Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/11/2014, a pag. 25, con il titolo "Iran e dialogo sul nucleare: il rischio di cattive intese", il commento di Franco Venturini.
L'articolo di Franco Venturini corrisponde alla situazione reale, ma perché tifare per una intesa dell'Occidente, e degli Usa in particolare, con l'oppressivo e sanguinario regime che soggioga l'Iran da 35 anni e minaccia di distruzione Israele? La soluzione è semmai aumentare le sanzioni, che finora hanno funzionato.
Franco Venturini
"Questo dovrebbe soddisfare la nostra necessità di energia nucleare"
La corsa contro il tempo per concludere un accordo sul nucleare iraniano è diventata ieri ufficiale: l'americano Kerry, l'iraniano Zarif e l'inviata europea Ashton (che in questa trattativa non è stata sostituita dalla Mogherini) si sono incontrati in Oman per provare a a rispondere, in un formato inedito che non mancherà di dispiacere a Parigi, a una non semplice domanda: basta la comune volontà politica per raggiungere una intesa globale entro il 24 novembre? Due settimane per cancellare dieci anni di sospetti sono poche. Sono stati fatti molti progressi, Washington e Teheran dialogano e la lettera di Obama ne è l'ennesima prova, esistono interessi comuni (l'eliminazione delle sanzioni per l'Iran, un appoggio nella guerra all'Isis per l'Occidente), e tuttavia restano almeno tre ostacoli: la durata di un eventuale accordo e delle relative ispezioni, il ritmo del ritiro delle sanzioni e soprattutto il numero e il modello delle centrifughe per arricchire l'uranio che Teheran conserverebbe. Quest'ultimo è un dato decisivo, perché misura il tempo di cui l'Iran avrebbe bisogno per violare un accordo e «fabbricare la bomba»: tempi lunghi con poche centrifughe, tempi brevi con molte. Non a caso ieri il premier israeliano Netanyahu ha ribadito che «non accetterà un Iran dotato di capacità nucleare», laddove «capacità» significa tempi brevi.
E poi ci sono i fronti interni. In Iran i conservatori sono contro il tentativo di Rouhani, e la Guida suprema Ali Khamenei è da sempre ambiguo. Negli Stati Uniti è di questi giorni la conquista del Senato da parte dei Repubblicani. Se l'accordo non ci fosse, o fosse ritenuto insoddisfacente, il Congresso Usa potrebbe varare nuove sanzioni contro Teheran facendo saltare l'intero esercizio (anche se Obama avrebbe un potere di veto). L'Occidente deve certamente tifare per una intesa. Ma non per una intesa qualsiasi o con margini di pericolosità. In tal caso sarebbe meglio ricorrere all'antico strumento del prolungamento della scadenza.
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