Antisemitismo: molotov contro sinagoga in Germania, il ruolo della demonizzazione di Israele Cronaca di Giovanni Stringa, commenti di Andrea Marcenaro, Sharon Nizza
Testata:Corriere della Sera - Il Foglio Autore: Giovanni Stringa - Andrea Marcenaro - Sharon Nizza Titolo: «Molotov su sinagoga, sgomento in Germania - Andrea's Version - In Israele ho cercato sempre il diverso e ora dico: 'Mi difendo, quindi sono'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/07/2014, a pag. 9, l'articolo di GiovanniStringa dal titolo "Molotov su sinagoga, sgomento in Germania", dal FOGLIO a pag. 1 l'odierna rubrica 'Andrea's Version' di Andrea Marcenaro, che mette a nudo l'ipocrisia delle condanne dell'antisemitismo che non affrontano la sua origine attuale, ovvero la demonizzazione di Israele, e a pag. 4 la lettera al direttore di Sharon Nizza dal titolo "In Israele ho cercato sempre il diverso e ora dico: 'Mi difendo, quindi sono' ".
Di seguito, gli articoli:
Manifestazione antisraeliana a Berlino
CORRIERE della SERA - Giovanni Stringa: "Molotov su sinagoga, sgomento in Germania "
Polizia davanti alla sinagoga di Wuppertal
BERLINO — Nella vetrina di una libreria della capitale tedesca, a due passi dalla Nuova sinagoga bruciata dai nazisti nel 1938, c’è una foto in bianco e nero di volti giovani e sorridenti. È la copertina di un libro che racconta la vita degli ebrei a Berlino prima dell’arrivo al potere di Adolf Hitler. Mai quei giovani, in quella foto di inizio secolo, avrebbero potuto immaginare quello che poi è successo tra il 1933 e il 1945. E, ancora di più, mai avrebbero potuto prevedere che l’ondata di antisemitismo si sarebbe ripetuta una seconda volta: oggi, nonostante tutte le atrocità di quei 12 anni di potere nazista, la Germania sta rivivendo alcuni slogan e alcuni assalti del passato. Certo, la situazione è ben diversa. Ma alcune parole sono le stesse: è successo venerdì scorso, quando — all’interno di altrimenti pacifiche manifestazioni sulla pesante situazione a Gaza — un piccolo gruppo ha gridato il saluto nazista «sieg heil» con l’invito a «gasare Israele». E la scorsa notte, secondo la polizia, tre uomini hanno lanciato alcune molotov contro la sinagoga di Wuppertal, nella parte occidentale del Paese. Un diciottenne di origine palestinese, sospettato di essere fra gli artefici dell’attacco, è stato arrestato. Non ci sono feriti. «In Germania gli ebrei vengono perseguitati come nel 1938», aveva detto — solo pochi giorni fa — l’ambasciatore israeliano a Berlino, Yakov Hadas-Handelsman. Ieri, dopo l’assalto alla sinagoga, l’ex presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, Charlotte Knobloch, ha invitato gli ebrei nel Paese a «non rendersi riconoscibili» come tali. Knobloch, che ora è presidente della Comunità ebraica di Monaco e dell’alta Baviera, ha così commentato l’attacco a Wuppertal: «Quello che viviamo oggi è il periodo più preoccupante e minaccioso dal 1945». Sono numeri non grandi, ma «arcobaleno» (e in diversi Paesi d’Europa): dietro le azioni e le parole antisemite non ci sono certo le folle dei raduni del periodo nazista, eppure i colori della rabbia sono più d’uno. È il connubio tra estrema destra razzista e estrema sinistra anti-israeliana. Ma la quasi totalità della società tedesca resta fuori: pro o contro Israele, ma senza risvolti razzisti o violenti. E i giornali hanno fatto la gara nel lanciare appelli contro l’antisemitismo. Almeno in un caso, però, la campagna «anti-anti» ha svelato un’altra deriva all’interno della società tedesca, questa volta nei confronti della religione musulmana: sul quotidiano Bild un commentatore ha scritto che tutti i seguaci dell’Islam sono potenziali delinquenti. «Questo — ha aggiunto — si dovrebbe tenere particolarmente in considerazione, a proposito di immigrazione e diritto d’asilo». Tra i politici, il verde Volcker Beck ha subito chiesto alla Bild di scusarsi davanti a tutti i musulmani. E, a stretto giro di posta, i vertici del giornale hanno preso le distanze dall’articolo. Pochi giorni fa le tensioni hanno riguardato anche lo sport. Sempre nel cuore di lingua tedesca dell’Europa, ma non in Germania bensì in Austria. Durante una partita di calcio tra la squadra francese del Lille e gli israeliani del Maccabi Haifa, alcuni manifestanti pro-Palestina sono entrati in campo scatenando una rissa con i giocatori della città sulla costa d’Israele. Così il successivo match del Maccabi Haifa, questa volta con la squadra tedesca del Paderborn, è stato annullato «per motivi di sicurezza».
Il FOGLIO - Andrea Marcenaro: "Andrea's Version "
Andrea Marcenaro
Scusate, eh, hanno rubato la terra, ne hanno espulso gli abitanti, sono uno stato teocratico, alzano muri, spostano confini a piacimento, menano lavoratori e famiglie ai check point, spezzano braccia, insultano, non nascondono il loro razzismo, costruiscono enormi lager, affamano i vicini, li umiliano, li bloccano, costruiscono case per sé sulla povera terra che tocchererebbe ad altri, scaricano armi dalla potenza micidiale contrastati soltanto da poveri cristi con fionde e pietre, disprezzano la pace, rompono vigliaccamente le tregue, sparano sui civili, sulle ambulanze, sugli ospedali, sulle scuole, sugli asili, tengono nel disprezzo più feroce la vita dei bimbi, li macellano, anzi, tanto da farne strage ogni volta di più, sono come i nazisti, o forse peggio, e voi venite a rompere i coglioni a me se scrivo su qualche serranda: “Ebrei di merda?”
Il FOGLIO -Sharon Nizza: "In Israele ho cercato sempre il diverso e ora dico: 'Mi difendo, quindi sono' "
Sharon Nizza
Al Direttore - Nel 2002, sulla strada in pullman da Milano a Roma per partecipare all'Israel Day, le scrissi una lettera che poi riuscii a piazzare nella sua manona, di cui ricordo solo il messaggio generico: "Grazie". Non sarò presente alla veglia che organizzate per mercoledì, in quanto in quel 2002, dopo due anni di inaspettata e continua richiesta di giustificarmi, in quanto ebrea, per le politiche di Israele e di conseguenti dibattiti e insulti, finito il liceo presi la decisione di trasferirmi in Israele e quindi di consapevolmente acquisire un pezzo di carta per il quale continuare a essere insultata, quantomeno de jure. Non posso contare il numero di volte in cui mi sono sentita dare della fascista (peraltro all'epoca anche da conoscenti ebrei), anche solo per il fatto di essere un'appassionata lettrice del Foglio. Avevo 17 anni e realizzai che il mondo andava davvero alla rovescia e che per capirlo dovevo semplicemente guardarlo al contrario (la cosa funziona, ma è decisamente una posizione scomoda e faticosa). Ho passato anni a scrivere, dibattere, argomentare, rispondere, giustificare, portare dati in risposta a dati parziali o menzogneri. Questo mentre, sul fronte israeliano, ho cercato sempre il diverso, ho studiato, ho scazzato con chi, tra gli israeliani, a mio parere non vedeva l'altra parte con sufficiente umanità, ho parlato con arabi-israeliani, con palestinesi di Gerusalemme Est e dei Territori e della diaspora palestinese (quando si dice "due ebrei, tre opinioni" non è nulla in confronto alla vasta gamma di posizioni che si possono trovare nell'eterogeneo mondo arabo/palestinese, salvo che queste, per ovvie ragioni, non vengono fuori). Anche in questi giorni terribili di guerra, da fascista/nazista/mangiabambini/genocida quale qualcuno vorrebbe farmi credere di essere, sto tenendo una corrispondenza Facebook con un ragazzo di Rafah, Striscia di Gaza. Nonostante tutti gli pseudo-appellativi di cui sopra, lui mi ascolta e con lui intrattengo lo scambio più umano e pacato che io abbia mai tenuto in questi anni con tanti europei con cui mi sono trovata a discutere. Negli anni, tutti questi scambi mi hanno aiutato a comporre il puzzle intricatissimo di quello che è la società israeliana, così vibrante di democrazia e pullulante di diversità. Ecco, su questo punto non sono più disposta a transigere: chi oggi giudica Israele come uno spassionato professionista della carneficina non ha capito nulla e non c'è nulla che si possa fare per fargli cambiare opinione. Ma io, in quanto israeliana, non devo più giustificarmi. Il conflitto più discusso al mondo, di cui ogni singolo utente di qualsivoglia social network ha un'opinione ben fondata, non verrà mai risolto fintantoché le élite intellettuali, sia occidentali sia nel mondo arabo, non prenderanno una nitida, coerente, coraggiosa e anticonformista posizione contro il terrorismo. Siccome comincio ad avere i miei seri dubbi che ciò mai accadrà, capisco ora sulla mia pelle cosa intendeva Herbert Pagani quando nel 1975 in "Arringa per la mia terra" recitava con la sua voce accorata "anche se mi fa orrore, sono costretto a dire: ‘Mi difendo, quindi sono’”. A distanza di 12 anni, mi trovo nuovamente a ringraziare lei e Il Foglio dal profondo del cuore. Ma siamo ancora troppo pochi e questo fa paura. Sharon Nizza - una fascista come un'altra di Tel Aviv
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