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La Repubblica - Il Manifesto - Il Fatto Quotidiano Rassegna Stampa
02.08.2014 Quelli che fingono di non sapere chi ha rotto la tregua
Rassegna di critiche

Testata:La Repubblica - Il Manifesto - Il Fatto Quotidiano
Autore: Fabio Scuto - Michele Giorgio - Kim Sengupta
Titolo: «Gaza, è già finita la tregua Usa Hamas catturasoldato israeliano - Catturato un soldato, raid sull'ospedale di Rafah - Le ambulanze? Sono bersagli mobili»
Segnaliamo da REPUBBLICA di oggi, 02/08/2014, a pagg. 1-12-13, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo "Gaza, è già finita la tregua Usa Hamas cattura soldato israeliano ", dal MANIFESTO a pag. 8, l'articolo di Michele Giorgio titolato, in prima pagina, "Catturato un soldato, raid sull'ospedale di Rafah" e a pag. 8 "La Striscia senza tregua", dal FATTO QUOTIDIANO, a pag. 12 l'articolo di Kim Sengupta, tratto da THE INDIPENDENT dal titolo "Le ambulanze? Sono bersagli mobili ".

REPUBBLICA e MANIFESTO, nei titoli come nelle cronache di Scuto e Giorgio, non chiariscono chi sia il responsabile della rottura della tregua, sebbene persino l'Onu denunci la responsabilità di Hamas, che ha pianificato e realizzato il sequestro di un soldato, cui Israele non può non reagire.
Kim Sengupta sul FATTO QUOTIDIANO intervista i dipendenti di Hamas che lavorano sulle ambulanze a Gaza, i quali negano di utilizzarle per trasportare armi e combattenti. Segupta si aspettava forse una conferma ? Israele, a differenza di Hamas, documenta le sue affermazioni. Inoltre, chi contraddice Hamas muore, mentre in Israele vige una totale libertà di informazione e di opinione. Versione israeliana dei fatti e versione di Hamas non possono perciò essere poste sullo stesso piano. Farlo è disinformazione.

Di seguito, l'articolo di Fabio Scuto:




Fabio Scuto

È durata meno di due ore la settima tregua umanitaria nella guerra di Gaza. Nei fatti non è mai entrata in vigore nonostante le promesse di Hamas e Israele a causa di raid, bombardamenti e missili fino a alle 8 locali e a un altro fiume di fuoco subito dopo, concentrato nella parte Sud della Striscia, a Rafah e nei pressi di Kerem Shalom, il valico merci da dove sarebbero dovuti transitare i primi aiuti umanitari e che invece è stato subito chiuso per i combattimenti in corso. Scende in una spirale incontrollabile la crisi, con un nuovo bagno di sangue a Rafah, la morte di altri due militari e la cattura da parte della Jihad islamica di un soldato israeliano. Obama e Ban Ki-moon accusano Hamas di essere responsabile della fine della tregua. E il presidente Usa aggiunge: «Bisogna fare di più per proteggere i civili, ma sarà difficile far rivivere la tregua se Hamas non controlla le altre fazioni palestinesi».
Il conflitto ha avuto un’ulteriore escalation proprio mentre entrava in vigore la tregua umanitaria di 72 ore che doveva servire a portare aiuto ai 250mila rifugiati nelle 90 scuole dell’Unrwa e agli oltre 100mila che in quelle strutture — ormai al collasso — non hanno trovato posto e si sono accampati per strada, nei giardinetti, nel cortile dell’Università, sui marciapiedi. L’ondata in arrivo dalle zone dove lo scontro a terra si è fatto violentissimo non cessa né di giorno né di notte, le distruzioni di interi rioni e quartieri stanno spingendo la popolazione verso il centro della Striscia, creando un’emergenza umanitaria a cui l’Unrwa non riesce più a far fronte. La Striscia è alla sete e alla fame, nelle scuole-rifugio l’umanità che si accalca sotto la bandiera blu dell’Onu ha bisogno ogni giorno di un milione di litri di acqua potabile, 253 tonnellate di cibo pronto, sei milioni di litri al giorno di acqua per l’igiene. Senza un cessate-il-fuoco durevole, gli aiuti non entrano e anche ieri sono rimasti bloccati all’esterno della Striscia. Dentro si continua a morire ed è sempre più difficile districarsi tra rivendicazioni e accuse reciproche. Il rapimento di un soldato israeliano nella Striscia ha riacceso le ostilità in prossimità di Rafah, al confine con l’Egitto, dove almeno 50 palestinesi sono morti sotto i bombardamenti dell’artiglieria pesante israeliana e in serata è stata ordinata l’evacuazione dell’ospedale.
La soglia dei 1.500 morti è stata oltrepassata in questo 25° giorno di guerra, con oltre 8mila feriti, per oltre tre quarti civili secondo i dati delle Nazioni Unite, i militari israeliani caduti dall’inizio delle operazioni di terra lo scorso 17 luglio sono ormai 63. Le chances di una pausa credibile dei combattimenti sono svanite ieri mattina dopo la cattura da parte di un commando sbucato da un tunnel sotto la sabbia nel Sud della Striscia del sottotenente dell’Idf Hadar Goldin. Un kamikaze si sarebbe fatto esplodere vicino a un gruppo di militari di Tsahal, due dei quali sono rimasti uccisi mentre gli assalitori portavano via il terzo.
Il movimento islamico palestinese e lo Stato ebraico si sono addossati a vicenda le responsabilità per l’ennesima tregua fallita. «Ancora una volta le organizzazioni del terrore a Gaza hanno infranto il cessate-il-fuoco per il quale si erano impegnate davanti al Segretario di Stato americano, John Kerry, e al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon», è stata l’accusa lanciata dall’ufficio di Benjamin Netanyahu. «Israele ha violato la tregua, la resistenza palestinese ha agito sulla base del diritto di autodifesa per fermare il massacro della sua gente», ha ribattuto Hamas, che però aveva ripreso a lanciare razzi già due ore dopo l’inizio della sospensione delle ostilità e prima del rapimento del soldato israeliano. Il premier israeliano ha davanti difficili passi da compiere, l’incubo delle trattative — che per liberare il soldato Gilad Shalit rapito nel 2006 durarono oltre cinque anni in cambio di oltre mille prigionieri palestinesi — e l’escalation militare dei suoi generali che chiedono «di poter finire il lavoro» per bloccare i tunnel. Che però, diversamente da quello che pensavano gli specialisti dell’Idf, non sono decine, ma centinaia. E il rapimento di un soldato è stato fin dall’inizio delle ostilità il primo obiettivo dei miliziani integralisti. Dietro ogni gruppo che ha tentato incursioni dai tunnel sul confine della Striscia, ce n’è sempre stato un secondo armato di siringhe con i sonniferi e manette proprio per questa evenienza. Il rapimento del sottotenente non sembra però essere in grado di fermare l’ingranaggio della guerra. Non c’è nessuna prova che sia ancora vivo. Due settimane fa Hamas rivendicò il rapimento di un militare israeliano mostrando piastrina e documenti del soldato alle telecamere di Al Aqsa, la tv di Hamas, ma si rivelò una macabra montatura: piastrina e documenti erano stati strappati a un caduto sul campo di battaglia a Beit Hanoun.
La breve pausa dei combattimenti ha permesso agli abitanti di Khuzaa, un piccolo villaggio nel centro della Striscia a poca distanza da Khan Younis, sottoposto martedì scorso a un violentissimo bombardamento d’artiglieria, di poter tornare a cercare le tracce di un parente, un amico, un vicino di casa. Nel villaggio non c’è più vita, ma solo morte. Decine i corpi intrappolati fra le macerie: resi irriconoscibili dalle ferite e dalla calura, vengono identificati dall’orologio al polso, dal colore del vestito, un braccialetto. Cosa sia accaduto in questo villaggio resta ancora un mistero. Come il ritrovamento nel bagno di una casa semidistrutta dei cadaveri di sei miliziani in divisa delle Brigare Ezzedin al Qassam, braccio armato di Hamas. Sul muro e sul pavimento il sangue rappreso suggerisce che siano stati uccisi tutti insieme lì dentro.

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