Quella strage è di Hamas, non di Israele. Il conto delle vittime civili che non torna usciti da Gaza, i giornalisti inziano a raccontare la verità
Testata:Il Messaggero - Il Mattino Autore: la redazione Titolo: «Gaza, i corrispondenti rivelano: la strage dei bimbi palestinesi nel parco giochi è stata colpa di un razzo di Hamas e non di Israele - Gaza, Israele contro le cifre Onu: 75% delle vittime non sono sono civili»
Riprendiamo dall'edizione on line del MESSAGGERO del 30/07/2014 l'articolo dal titolo "Gaza, i corrispondenti rivelano: la strage dei bimbi palestinesi nel parco giochi è stata colpa di un razzo di Hamas e non di Israele" e dall'edizione on-line del MATTINO l'articolo dal titolo "Gaza, Israele contro le cifre Onu: 75% delle vittime non sono sono civili".
Due articoli molto importanti. Nel primo le "rivelazioni" (in realtà si tratta di fatti noti a chi non si è accontentato di farsi 'informare' dalla propaganda di Hamas) del corrispondente da Gaza per TGCOM 24, Gabriele Barbati, riguardano sia la responsabilità di Hamas nella strage di Shati sia il fatto che i giornalisti non sono liberi di raccontare ciò che vedono a Gaza finché sono nella Striscia. Nel secondo articolo iniziano ad essere messe in discussione le cifre delle vittime fornite da Hamas. E' un copione che si ripete in ogni conflitto tra Israele e Hamas. Il gruppo terroristico fornisce cifre elevate di morti civili, utili alla sua propaganda. I media, nonostante le cifre non siano verificate, le diffondono. Solo dopo arrivano le cifre israeliane, frutto di accurati controlli e documentate, ma con molto minore eco nei mezzi di informazione e nell'opinione pubblica.
Di seguito, gli articoli:
Una vittima dei razzi di Hamas a Shati
Il MESSAGGERO - la redazione: "Gaza, i corrispondenti rivelano: la strage dei bimbi palestinesi nel parco giochi è stata colpa di un razzo di Hamas e non di Israele "
Gabriele Barbati
«Lo confermo ora che sono fuori da Gaza: la strage di bambini a Shati non è colpa di Israele». A scriverlo, con un tweet che in pochi minuti è stato fatto rimbalzare oltre 200 volte nella Rete, è Gabriele Barbati, giornalista italiano, corrispondente dalla striscia di Gaza di TgCom24. Il massacro di Shati La strage di bambini a cui si riferisce è quella "del parco giochi": nove piccoli uccisi il 28 luglio nel campo profughi di Shati mentre giocavano nei pressi di una giostra (altri hanno parlato di un'altalena). Il messaggio del giornalista contiene due informazioni. La prima, la più esplicita, è la conferma di quanto denunciato da Israele subito dopo la diffusione della notizia: quei nove morti non sono colpa dei bombardamenti di Israele, bensì di un razzo "impazzito" di Hamas. La seconda informazione riguarda invece lo stesso reporter e la gestione dei media a Gaza: finché Barbati si è trovato all'interno della Striscia non ha potuto twittare la verità. Da più parti sono arrivate denunce circa il controllo e le pressioni che Hamas esercita su chi da dentro Gaza raccoglie e diffonde notizie nel mondo. E' di questi giorni la notizia del giornalista francese di Liberation cacciato da Hamas Ma ecco il tweet completo di Gabriele: «Confermo ora che fuori da #Gaza. La strage di bambini ieri a Shati non e' colpa di #Israele. Comunicato #IDF vero. E' stato razzo Hamas». A questo messaggio Barbati ne aggiunge un secondo: «Colleghi a Shati dicono+prove: dopo morte bimbi su giostra a #Gaza arrivati tipi Hamas o altra fazione a ripulire detriti razzo impazzito». Insomma un'altra verità rispetto a quella diffusa ieri da quasi tutti i media italiani. Ma Barbati non è solo. Sempre su Twitter il giornalista del Wall Street Journal, El-Ghobashy ha scritto che le lesioni al muro esterno dell'ospedale di Shati suggeriscono l'ipotesi di "un razzo impazzito" di Hamas. Il tweet, poco dopo la pubblicazione è stato rimosso. Prima di questi messaggi Barbati era spesso finito nel mirino dei simpatizzanti di Israele per la sua cronaca quotidiana di quanto accade nella Striscia. Adesso, al contrario, ha suscitato critiche dal fronte opposto. Una lotta di opinioni da cui il giornalista si chiama fuori limitandosi a raccontare i fatti. Resta l'attacco israeliano all'ospedale di Shifa, vicino al parco giochi del massacro. «I miei aggiornamenti riguardano Shati. NON Shifa. Sono due fatti diversi di Gaza e di questa guerra», precisa non a caso Barbati in uno degli ultimi tweet postati dal Medio Oriente.
Il MATTINO - la redazione: "Gaza, Israele contro le cifre Onu: 75% delle vittime non sono sono civili "
Il bombardamento della scuola Onu di Beit Hanun a Gaza non è stato compiuto dall'esercito israeliano ma da miliziani di Hamas. Lo afferma il New York Times che cita un'inchiesta che avrebbe chiarito come a colpire i civili nella struttura sia stato un lancio mal eseguito da parte dei combattenti palestinesi. Secondo l'esercito di Gerusalemme i razzi “malfatti” dei militanti che hanno colpito palestinesi nella Striscia sarebbero addirittura un centinaio. Due di questi sono caduti in un ospedale di un campo profughi. Intanto la conta dei morti va avanti anche perché come ha denunciato Alan Dershowitz i lettori dei giornali “amano” vedere questi numeri che si gonfiano. Anche perché è più facile dare un numero che spiegare le complesse circostanze di un conflitto. Eppure neanche i numeri trovano tutti d'accordo secondo le agenzie Onu che trovano concordi le autorità palestinesi, il 75% per cento delle vittime della Striscia di Gaza sarebbe costituito da civili. Ma non per Israele dove il Meir Amit Intelligence and Information Center ribalta le proporzioni sostenedo che il 75 è costituito da combattenti attivi. «Queste conte sono effettuate in un contesto dove, afferma l'ente israeliano, chi combatte è ovviamente armato ma non indossa uniformi ma abiti civili». «Molte delle cifre palestinesi, dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali non valgono la carta su cui sono scritte», dice Reuven Erlich, direttore del Meit Amir. Più di due terzi delle vittime sono maschi adulti fra i diciotto e i sessant’anni. Per sapere quante delle vittime erano terroristi e quante erano civili bisognerebbe fare un lavoro molto approfondito». Nome per nome. Intanto alcune testate come al Jazeera hanno preferito smettere di contare le vittime del conflitto e di dare loro un nome. Il canale del Golfo si è fermato al numero totale dei morti raggiunto il 24 luglio scorso.
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