbe solo fascismo religioso ma militar-religioso, tipo Sudan. Hanno provato a controllare polizia, giudici, servizi».
Invidioso della Tunisia?
«Temo che sia pur meno palesemente anche loro siano intrappolati nella dialettica bloccata vecchio regime/islamisti. Alla fine è tra questi due poli che votano il presidente. Hanno una buona Costituzione ma anche noi, tranne i tribunali militari. Il problema è applicarla».
La rivoluzione è fallita?
«Abbiamo fallito nel rimuovere il regime profondo limitandoci a scalfirne la patina. Ma le rivoluzioni impiegano tempo, guardate quella arancione in Ucraina. Dubito che staremo meglio tra un anno, magari tra 5 sì. Oggi i Fratelli Musulmani tornano a chiederci di unire le forze, io dico mai: a meno che non ammettano di averci ingannato e chiariscano che Stato vorrebbero se il regime cadesse di nuovo»

Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT