Hamas sceglie la guerra Cronache e analisi di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari, 'Il Foglio'
Testata:Il Giornale - La Stampa - Il Foglio Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari - la redazione Titolo: «La tregua è finita. Hamas ora spara per frustrazione. - Tregua finita, Hamas spara. E Israele riprende i raid: 5 morti - La scelta suicida dei padroni di Gaza»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 09/08/2014 a pag 15, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "La tregua è finita. Hamas ora spara per frustrazione. " dalla STAMPA, a pag. 11, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Tregua finita, Hamas spara. E Israele riprende i raid: 5 morti ", dal FOGLIO, l'editoriale dal titolo "La scelta suicida dei padroni di Gaza"
Di seguito, gli articoli:
A destra: "Cessate il fuoco, la luce a metà del tunnel anziché alla fine"
Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "La tregua è finita. Hamas ora spara per frustrazione. "
Fiamma Nirenstein
(Gerusalemme) Sulle spiagge, nei bar di Ashkelon, mentre i bagnini si ungevano i muscoli, i soldati si facevano la doccia e i genitori sceglievano un libro da leggere sulla terrazza a Beersheba gustando il piacere del figlio tornato da Gaza, hanno cominciato a inseguirsi, più di 50, le sirene in tutto il sud di Israele. Hamas ha rifiutato di continuare a sospendere il fuoco. Quando alle 5 di mattina il primo lancio ha provato che Hamas non accettava di prolungare la tregua di 72 ore e quando alle 8, al termine dell'accordo, Ashkelon è stata colpita, allora tristi, increduli, gli israeliani hanno cominciato a svuotare i centri commerciali, le spiagge. Un bagnino di Ashkelon faceva lo sbruffone: "Quando è suonata la prima sirena siamo rimasti nell'acqua, siamo d'acciaio noi,nessuno ci sposterà". In un caffè sulla spiaggia dei veterani dell'esercito con le mogli sorseggiavano piano il caffè per mostrare la loro determinazione a solidarizzare col sud colpito. Ma la sensazione di delusione, su cui Hamas contava per spingere i colloqui del Cairo nella direzione desiderata, è stata pesante. I missili faceva tre feriti, una casa veniva centrata sul tetto a Sderot. Hamas ribadiva col fuoco il suo scontento: le sue richieste sono il porto, l'aeroporto, l'apertura con Egitto e Israele, il controllo delle merci... tutte cose che nessuno è disposto a concedergli. Se non gli verrà dato ciò che chiede, dicono i lanci, nessuno in Israele potrà vivere tranquillo. La sua minaccia è una un tormento quotidiano, una guerra di attrizione che potrebbe durare anni. L'esercito israeliano, ritiratosi da Gaza, non è stato stato preso di sorpresa. Rimasto ben presente nell'area, ovvero pronto anche a un'invasione di terra, ha atteso sei ore prima di rispondere ai missili alzando gli F16 ma i raid sono stati cauti, come se ci fosse ancora l'aspettativa di una tregua prossima ventura. In Egitto, la delegazione palestinese è rimasta al completo. Fatah, Hamas, Jihad Islamica. I tre si sono consultati molto in stanze chiuse, perchè il centro della possibilità per Egitto e Israele di accettare che i valichi siano aperti all'ingresso di beni e di denaro risiede nella possibilità di Al Fatah di fungere da mallevadore e da controllore. Sembra che nelle more dei colloqui delle ultime ore sia rientrato in giuoco per un accordo definitivo anche il Qatar, l'unico da cui Hamas si senta rassicurato. Al Jazeera, la tv di Doha, ha mostrato con enorme enfasi un documentario che mostra la Jihad islamica nel ventre di un tunnel pieno di missili, e spiega che i militanti di Gaza vogliono continuare la guerra. L'Europa per dare un suo contributo alla soluzione ha offerto di costruire una "via d'acqua" fra Gaza e Larnaca. Cipro dovrebbe secondo gli europei, diventare la porta di Hamas. Un'ipotesi audace. Audace anche la proposta di Germania, Francia e Inghilterra al generale di Sisi di diventare i controllori del passaggio di Rafiah. Il rais egiziano non sembra gradire. Di certo Israele non vuole consegnare nessuna vittoria a Hamas, né tanto meno mettere a rischio la sicurezza dei cittadini con apertura a una organizzazione il cui intento di demolire Israele viene sempre riaffermato. Netanyahu in queste ore viene criticato per essersene andato da Gaza prima di aver distrutto le armi di Hamas, ma non sembra avere nessuna intenzione di rientrare con l'esercito di terra. Così son fatte le democrazie: la pace è una tendenza naturale, un desiderio insito. Per le dittature, è vero il contrario. LA STAMPA - Maurizio Molinari: " Tregua finita, Hamas spara. E Israele riprende i raid: 5 morti "
Maurizio Molinari
Hamas e Israele riprendono a combattersi nella Striscia di Gaza. Quando alle 8 del mattino di ieri scadono le 72 ore di tregua concordata dagli egiziani, Hamas lancia una pioggia di razzi sulle città del Sud di Israele: Ashdod, Ashkelon, Sderot, Beersheva. Da Gaza il portavoce Sami Abu Zuhri spiega la genesi della scelta: «Ai negoziati del Cairo le nostre richieste non sono state neanche prese in considerazione, la guerra continua». Il corto circuito è avvenuto quando Hamas ha consegnato all’Egitto il documento in cui chiedeva la «fine del blocco a Gaza» con l’apertura di porto, aeroporto e passaggio terrestre fino alla Cisgiordania. «La risposta israeliana è stata l’offerta di aprire Erez e Keren Shalom, due valichi che sono in realtà già aperti» afferma Sami Abu Zuhri, secondo il quale «la controparte non è seria». La pioggia di razzi di Hamas investe anche l’aeroporto di Ben Gurion dove, verso le 12, il cielo viene chiuso e 19 voli in arrivo vengono fatti tardare. A Sderot i razzi centrano due case, feriscono il rettore di un locale centro accademico. La risposta di Israele arriva dal premier Benjamin Netanyahu: «Ho dato ordine alle forze armate di colpire Hamas con grande forza». I bombardamenti, da cielo e terra, investono il Nord e il Sud della Striscia: almeno 47 gli obiettivi colpiti prima del tramonto, inclusi alcuni esponenti della Jihad islamica. Cinque le vittime, fra loro anche un bambino di 10 anni, affermano fonti sanitarie locali. Il capo di Stato Maggiore, Benny Gantz, parla alla radio chiedendo alle comunità al ridosso della Striscia di «restare nelle case» seguendo «le procedure di sicurezza che conosciamo» perché «c’è maggiore sicurezza dopo la distruzione dei tunnel».
Nelle città del Sud riaprono i grandi rifugi pubblici e il sindaco di Sderot, Alon Davidi, è polemico con le forze armate: «Hamas non ha alcuna intenzione di fermarsi, la deterrenza del nostro esercito evidentemente non funziona». Yuval Diskin, ex capo dello “Shin Bet” – il servizio di sicurezza interna – ammette di «non comprendere perché i nostri capi militari si sono affrettati a chiudere le operazioni di terra quando la situazione a Gaza è ben differente». Il ministro dell’Economia, Naftali Bennet, è perentorio nell’affermare che «l’operazione Protective Edge è ancora in corso». La delegazione israeliana lascia in fretta e furia Il Cairo: «Non negoziamo sotto il fuoco». Il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, condanna «la mancata estensione della tregua», esprimendo «particolare vicinanza alle comunità che vivono a ridosso di Gaza». E Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca, parla in sintonia: «Condanniamo il rinnovato lancio di razzi, siamo preoccupati per la sicurezza dei civili su entrambi i lati del conflitto». Fonti libanesi da Beirut assicurano che «in realtà al Cairo qualcosa si muove, ma resta impercettibile e scivoloso, perché al momento si discute sullo scambio di corpi di combattenti dei locali»: Israele chiede le salme di due soldati, in cambio di 8 salme di Hamas.
IL FOGLIO - la redazione: "La scelta suicida dei padroni di Gaza "
Dopo un mese di martellamento subìto nella Striscia di Gaza, senz’altra opzione che una risposta debole fatta di razzi finiti fuori bersaglio o distrutti in volo e di tunnel scoperti e distrutti, Hamas rifiuta la tregua con Israele. Sembrava che questo round di guerra dovesse chiudersi qui. Invece il gruppo armato palestinese che controlla Gaza ha ripreso il lancio di razzi, e Israele ha risposto alla rottura della tregua con i bombardamenti – in misura limitata rispetto alle ultime settimane. Per capire la scelta suicida di Hamas, che vuole continuare una guerra da cui può soltanto uscire ancor più devastato, c’è una sola spiegazione: la pace sarebbe ancor più devastante. Soprattutto questa pace, con gli egiziani determinati a garantire che il movimento non riesca a recuperare le forze, come un tempo faceva dopo ogni operazione israeliana.Colpiva in un pezzo del Wall Street Journal di due giorni fa la notizia che sono stati gli israeliani a chiedere al governo del Cairo di allentare un po’ la stretta al confine sud della Striscia e di far passare i feriti. I tempi non sono più quelli del presidente e fratello musulmano Mohammed Morsi, che mandava i suoi ministri in visita negli ospedali di Gaza. E’ verosimile che questa volta Hamas sia costretto a mendicare un po’ di libertà di movimento, pena l’irrimediabile incapacità di armarsi di nuovo e di governare (non per nulla ha accettato poco tempo fa di fare pace con l’Autorità palestinese di Ramallah, per ricevere un po’ di aiuti finanziari). Hamas non può sopravvivere alla pace in queste condizioni. E allora torna a fare quello che sa fare meglio: la guerra con i razzi. I palestinesi sopporteranno?
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