mercoledi` 20 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
06.11.2014 Gerusalemme, un altro attentato di Hamas: è l'intifada delle auto
Cronaca e commento di Maurizio Molinari, l'opinione di Naor Gilon, ambasciatore d'Israele in Italia

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Gerusalemme, il terrore arriva con l'auto - I sassi e gli attacchi a Gerusalemme»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/11/2014, a pag. 12, con il titolo "Gerusalemme, il terrore arriva con l'auto", cronaca e commento di Maurizio Molinari; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "I sassi e gli attacchi a Gerusalemme".

A destra: dopo l'attacco terroristico di ieri a Gerusalemme

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Gerusalemme, il terrore arriva con l'auto"

Maurizio Molinari        Abu Mazen

Due attentati contro i pedoni a Gerusalemme e Gush Etzion spingono Hamas a chiamare tutti i palestinesi a una «terza Intifada» mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu accusa Abu Mazen di «incitare all’odio contro gli ebrei». Il primo attacco avviene con un pulmino, che investe due gruppi di pedoni nei pressi della sede della Guardia di Frontiera, uccidendo un militare israeliano di origine drusa e ferendo 18 persone. L’attentatore è il palestinese Ibrahim Akari, fratello di Musa Akari, membro di Hamas condannato per terrorismo e liberato da Israele nel 2011 nell’ambito dello scambio per riottenere il soldato Gilad Shalit. Dopo essersi gettato con il pulmino contro i pedoni, Akari scende dalla vettura e, con un’asta di metallo tenta di colpire altre persone prima di essere abbattuto dalla polizia.
Il plauso di Hamas per l’attacco è immediato. È il portavoce Sami Abu Zuhri che, dalla Striscia di Gaza, parla di «reazione naturale ai crimini di Israele che sta violando la legge internazionale con l’opera di giudaizzazione della moschea di Al Aqsa». «Non abbiamo altra scelta che difendere la nostra sacra terra ricorrendo ad ogni tipo di forza» conclude il portavoce di Hamas. Poche ore dopo il secondo attacco, con un metodo analogo: un’auto si lancia contro un gruppo di soldati all’incrocio di Gush Etzion, a Sud di Gerusalemme, ferendo tre soldati.

La risposta di Israele arriva con Netanyahu, il premier che parla sul Monte Herzl nel XIX anniversario dell’assassinio del predecessore Yizhak Rabin. «Questo attentato è un risultato diretto dell’incitamento all’odio da parte di Hamas e di Abu Mazen» dice il premier, riferendosi alla lettera inviata dal presidente palestinese ai famigliari di Muatez Hijazi, plaudendo al gesto di aver guidato l’auto contro i pedoni che - sempre a Gerusalemme - due settimane fa ha causato la morte di una bambina di 3 mesi e di una ragazza di 22 anni. «Ci troviamo nel mezzo di una battaglia per Gerusalemme e non ho dubbi che prevarremo - afferma Netanyahu - stiamo dispiegando tutte le forze che possiamo e poiché potrebbe essere uno scontro di lunga durata, dobbiamo essere uniti». Per il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, «Abu Mazen semina odio contro Israele, in altre parti del mondo ha l’immagine del moderato ma non promuove la pace e non è interessato ad uno Stato palestinese che viva a fianco dello Stato ebraico». Ancora più duro il ministro dell’Economia, Naftali Bennet, secondo cui «è stato Abu Mazen a guidare l’auto ed il terrorista era un suo emissario».
Gli attentati coincidono con nuovi disordini nei quartieri arabi di Suhafat, Silwan, Wadi Joz e sulla Spianata delle Moschee dove giovani con il volto coperto danno battaglia contro i militari. Dura la condanna degli Stati Uniti. «È un atto terroristico - afferma il Segretario di Stato John Kerry - costituisce un’atrocità e peggiora la situazione». Kerry parla da Parigi dove incontra il collega giordano Nasser Judah per tamponare un altro fronte di crisi. Il governo di Amman ha deciso di ritirare l’ambasciatore da Tel Aviv «perché la situazione è seria e abbiamo già detto più volte a Israele che Gerusalemme per noi è una linea rossa» afferma Judah.

 IL FOGLIO: "I sassi e gli attacchi a Gerusalemme"


Naor Gilon, ambasciatore di Israele in Italia

Ci sono un colpevole evidente e un complice inconsapevole davanti agli eventi terribili che in queste settimane accadono a Gerusalemme est. Ieri un terrorista palestinese si è schiantato con un minivan contro un gruppo di pedoni vicino a una fermata del treno urbano. Un uomo che lavorava come guardia di frontiera è stato ucciso, e ci sono 14 feriti, tre gravissimi. E’ il secondo attacco di questo tipo in due settimane, il 22 ottobre un’altra auto si buttò contro i pedoni, uccise una donna e una bimba di tre mesi. Nel mezzo, mercoledì scorso, c’è stato l’attentato contro l’attivista israeliano Yehuda Glick, attaccato con colpi di pistola e gravissimo in ospedale, e decine di casi minori, lanci di sassi, aggressioni contro gli ebrei che a Gerusalemme vanno avanti da mesi, senza mai fermarsi. Le autorità israeliane dalla settimana scorsa hanno chiuso e riaperto più volte la Spianata delle moschee al pubblico, ieri nel luogo più sacro della città ci sono stati lanci di pietre contro i non musulmani. I terroristi di Hamas si sono complimentati con gli attentatori, che con l’estremismo palestinese avevano dei legami, ma le responsabilità ultime per questo stato di cose sono più a monte, e sono del presidente dell’Anp Abu Mazen. Lo ha detto ieri il premier israeliano Netanyahu, e lo ribadisce al Foglio, a margine di una tavola rotonda della Fondazione Magna Charta, l’ambasciatore di Israele in Italia Naor Gilon, che aggiunge al quadro il complice inconsapevole: la comunità internazionale. “Negli ultimi cinque anni Abu Mazen si è rifiutato di parlare con Israele direttamente, e ha preferito rivolgersi alla comunità internazionale per cercare il riconoscimento del suo stato, anche se solo Israele può dare uno stato ai palestinesi”, dice Gilon. “La comunità internazionale, specie l’Europa, continua a dargli risultati”, e questo spinge Abu Mazen a lasciar morire il processo di pace con Israele. “Ma senza una road map, per quanto fragile come è stata in questi anni, i palestinesi non vedono un’alternativa al terrorismo di Hamas”, ci dice l’ambasciatore, “e ora Abu Mazen è passato a un nuovo livello, sta eccitando la violenza della popolazione. Quando incita a fare ‘qualsiasi cosa’ per difendere la Spianata delle moschee la gente lo prende alla lettera, ma la verità è che l’unico posto dove tutte le religioni possono pregare in pace è Israele”. A Gerusalemme però le violenze non sembrano fermarsi, mentre scricchiolano i rapporti tra Israele e l’alleato più solido, l’America, all’ombra di un accordo sul nucleare iraniano che, come dice Gilon, se dovesse dare a Teheran la Bomba sarebbe una minaccia molto più grande di quella dello Stato islamico. Ci sarà una Terza Intifada a Gerusalemme? “Spero di no, direi di no, ma è una speranza, non una certezza”, dice Gilon. E’ l’unico momento in cui l’ambasciatore ha un secondo di esitazione.

Per inviare la propria opinione alla Stampa e al Foglio, telefonare:
La Stampa 011/65681
Il Foglio 06/589090
Oppure cliccare sulle e-mail sottostanti 


lettere@lastampa.it
lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT