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Corriere della Sera Rassegna Stampa
31.07.2014 Le parole malate dell'Europa. Su Gaza e sulla persecuzione islamista dei cristiani
Analisi di Pierluigi Battista

Testata: Corriere della Sera
Data: 31 luglio 2014
Pagina: 1
Autore: Pierluigi Battista
Titolo: «Gaza e le persecuzioni dei cristiani. Uno sguardo malato di ipocrisia»

 Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi,  a pagg. 1-37, l'articolo di Pierlugi Battista dal titolo "Gaza e le persecuzioni dei cristiani. Uno sguardo malato di ipocrisia"

Segnaliamo anche, sul tema dell'antisemitismo affrontato da Battista nel suo articolo, un video nel quale u
n capo di Hamas rilancia la "calunnia del sangue" contro gli ebrei

https://www.youtube.com/watch?v=nlDe1h3hJ6c

Di seguito, l'articolo:


Pierluigi Battista



Scritte antisemite a Parigi

L’Europa politica non è capace di dire una parola sensata sulla tragedia di Gaza. Ma il vuoto viene riempito dalle star del cinema, Pedro Almodóvar in testa, che spacciano via Twitter proclami manichei e dipingono Israele come un covo di assassini efferati dediti a un’insensata strage di bambini.
L’Europa non esporta più valori, scelte, strategie, modelli, bandiere. In compenso, in questi ultimi giorni, fabbrica a getto continuo quelle che Rosellina Balbi chiamava «parole malate»e spurga i miasmi di un nuovo antisemitismo aggressivo sebbene ammantato di un finto umanitarismo. L’Europa vive anni di pace interna come mai nella storia. Ma in Germania hanno attaccato una sinagoga a colpi di bottiglie molotov e in Francia ne hanno assaltata una al grido di «Mort aux juifs».
L’Europa non sa dire una parola ai conflitti che insanguinano il mondo, a un passo da casa. Non si sa cosa pensi di tutte le tragedie che costellano l’agenda internazionale. Le immagini della morte a Gaza lasciano senza fiato, ci schiacciano, sono intollerabili, ogni bambino ucciso ci travolge, e ci fa tremare quando papa Francesco grida «basta, fermatevi». Il suono delle sirene di Israele che chiamano le famiglie nei rifugi dove ripararsi dai razzi di Hamas ci fa disperare: quando finirà tutto questo, se mai finirà. Ma l’Europa avrebbe il dovere di dire una parola, di cercare soluzioni, di costruirsi un profilo di interlocutore autorevole. E invece dove sta l’Europa? Se ne sta inerte, muta, impotente, marginale, irrilevante. Scrutiamo le mosse dell’America di Obama, ci domandiamo quale forza dissuasiva possa avere l’Egitto che dà il suo patrocinio a tregue regolarmente violate. E la Turchia di Erdogan, che sta con i terroristi e paragona oscenamente Israele a Hitler (e che ne è del Kurdistan turco, con i suoi oltre 30 mila morti ammazzati?). E il Qatar. E l’Iran. E il ribollire del mondo islamico, dilaniato dalla guerra tra sunniti e sciiti. Ma l’Europa, mai. Mai che ci si chieda quale compito possa svolgere l’Europa. I suoi vertici sono come noi: spettatori annichiliti di uno spettacolo atroce senza nessuna influenza sui fatti, solo qualche dichiarazione verbosa, l’annuncio di qualche inutile summit.
L’Europa è muta perché sono anni che non si pensa più come protagonista. Non è solo la sua debolezza politica, o la fragilità delle sue istituzioni, o la riduzione della sua identità alla moneta unica ed all’elemento economico-finanziario. È una marginalizzazione culturale, un deficit di pensiero sul mondo. Con l’esplosione delle primavere arabe avrebbe potuto far da sponda democratica, esserci, favorire le forze laiche, battersi per evitare la deriva fondamentalista e fanatica, ma non ha detto niente e nessuno, al Cairo come a Tunisi, ha guardato all’Europa come a un faro e un alleato. Quando è intervenuta, ha combinato un pasticcio, come in Libia, disarticolandosi e dividendosi. Ora la Libia è di nuovo nel baratro della guerra tra clan e tribù e l’Europa si ritrae silenziosa e imbarazzata dalla scena: che altro potrebbe dire, e a chi?
Un’Europa fiera di sé, dotata di un pensiero, di una strategia, di un’idea del mondo potrebbe pur dire qualcosa ai governi di Israele, sostenerli contro chi vuole annientare lo Stato degli ebrei, ma anche pronunciarsi sulla sventurata strategia dei nuovi insediamenti, costringerli al dialogo con Abu Mazen e con i palestinesi che oggi non seguono la deriva terrorista e criminale di Hamas. Ma chi lo può dire, in Europa? Che credibilità può avere l’Europa se nega a Israele il diritto di difendersi e se si mostra ambigua con Hamas? L’Europa sembra vivere fuori dal mondo. In Siria è in atto da anni un massacro di dimensioni apocalittiche (almeno 160 mila i morti: civili, bambini, innocenti). Qualcuno ha notizia di quale sia la posizione europea, che non siano i soliti balbettii e le indignazioni a comando? E nel Califfato in cui i cristiani sono braccati e perseguitati, si bruciano le chiese, a Mosul, in Iraq, in cui o le case dei cristiani sono marchiate d’infamia con la N di «Nasara» (cristiano) per indicarli alle milizie jihadiste che vogliono fare sterminio degli infedeli, in quelle terre sfortunate si sente forse l’eco di una voce europea? Il nulla. Il nulla persino nel cuore dell’Europa, in Ucraina, dove un aereo di civili è stato abbattuto e secondo l’ultimo report delle Nazioni unite, lo riferisce Paola Peduzzi su Il Foglio , da aprile a oggi nel silenzio e senza le immagini raccapriccianti che ci vengono da Gaza, si contano 1.130 morti (di cui moltissimi civili), 3.500 feriti, 800 «desaparecidos», oltre 100 mila sfollati. Un disastro a pochi chilometri dalle grandi metropoli europee: specchio dell’impotenza e dell’incapacità di agire. Anche questo contribuisce a rompere l’argine e a far tracimare nuove barbarie, intolleranza, odio per gli ebrei, indicati come i responsabili di ogni male, bersagli facili da minacciare. Un silenzio impotente che rischiamo di pagare molto caro.

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