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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.11.2014 Sergio Romano come gli orologi guasti: 2 volte al giorno dice l'ora giusta
Il movimento sionista e la nascita di Israele

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 novembre 2014
Pagina: 57
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Il movimento sionista e la nascita di Israele»

Sergio Romano - l'abbiamo già scritto altre volte - è come un orologio guasto, due volte al giorno dice l'ora giusta. Succede anche oggi, 08/11/2014, nella risposta che dà a un lettore, sul CORRIERE della SERA.
Qualche rilievo lo meriterebbe il ritratto che fa di Chaim Weizmann,  ma per oggi non inferiamo.

Zeev Jabotinsky  Chaim Weizmann

Ecco la lettera, con la risposta di Romano:

Nel maggio del 1916 gli inglesi e i francesi, con gli accordi Sykes-Picot, oltre a delineare i1 destino dell'impero ottomano, favorirono la nascita della prima repubblica armena. Come per qualsiasi minoranza etnica soggetta a persecuzioni, una repubblica indipendente rappresentava per gli armeni la conclusione di un lungo periodo di sofferenze ed esodi forzosi. L'intendimento di procedere nella stessa direzione anche nei confronti del popolo ebraico era stato ben esplicitato con la Dichiarazione Balfour del 1917, presupposto dei passaggi che avrebbero condotto alla proclamazione dello Stato di Israele nel 1948. Per quali ragioni le Potenze vincitrici non hanno proposto la formazione di uno Stato ebraico al termine del conflitto mondiale, in un contesto caratterizzato da condizioni più favorevoli e più gestibili per l'accettazione del mondo arabo?

Ferdinando Fedi
ferdinando.fedi@alice.it

Sergio Romano

Caro Fedi, 
Non tutti gli ebrei, durante la Grande guerra, desideravano l'immediata creazione di uno Stato ebraico. I principali esponenti della corrente maggioritaria del Movimento sionista (fra cui Chaim Weizmann, l'uomo che riuscì a ottenere dal governo britannico la Dichiarazione di Balfour) pensavano che il primo obiettivo da raggiungere fosse la creazione in Palestina di una società ebraica composta da collettivi d'ispirazione socialista. Prima dello Stato bisognava formare i cittadini, trasformare in agricoltori gli artigiani, i commercianti di abiti e tessuti, i locandieri e i banchieri di villaggio che avevano popolato gli Shtetl dell'Europa centro-orientale. Una delle ragioni per cui Weizmann chiedeva agli inglesi la promessa di un focolaio ebraico era inoltre il tentativo d'indirizzare verso la Palestina, anziché verso le grandi città dell'Europa occidentale, le grandi masse di profughi ebrei provenienti dall'Est. Weizmann sapeva che l'apparizione degli Ost-Juden (ebrei orientali) a Vienna e a Berlino, dopo i pogrom zaristi tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, aveva contribuito alla diffusione del pregiudizio antisemita. II fautore di un immediato Stato ebraico era un altro esponente del movimento sionista, Ze'ev Jabotinskij, un intellettuale armato, geniale, poliglotta (parlava bene l'italiano), pronto all'inevitabile scontro con le popolazioni arabe, creatore di una milizia che qualcuno definì d'ispirazione fascista. Ma Jabotinskij non piaceva né agli inglesi né alla componente laburista del Sionismo. Esiste poi un'altra ragione, caro Fedi, per cui l'immediata creazione di uno Stato ebraico, dopo la fine della Grande guerra, era impossibile. La Gran Bretagna aveva promesso un focolare agli ebrei, ma aveva anche promesso allo sceriffo hascemita della Mecca che le nazioni arabe, se fossero insorte contro l'Impero Ottomano, avrebbero avuto l'indipendenza. Nacquero così, dopo la fine del conflitto, il Regno di Transgiordania, il Regno dell'Iraq, la Repubblica libanese e la Repubblica siriana. La Palestina apparteneva storicamente alla Grande Siria, ma la Gran Bretagna, per non fare una scomoda scelta tra ebrei e arabi, ottenne che venisse affidata alla sua amministrazione: una decisione che procurò al Regno Unito molti grattacapi sino alla proclamazione dello Stato ebraico nel 1948.

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lettere@corriere.it

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