Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 109/11/2014, a pag.15, con il titolo " Riconoscere lo Stato di Palestina ? Non aiuta la pace ", l'intervista di Paolo Valentino a Naor Gilon, Ambasciatore di Israele in Italia.
Paolo Valentino Naor Gilon
«Riconoscere oggi lo Stato di Palestina senza chiedere nulla in cambio non aiuta la pace, al contrario la allontana. Perché non riporterà i palestinesi al tavolo negoziale, visto che ottengono in anticipo quello che vogliono, e inoltre alimenterà la delusione del popolo palestinese, perché la loro vita quotidiana non cambierà in ragione di questo».
Naor Gilon è l'ambasciatore israeliano in Italia: La dinamica politica innescata in Europa dal riconoscimento della Palestina da parte del governo svedese e dal voto con cui il Parlamento di Londra ha invitato Downing Street a fare altrettanto, preoccupa il governo di Gerusalemme, contrario a ogni «ricompensa preventiva» per Abu Mazen e l'Autorità palestinese.
La presentazione di tre mozioni per il riconoscimento alla Camera e al Senato ha confermato che il tema è entrato nell'agenda politica italiana.
«I fatti degli ultimi sei anni — spiega Gilon — dimostrano che la scelta fatta dall'Europa, di dare ai palestinesi una sorta di premio anticipato, non ha funzionato. Furono indicati dall'inizio obiettivi finali, che avrebbero dovuto essere invece frutto di negoziato, come i confini del 1967 e lo Stato palestinese.
Da ultimo, due anni fa, gli europei, compreso il governo italiano, votarono per dare all'Autorità palestinese lo status di osservatore all'Onu. Ma questi incentivi non hanno riportato Abu Mazen alla trattativa».
Forse, facciamo presente all'ambasciatore, anche gli insediamenti israeliani nei territori occupati non hanno spinto il leader palestinese a un atteggiamento più morbido. Israele ha continuato a farli, ben sapendo che questi creano situazioni di fatto destinate a complicare ogni accordo sui confini, per esempio. «Rispetto il suo punto di vista sugli insediamenti, anche se non lo condivido. Ma noi abbiamo dimostrato in passato che quando c'è da lasciare un insediamento in nome di un'intesa per la pace, lo abbiamo fatto. Vale per tutti il ritiro unilaterale da quelli di Gaza. Ma gli insediamenti non c'entrano con il riconoscimento della Palestina».
Perché secondo lei la Svezia si è decisa a questo passo? «Lo trovo un po' strano. Nella prima settimana del nuovo governo, mentre il Medio Oriente esplode dalla Siria alla Libia e migliaia di persone muoiono, il tema numero uno per Stoccolma è stato il riconoscimento dello Stato palestinese. Non vedo alcun altro Paese seguirli. Quello che fanno i Parlamenti, come quello inglese e forse quello italiano è un'altra cosa». Per Gilon, si tratta di un nuovo «tentativo dei palestinesi di ottenere, attraverso i loro amici, riconoscimento internazionale del loro Stato».
Ma «dal punto di vista del diritto internazionale, uno Stato per essere accettato deve avere il controllo effettivo del suo territorio. A Gaza non è così».
E all'obiezione che Abu Mazen sia l'unico interlocutore ragionevole che Israele possa trovare e che se vuole la pace, non dovrebbe delegittimarlo, Gilon ribatte che «la ragionevolezza non basta a fame un partner per la pace, se continua a rifiutarsi ogni assunzione di responsabilità».
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