Obama autorizza il bombardamento dello 'Stato islamico' Analisi di Maurizio Molinari, Carlo Panella
Testata:Libero - La Stampa Autore: Carlo Panella - Maurizio Molinari Titolo: «Ma Barack ha cancellato 30 anni di politica Usa - La disfatta dei peshmerga curdi impreparati e senza munizioni»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 09/08/2014, a pag. 12, l'articolo di Carlo Panella dal tu "Ma Barack ha cancellato 30 anni di politica Usa " , dalla STAMPA, a pag. 10, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "La disfatta dei peshmerga curdi impreparati e senza munizioni ".
LIBERO - Carlo Panella: "Ma Barack ha cancellato 30 anni di politica Usa "
Carlo Panella Barack Obama
Barack Obama bombarda infine,troppo tardi,troppo poco, i miliziani del Califfato islamico che già hanno estirpato i cristiani dalle loro città e villaggi. Li hanno costretti ad accamparsi nel deserto a decine di migliaia, centinaia di migliaia, senza nulla addosso, senza ripari, senza acqua e viveri per scampare alla ferocia islamista. Immagine biblica,di disperazione assoluta, simbolo visivo del fallimento disastroso del presidente che aveva voluto iniziare il suo mandato con la politica della «mano tesa» all'Islam. Mentre si spera che non sia troppo tardi, che Erbil, la capitale del Kurdistan,non cada sotto i colpi di maglio del Califfato - e siamo a un soffio da questa tragedia-allarghiamo lo sguardo e guardiamo allo «Stato dell'Unio- ne e del pianeta» dopo 5 anni di presidenza del marito di Michelle. A levante dell'Iraq troviamo un Iran che sta ingrassando grazie alla sospensione delle sanzioni volute da Obama, che in cambio non concede nulla quanto a garanzie che non si doti di una bomba atomica e che ha allungato potentemente i suoi artigli sino al Mediterraneo. La guerra di Gaza, l'oltranzismo omicida di Hamas hanno dietro e dentro di sél'Iran che fornisce missili, comandi militari, addestramento contro Israele. Ma Obama finge di non saperlo. Ancora più a oriente, le truppe americane e Nato -italiani inclusi- si preparano a lasciare definitivamente l'Afganistan. Scelta maturata da tempo, ma ora portata a compimento in modo inerziale, non ponderato ,come tutte le strategie internazionali della Casa Bianca.Se il ritiro obamiano da Kabul avrà un domani gli stessi esiti disastrosi di quello del 2009 da Bagdad, non ci sarà da stupirsi. A levante dell' Iraq,troviamo una Siria in cui la decisione di Obama di permettere che Beshar al Assad oltrepassasse e irridesse tutte le ”linee rosse” e di non fiatare sul decisivo intervento militare iraniano - di nuovo -ha creato il paradosso, il mostro.La Siria è oggi divisa in due: da una parte spadroneggia e uccide (siamo a170.000vittime )Beshar al Assad,dall'altra si è ben radicato il Califfato feroce dell’Isil. Quanto al ruolo di Obama e delsuo J.F.Kerry nella crisi di Gaza, siamo al tragicomico. Israele e Egitto li informano per mail deipassi che fanno, giusto così, per cortesia, nella aperta certezza che gli StatiUniti in Medio Oriente non contino niente, perché niente sanno contare. Saliamo a nord e troviamo una Turchia il cu premier Erdogan si vanta beffardo e irridente di «non rispondere al telefono a Obama da 5 mesi»! Ancora più a nordest troviamo una Crimea ormai in salde mani russe,mentre uno sempre più sconsolato J.FKerry supplica l'Europa d iapplicare dure sanzioni a Putin per punirlo dell'aiuto ai ribelli ucraini.Questo, mentre il governo di Kiev cheObama e Kerry considerano la luce dei loro occhi si scompone in una disordinata crisi politica, piazza Maidan si infiamma di nuovo e i ribelli filo russi dimostrano al mondo di essere tutto, tranne che i "terroristi" dipinti da Washington e Kiev.Saltiamo dall'altraparte dell'Asia e troviamo altri “nulla obamiani”. Le relazioni tra Washington e una Pechino che detiene buona parte del debito pubblico americano sono caotiche. Pechino rimprovera a Obama l'appoggio fermo che ancora nel suo viaggio di aprile ha offerto ai Paesi che la Cina considera ribelli alla sua pretesa di egemonia continentale e oceanica:Giappone, Taiwan, Filippine e persino Vietnam.Nessun raccordo politico con la Cina,quind (che continua a spalleggiare la Russia in tutte le occasioni, Consiglio d Sicurezza Onu in primis) e nessuna regolamentazione del complesso contenzioso economico tra dollaro e un yuan che Pechino continua a non voler rivalutare, come da anni Obama chiede.Quanto alla Corea del Nord,di nuovo un nulla di fatto, la Casa Bianca spera solo che la follia di Kim Jong Un non faccia deflagrare una nuova crisi, che non saprebbe come fronteggiare. Obama ha già stracciato 30anni di politica estera Usa, ma alla fine del suo mandato mancano ancora due anni e mezzo...
LA STAMPA - Maurizio Molinari: "La disfatta dei peshmerga curdi impreparati e senza munizioni "
Maurizio Molinari
Peshmerga curdi
Poche munizioni, sistema di comunicazioni carente, con ufficiali incapaci di affrontare battaglie di campo e senza contatti con le tribù locali anche perché in pochi parlano arabo: è il ritratto, spietato, della vulnerabilità dei peshmerga del Kurdistan iracheno, che spiega le recenti sconfitte subite da parte delle forze fondamentaliste di al-Baghdadi. « I peshmerga che hanno tenuto testa per oltre dieci anni a Saddam Hussein si sono dissolti quasi come neve al Sole davanti all’offensiva di fine luglio di Isis» riassume Joshua Landis, direttore del centro di studi sul Medio Oriente all’Università di Oklahoma. La genesi di tale sorpresa è descritta dall’analisi di Michael Knights, esperto di Iraq del Washington Institute, basata su documenti delle forze armate Usa. «Quando Isis il 1° agosto è andato all’attacco di Sinjar e Rabiyah, ovvero l’enclave della minoranza Yazidi, i peshmerga hanno svelato una carente disposizione sul territorio» sottolinea Knights, riferendosi al fatto che unità formatesi nelle operazioni di guerriglia anti-Saddam hanno un’idea «molto povera» di cosa significa difendere territori, confini e città. In particolare, nelle province di Ninive e Diyala ciò che è mancato è stato il raccordo con le località tribù sunnite anch’esse minacciate da Isis. Essendo guidati da ufficiali che spesso parlano solo curdo e senza legami con le realtà locali, i peshmerga hanno subito l’iniziativa di Isis fino al punto da essere beffati nella sfida fra mezzi pesanti: tank, blindati e artiglieria. E qui c’è il vero tallone d’Achille dei pershmerga, ammesso dai portavoce del governo di Erbil, perché le forze curde si sentivano inattaccabili a causa del possesso di ingenti mezzi dell’ex esercito di Saddam. Ma alla prova del fuoco si è svelato che Isis aveva più munizioni. Il motivo probabilmente è nel fatto che i peshmerga non si sono mai curati di avere scorte di munizioni per combattere una campagna tradizionale mentre gli uomini di Al-Baghdadi sono reduci dal saccheggio delle basi militari di Saddam nel Nord dell’Iraq. «A ciò bisogna aggiungere la realtà di un cattivo addestramento – concordano Landis e Knights – che li rende vulnerabili agli attacchi di sorpresa, proprio come avvenuto per le forze irachene aggredite da Isis a Mosul in una sorta di campagna-lampo». Sono tali premesse a spiegare il tipo di raid militare scelto dal Pentagono: i caccia hanno bersagliato artiglierie e depositi di munizioni per privare Isis del maggiore vantaggio tattico. Tentando così di restituire sicurezza ai peshmerga chiamati, secondo il presidente del Kurdistan iracheno Mahmud Barzani, a «restare all’offensiva con una tattica diversa».
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