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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.09.2014 Salvini e i suoi fratelli: politici che viaggiano e non si rendono conto di quello che vedono
Commento di Pierluigi Battista

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 settembre 2014
Pagina: 11
Autore: Pierluigi Battista
Titolo: «Quei dilettanti nostrani della politica estera»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/09/2014, a pag. 11, con il titolo "Quei dilettanti nostrani della politica estera", l'articolo di Pierluigi Battista.


Pierluigi Battista


Matteo Salvini                      Alessandro Di Battista


Matteo Salvini incontra Kim Yong-Nam, presidente del "parlamento" nordcoreano

Il mondo è squassato da venti diguerra, il Papa agita lo spettro di un nuovo conflitto mondiale, i media diffondono orrori primitivi e devastazioni belliche, e in Italia? In Italia rifulge in tutto il suo splendore la Commissione esteri del nostro Parlamento. La Commissione esteri dove siede il deputato Di Battista del M5S, che dà la colpa delle gesta dei tagliagole dell'Isis alle nequizie dell'imperialismo amerikano. Dove presiede, come capogruppo di Forza Italia, Guglielmo Picchi, il quale propone, con un icastico tweet, di andare per le spicce e di scatenare «un commando per liberare i marò». La Commissione esteri di cui è segretario l'ineffabile Antonio Razzi, un mito a Pyongyang, il politico italiano che ha fatto conoscere a Matteo Salvini, leader della Lega, le bellezze e l'armonia della Corea del Nord, l'ultimo dei Gulag. Eh sì, Matteo Salvini che va in Corea del Nord e scopre che lì i bambini non si rincretiniscono ai videogiochi (ovvio, ne è vietata l'importazione) e il senso della comunità appare caldo e galvanizzante, assomiglia tanto a quei pellegrini politici imbambolati dell'Occidente che, negli anni Trenta, portati nell'Ucraina decimata dalla carestia artificiale e dallo sterminio dei kulaki sostenevano che nell'Unione Sovietica di Stalin il proletariato consumava pasti ottimi e abbondanti. Ma è inutile lamentarsi per la decadenza dei tempi. In fondo anche Umberto Bossi, quando la Lega non stava con Berlusconi né con la sinistra, si sdilinquiva nelle visite calorose al dittatore Milosevic. E il pellegrinaggio dei politici italiani, Roberto Formigoni in testa, al Saddam Hussein che tra un bombardamento di gas sui curdi e una campagna persecutoria contro gli sciiti del Sud, invadeva il Kuwait ma era considerato degno interlocutore assieme al suo Tarek Aziz? Niente è per la prima volta, nella pazzotica voglia di dichiarare nella sfera della politica estera italiana. A fronte di un Di Battista che si inchina impietosito alle ragioni dei terroristi dell'Isis, non bisognerebbe forse ricordare che persino un campione del realismo politico come Giulio Andreotti ebbe a dichiarare che, fosse stato un palestinese, magari avrebbe avuto la tentazione del terrorismo? Cambia invece lo scenario, la cornice e le dichiarazioni pazzotiche sembrano oramai sganciate da ogni riferimento stabile di politica estera, in un vagare zigzagante in cui un giorno si tuona contro un dittatore, quello successivo si cantano le lodi di un altro dittatore di pari ferocia. Un tempo, anche recente, le cose apparivano chiare. C'erano i sostenitori della linea Bush e quelli contrari. Solo in un'occasione, all'indomani dell'11 Settembre, l'Italia sembrò ricalcare una concordia registrata «sotto l'egida dell'Onu». Poi, tutto secondo copione. La sinistra riottosa, che poi doveva fare i conti con un senatore Turigliatto che garantiva una risicatissima maggioranza parlamentare e dal cui voto dipendeva la prosecuzione stessa dell'intervento italiano in Afghanistan. La destra che riportava all'ordine le pulsioni antioccidentali della Lega e si metteva in disciplinata accettazione della colazione guidata dagli Usa. Poi la politica estera si è come inabissata. Qualche rituale e velleitario appello all'Europa (che già di suo non disponeva e continua a non disporre) e poi, tutti nel tran tran italiano. Peccato però che ogni tanto la storia non rispetta il lento cronoprogramma della politica italiana. Ma quando il mondo ricomincia a esplodere, è il caos nelle teste e negli schieramenti di una politica che trova nella Commissione esteri il rifugio di ogni stravaganza. Le primavere arabe: e che saranno? La Libia, quando la destra si scopre gheddafiana e la sinistra interventista. La Russia che sconfina in Ucraina e noi non sappiamo parlare d'altro se non di approvvigionamenti energetici. La Siria: il nulla, se non qualche pallida imitazione del magistero papale. Molti digiuni mentre non si sa se stare dalla parte del macellaio Assad oppure dai fanatici antiregime che vogliono massacrare gli «infedeli». E l'Iraq, di cui sinora si sono voluti ignorare le discriminazioni anticristiane. E l'India, con la grana che non si riesce a risolvere dei due marò e che dimostra quanto poco noi contiamo nel mondo. In compenso: i viaggi pazzi e le dichiarazioni non sorvegliate. Come faremo a prendere una decisione impegnativa? Sosteniamo i curdi, i russofoni o gli antirussi? E su Gaza e sui razzi di Harnas, che diciamo, sui proclami che invocano l'eliminazione degli ebrei dalla scena, abbiamo niente da dichiarare? Urge dibattito in Commissione esteri. Con viaggetto diplomatico a Pyongyang.

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