Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/11/2014, a pag. 16, con il titolo "Istanbul, fra gli ultimi cristiani che aspettano Papa Francesco", l'analisi di Marta Ottaviani.
Marta Ottaviani Papa Francesco
L'islamismo divora la Turchia laica di Atatürk
Una piccola città nella città, ma dedicata a lui. Istanbul si prepara ad accogliere oggi Papa Francesco con i suoi ritmi frenetici, il suo traffico ingestibile e un vento freddo che viene da Mar Nero. Ma nella comunità cattolica, che conta circa 20mila persone, le ultime ore prima dell’arrivo di Bergoglio sono all’insegna degli ultimi, frenetici preparativi. L’arrivo del Pontefice è vissuto in modo discreto, ma l’emozione non manca.
Il punto di ritrovo è la Cattedrale di Santo Spirito. Appena si entra nel cortile si viene investiti da addetti della Nunziatura Apostolica che corrono da una parte all’altra, telefoni che suonano, spedizionieri che arrivano e una sola espressione che regna sovrana: siamo in ritardo. Andres fa parte della comunità spagnola. È a lui che in questo momento è assegnata la funzione più importante: quella logistica. E se gli si vuole parlare, bisogna seguirlo da un capo all’altro dell’edificio, fargli domande mentre istruisce ordini e, nell’evenienza, anche aiutare a spostare un confessionale.
«Dobbiamo fare del nostro meglio – spiega Andres -. La chiesa è piccola potrebbe contenere al massimo 300 persone, le richieste arrivate sono oltre 1400. Come faccio a farcele stare tutte?». Battaglia persa in partenza. «Lavoriamo alla visita da settimane siamo decine di persone divise in vari gruppi: sicurezza, pulizia, musica, logistica».
A proposito di musica, la palma del più emozionato spetta sicuramente a Padre Giuseppe. Sarà lui ad accompagnare all’organo la messa del Papa e al pensiero non sta nella pelle. «Provo ininterrottamente da giorni – spiega-. Ho perso peso e mi è persino scesa la glicemia da quando mi hanno detto che avrei accompagnato la celebrazione del Papa con l’organo. È un’emozione inspiegabile».
Su tanto fermento veglia Monsignor Louis Pelatre, Vicario Apostolico di Istanbul: «La visita del Papa è un momento di grande gioia e speranza. La visita di quest’anno assume un significato particolare perché avviene nell’anniversario dei 50 anni dall’incontro di Paolo VI con il Patriarca Athenagora, che sancì la ripresa del dialogo interreligioso fra cattolici e ortodossi. Certo rimane aperta la questione del mancato riconoscimento giuridico dei cattolici».
Una libertà di culto a cui corrisponde un divieto assoluto di proselitismo. La possibilità di praticare il proprio credo, cercando di non dare troppo nell’occhio all’esterno. Ma alla Chiesa di Sant’Antonio da Padova, sulla centralissima Istiklal Caddesi, basta varcare il cancello per venire catapultati in un’atmosfera di euforia e festa. Un poster raffigurante Papa Francesco con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e la scritta «Hosgeldiniz» (benvenuto) accoglie i visitatori. L’unico segno tangibile dell’arrivo del Pontefice in tutta Istanbul.
«Certo che potevano farla qui la messa – si lamentano Meyrem e Laure, rispettivamente turca e francese – così almeno lo vedevamo tutti. La chiesa è più grande ma ci hanno detto che è anche più esposta e quindi il Papa sarebbe più difficile da proteggere».
Ad aspettare Francesco, ci sono
anche tre ragazzi cristiani caldei che arrivano da Baghdad. L’oratorio Don Bosco di Istanbul si sta prendendo cura di loro. «Sono arrivato qui quattro mesi fa – spiega Marsel – con la mia famiglia abbiamo deciso di scappare perché ormai la situazione era diventata insostenibile e come cristiani rischiavamo la vita». Storie da una Istanbul sempre più cosmopolita, ma dove la comunità cattolica sta lentamente perdendo la sua identità originaria e dove la tradizione delle grandi famiglie levantine sta svanendo, lasciando il posto nuovi cattolici che si trasferiscono in Turchia, soprattutto filippini e nigeriani e da quelli di passaggio, che non bastano però a perpetuare una presenza millenaria.
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