Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 08/09/2014, a pagg. 10-11, con il titolo "Al fronte di Mosul con i peshmerga: 'In fuga i capi dell'Is' ", l'articolo di Pietro Del Re.
Pietro Del Re
Peshmerga curdi sul fronte di Mosul, Iraq
KALAK (Kurdistan iracheno). L'ultimo avamposto curdo è una trincea scavata in cima a una collina. Basta infilare la testa tra i sacchi di sabbia che la proteggono per scorgere, a poche centinaia di metri, le case di Hazam Sham, un malconcio agglomerato agricolo controllato dai soldati dello Stato islamico. Hic sunt leones, dunque, sebbene a difendere quel presidio siano rimasti solo leoni sdentati o comunque troppo giovani per saper combattere. Da quando sono cominciati i raid aerei americani attorno a Mosul, prima per riconquistare la sua diga, che gli islamisti minacciavano di far saltare, poi per appoggiare la controffensiva dei peshmerga, gli ufficiali militari del califfato sono tutti fuggiti. C'è chi s'è rifugiato nei quartieri più popolosi di Mosul per mimetizzarsi trai civili, e chi invece è scappato in Siria, lasciando il fronte nelle mani di ragazzini appena assoldati. Proprio ieri, il presidente Obama ha dichiarato che questi raid aerei proseguiranno nel tempo, per sostenere le truppe irachene e curde sul campo. Hazam Sham è uno dei tanti villaggi che circondano Mosul ( seconda città irachena, conquistata dai jihadisti lo scorso giugno ) e che stanno cadendo, uno dopo l'altro, nelle mani dei peshmerga. Dopo aver strappato ai fondamentalisti il monte che lo sovrasta, i combattenti curdi potrebbero prenderlo senza sparare un colpo. «Ma aspettiamo che i caccia americani lo ripuliscano un po' meglio: abbiamo già perso troppi uomini, e sarebbe un peccato se ne morissero altri in un posto del genere», dice il leader delle truppe curde sul fronte occidentale, il generale Rowsch Nouri Shaways. Si direbbe che grazie all'intervento americano l'avanzata curda affondi nelle terre del califfato come un coltello nel burro, ma con un numero di vittime che è quello di un massacro. Infatti, sotto i razzi statunitensi e sotto il piombo dei peshmerga, i morti sono tanti, sempre di più. Dall'8 agosto scorso gli americani già hanno effettuato un totale di 140 raid in Iraq, e solo nelle ultime quarantotto ore circa 250 islamisti sono stati uccisi, molti dei quali giovanissimi, soldati alle prime armi, spesso locali, irreggimentati con due dinari tra le enormi falangi di disoccupati. «Ma anche se hanno vent'anni sono ugualmente pericolosi perché molti di loro hanno subito un lavaggio del cervello e non esitano a farsi esplodere se proviamo a catturarli», spiega il generale peshmerga. Quando gli chiediamo che cosa aspettano a sferrare l'attacco decisivo contro Mosul, il militare allarga le braccia e dice: «Noi siamo pronti, ma la decisione deve provenire dall'alto, ossia dal presidente del Kurdistan iracheno, Masud Barzani, e dalle autorità di Bagdad». Una decisione politica che verosimilmente sarà presa a giorni, poiché oggi il parlamento iracheno voterà per la nuova squadra di governo formata dal premier designato, lo sciita Haider al Abadi. Intanto, oltre ai nuovi raid destinati «a proteggere Erbil», capoluogo del Kurdistan iracheno, i caccia e i droni americani hanno ieri, per la prima volta, lanciato i loro attacchi nella provincia sunnita di Anbar. Stavolta i razzi statunitensi sono stati sparati contro islamisti che stavano tentando di impadronirsi della diga di Haditha, una delle principali del paese, a nord-ovest di Bagdad. Questi raid hanno consentito alle truppe irachene di riconquistare due distretti nella regione, come spiega Ahmed al-Delmi, governatore della provincia di Anbar: «Continua la battaglia per liberare tutte le aree di Haditha. Ieri, almeno 60 elementi dello Stato islamico, fra cui afgani e arabi, sono stati uccisi dalle forze di sicurezza nell'operazione di pulizia delle due aree». Ma ora che gli squadroni dello Stato islamico sembrano pesantemente fiaccati e pronti al ripiego, potrebbe riaccendersi la lotta politica tra Erbil e Bagdad, soprattutto all'indomani della nascita del nuovo governo federale. Anche perché il presidente Barzani sarebbe stato costretto da Obama ad accettare di farne parte, sia pure con la promessa dell'avvio di un programma per una futura indipendenza del Kurdistan. Per il momento, ciò che più preme agli Stati Uniti è di predisporre una coalizione internazionale nella lotta contro chi ha decapitato i due giornalisti americani, James Foley e Steven Sotloff. Per questo il presidente statunitense ha dichiarato ieri che i raid aerei proseguiranno anche se «quello che stiamo facendo non è l'equivalente della guerra in Iraq del 2003». Dopodomani spiegherà in un discorso alla nazione in che modo intende sconfiggere gli islamisti.
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