I bambini di Gaza: scudi umani, colpiti dai razzi di Hamas. Il sostegno di Egitto e Emirati a Israele Cronache di Michael Sfaradi, Davide Frattini. Analisi di Carlo Panella
Testata:Libero - Corriere della Sera Autore: Michael Sfaradi - Carlo Panella - Davide Frattini Titolo: «Gaza al buio Israele accelera le operazioni - Egitto ed Emirati soli alleati di Gerusalemme -Morire giocando a nascondino. La guerra di Yunus»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 30/07/2014, a pag. 14, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo "Gaza al buio Israele accelera le operazioni" e l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Egitto ed Emirati soli alleati di Gerusalemme" e dal CORRIERE della SERA, a pag. 9, l'articolo di Davide Frattini dal titolo "Morire giocando a nascondino. La guerra di Yunus"
Di seguito, gli articoli:
LIBERO - Michael Sfaradi: " Gaza al buio Israele accelera le operazioni"
TEL AVIV Vasta eco ha avuto in Israele la pubblicazione da parte dell'ONU della fotografia aerea delle zone di Gaza colpite nei 22 giorni dell'operazione "Zuk Eitan" con la lista degli edifici danneggiati o completamente distrutti. Neanche per la Siria, per l'Iraq o l'Afganistan, dove il numero delle vittime è stato infinitamente superiore di quello che si conta oggi a Gaza, l'ONU aveva avuto iniziative di questo tipo. Questa mossa ha messo a rischio il suo ruolo di intermediario nel conflitto e ha avvertito Israele a prepararsi a un nuovo rapporto Goldstone 2. L'esplosione che il 28 luglio ha ucciso 8 persone fra le quali 6 bambini e causato decine di feriti all'esterno dell' ospedale Shifa di Gaza è stata il risultato del mal funzionamento di un razzo lanciato dall'esterno dell'ospedale e non lontano da un parco dove dei bambini giocavano con le altalene. Anche se Hamas si è affrettato a dare la colpa agli israeliani lo Stato Maggiore IDF ha smentito la versione palestinese dichiarando che in quel momento era in vigore il "cessate il fuoco" che Israele, al contrario di loro, stava rispettando. La causa del mal funzionamento del razzo è stata una modifica alla testata per accrescere la potenzialità distruttiva, l'ogiva, aumentata di peso, ha però sbilanciato in avanti il baricentro del missile che una volta lanciato ha perso la traiettoria ricadendo poco lontano. II numero delle vittime palestinesi comprese queste auto inflitte è di oltre 1.200 morti e 7000 feriti mentre sono 58 i militari e 6 civili israeliani che hanno perso la vita. Alcuni dei bambini feriti dal razzo difettoso sono attualmente curati in Israele presso l'ospedale Soroka di Beer Sheva. Proprio mentre Obama telefonava a Netanyahu pretendendo il cessate il fuoco immediato un gruppo di combattenti di Ezzedin al Qassam usciva in territorio israeliano da uno dei tunnel e uccideva 5 militari di guardia sulla linea di confine, questo dopo un altro attacco a colpi di mortaio dove altri 4 civili avevano perso la vita e almeno una decina erano stati feriti. Sempre durante il cessate il fuoco. Le ultime speranze di una tregua si sono poi spente quando Hamas ha ricominciato i lanci di missili verso Israele, lanci che hanno interessato in nonata anche Tel Aviv e il suo entourage. Durante la notte fra il 28 e il 29 luglio le artiglierie terrestri e navali hanno pesantemente bombardato diversi settori della Striscia dove, secondo informazioni di intelligence, gruppi di combattenti di Hamas si erano riuniti per riorganizzarsi. Nel primo pomeriggio i comandi israeliani hanno chiesto alla popolazione palestinese che abita nella zona occidentale di Khan Yunis di dirigersi verso il centro, è possibile che quella zona venga presa di mira dall'artiglieria nelle prossime ore. I serbatoi che alimentano la centrale elettrica a nord della Striscia sono stati colpiti e da ore sono in fiamme, una larga fetta di popolazione che fino ad oggi riceveva l'energia elettrica a singhiozzo da questo momento rimarrà completamente al buio. Se a questo aggiungiamo che la villa di Ismail Haniyeh, il capo di Hamas, è stata distrutta si percepisce che il governo israeliano dopo cinque cessate il fuoco non rispettati dalla controparte sta ora dando un'accelerata alle operazioni. Non è chiaro però se il fine è il completo disarmo dell'organizzazione terroristica o la sua completa distruzione. Nella guerra parallela che l'Egitto sta combattendo nel Sinai contro le bande di terroristi associate ad Al Qaeda e all'ISIS l'esercito egiziano ha ucciso negli ultimi tre giorni una settantina di guerriglieri e ne ha fatti prigionieri almeno 150, dagli interrogatori si fa sempre più chiaro il quadro delle alleanze e dei collegamenti che Hamas ha al di fuori della Striscia e come sia riuscita a procurarsi le migliaia di missili che sono arrivati dall'esterno e il denaro necessario a pagare coloro che hanno scavato i tunnel che in questo momento sono al centro delle preoccupazioni di Gerusalemme. Il Consiglio di Sicurezza israeliano deve rispondere alle richieste dei militari che non vogliono rimanere nella Striscia in posizioni statiche, deve decidere se continuare con la seconda fase dell'operazione oppure, una volta neutralizzati i tunnel, dare ordine di ripiego. Molto dipende da quello che nel frattempo sarà deciso al Cairo fra i rappresentanti di Fatah, Hamas e Jihad Islamica che, dopo il completo fallimento della proposta Usa - Turchia - Qatar, si sono nuovamente incontrati per ridiscutere la proposta egiziana. Hamas vorrebbe da subito le aperture del passaggio di Rafah al confine con l'Egitto mentre il Cairo la considera come parte della trattativa dopo che le armi avranno cessato di sparare e tutto questo mentre partono i missili, i cannoni tuonano e le sirene suonano.
LIBERO - Carlo Panella: "Egitto ed Emirati soli alleati di Gerusalemme "
Carlo Panella Abdel Fattah al Sissi
Abdullah Bin Zayed
Vista dal Cairo e dagli Emirati del Golfo la crisi di Gaza è poco meno che una pacchia. Da un anno infatti il presidente egiziano al Sissi denuncia Hamas che ha fatto di Gaza un "santuario" che permette ai terroristi che impazzano nel Sinai rifugio e riparo sicuri. E non passa settimana senza che questi terroristi portino a segno attentati sanguinosi contro le forze egiziane: ieri hanno rivendicato «l'uccisione di due generali» la scorsa settimana a Sheikh Zuweid, sempre ieri una bambina di 9 anni è morta per colpi di mortaio sempre a Sheikh Zuweid e sette islamisti sono stati uccisi a 5 fatti prigionieri a Refah. Bollettino che si ripete con leggere varianti da mesi. Non solo: Hamas di sicuro offre rifugio e appoggio ai militanti della Fratellanza Musulmana che sono sfuggiti alla durissima repressione promossa da al Sissi (i suoi tribunali ne hanno condannato 1.000 alla forca) e che usano di Gaza come base per le loro attività clandestine in Egitto. Ancora, Al Sissi è estremamente irritato perché più volte Hamas ha rifiutato le proposte di tregua da lui formulate, che Israele aveva invece accettato. Infine, Al Sissi, i sauditi e anche Abu Mazen sono stati letteralmente sconvolti dalla proposta di J. F. Kerry di impostare una tregua affidando proprio agli sponsor di Hamas il compito di garantirla a Gaza. Uno schiaffo a cui Abu Mazen ha reagito ieri ribadendo di essere schierato in toto con al Sissi, contro l'estremismo di Hamas (e del Qatar e della Turchia): «La leadership palestinese si è adoperata sin dal primo giorno per porre fine ai combattimenti e per questo ci siamo rivolti al presidente egiziano al Sissi, perché l'Egitto ha ruolo storico nella questione palestinese. Purtroppo, Hamas non ha accettato la proposta egiziana e si è innescata l'escalation, ma l'iniziativa egiziana è l'opzione migliore e più sicura per uscire da questa crisi». In conclusione: Israele fa il "lavoro sporco" di smantellamento delle strutture militari di Hamas a Gaza che torna a tutto vantaggio dell'Egitto (e di Abu Mazen e molti paesi arabi). Per questo, per la prima volta nella storia, l'Egitto è oggi di fatto cobelligerante di Israele contro Hamas: truppe egiziane hanno addirittura ucciso due palestinesi che si preparavano a fare attentati in Israele e domenica hanno chiuso 13 tunnel tra Gaza e l'Egitto - vitali per Hamas - portando a 1.639 i tunnel distrutti negli ultimi mesi, spesso riempiti di liquami di fogna, in segno di spregio. Nel complesso, Egitto, Arabia Saudita e i suoi alleati tra gli Emiri del Golfo vedono nell'offensiva israeliana contro Gaza - che a parole deprecano, ma non sottovoce, a differenza del passato- un passaggio fondamentale per infliggere un duro colpo ai Fratelli Musulmani (di cui Hamas è la sezione palestinese) che considerano il loro primo awersario sia sul piano interno, che su quello arabo. Non così il Qatar, che di Hamas, assieme alla Turchia e all'Iran è dichiarato sponsor, in dura e feroce polemica con l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti con cui di fatto ha rotto le relazioni, spaccando il Consiglio del Golfo (egemonizzato da Ryad). Non a caso al Jazeera, che è di proprietà dell'Emiro del Qatar al Thani, nei giorni scorsi con voluta malizia ha dato notizia di due incontri a Tel Aviv e poi a Dubai tra il ministro degli esteri di Israele Avigdor Liebennann e il suo omologo degli Emirati Arabi Uniti Abdullah Bin Zayed. Nel corso di questi «strani incontri» Bin Zayed, che è il fratello di Khalifa, principe di Abu Dhabi e proprietario della compagnia aerea Etihad, secondo al Jazeera ha promesso 1 miliardo di dollari a Israele (notizia probabilmente falsa, tipica della disinformatjia di al Jazeera) e soprattutto di infiltrare agenti a Gaza per permettere all'esercito israeliano di colpire i capi militari e i lanciarazzi di Hamas. Notizia quest'ultima verosimile. Sintomo di quel ginepraio che è oggi la politica dei paesi arabi.
CORRIERE della SERA - Davide Frattini: " Morire giocando a nascondino. La guerra di Yunus"
Davide Frattini
GAZA — Yunis non lascia da due settimane la stanza e il materasso sul pavimento, Hamada non lascia Yunis. Di notte lo abbraccia quando il botto delle esplosioni rimbomba anche qui vicino al porto, di giorno sta attento che il rombo rauco dei droni non lo spinga a correre fuori lungo il vicolo coperto di sabbia e marciume. Yunis non parla, gira gli occhi verso le pareti che sudano umidità e salsedine, sta disteso in mezzo ai cuginetti, a fianco del fratello più grande, lì si sente protetto. Il 16 luglio stava giocando con loro sulla spiaggia a nascondino, Hamada si è avvicinato alla capanna di lamiera, ha detto «lo so che sei lì», la prima esplosione ha centrato la baracca, i ragazzini sono schizzati di corsa sulla spiaggia, un secondo missile israeliano ha colpito in mezzo al gruppo, quattro sono morti. Per fortuna Yunis, 10 anni, aveva scelto un altro nascondiglio. Adesso evita gli adulti che non conosce, sono loro responsabili, tutti. Il trauma più profondo, la paura che ancora non riesce a superare, è stato pensare che Hamada, di tre anni più grande, morisse per la ferita al petto. Durante quelle prime ore — dicono i medici che lo hanno soccorso — nessuno riusciva convincerlo che il fratello sarebbe sopravvissuto: il sangue era tanto, il pericolo no. Khaled Kabir riempie di fumo la piccola stanza con una sola finestra. Ha accompagnato Yunis da uno psichiatra, il dottore gli ha detto che la terapia sarà lunga, potrebbe non guarire. I minori morti in questi ventidue giorni di guerra sono 251 — calcola il ministero della Sanità a Gaza — quasi duemila sono rimasti feriti. Quelli che portano e porteranno le cicatrici dentro sono decine di migliaia: delle 182 mila persone che hanno cercato riparo nelle scuole gestite dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, la metà sono bambini. La stessa percentuale della popolazione nella Striscia: i minori che vivono a Gaza sono 900 mila sul totale di un milione e ottocentomila abitanti. Yasser Abu Jamei non era seduto a tavola con la famiglia e gli altri parenti, quando all’ora di cena un missile ha livellato i tre piani del palazzo di cemento grigio. Dalle macerie sono stati estratti 28 corpi. E’ tornato lo stesso a Khan Yunis verso il sud di Gaza e da lì prova a coordinare quel poco di aiuto che i volontari possono offrire ai piccoli in difficoltà. Abu Jamei è stato allievo e amico di Eyad Sarraj, il primo psichiatra in questo corridoio di sabbia chiuso tra il mare, Israele e l’Egitto. Sarraj, scomparso per una malattia alla fine del 2013, aveva fondato il Gaza Community Mental Health Program. Adesso è Abu Jamei a dirigerlo. «Sotto i bombardamenti non siamo in grado di muoverci per raggiungere le famiglie in difficoltà — racconta —. Se finalmente decideranno il cessate il fuoco, dovremo pensare ai bimbi, per molti di loro è il secondo conflitto in poco più di un anno mezzo». Racconta che i piccoli si attaccano ai padri, non si allontanano da loro neppure dentro gli appartamenti e quando gli uomini devono uscire per recuperare il cibo o l’acqua potabile, perdono il controllo, sperduti. I padri che vanno a cercare i parenti feriti portano i figli con loro nel caos degli ospedali, è più sicuro che lasciarli a casa. I bimbi assistono ai funerali, ai riti collettivi di odio, alle urla che invocano vendetta. «Uno studio che abbiamo effettuato nel 2013 mostra che il 30 per cento soffriva ancora di disordine post traumatico come conseguenza dell’operazione israeliana Piombo Fuso di quattro anni prima. Presentano sintomi fisici, dolori allo stomaco e alle gambe». Sabato scorso durante le ore di tregua umanitaria Pernille Ironside, che guida la squadra dell’Unicef a Gaza, ha potuto visitare i bambini ricoverati negli ospedali. Racconta di Shayma, 4 anni: «Ha perso la madre e i fratellini, solo lei e il padre sono sopravvissuti. Nessuno ha ancora avuto il coraggio di dirglielo». I bambini sotto ai 12 anni ammazzati — stima l’Unicef — sono 166, quelli che hanno bisogno di immediato aiuto psicologico 200 mila. «I piccoli sono resilienti — spiegano gli esperti dell’organizzazione Onu per l’infanzia — ma quando sono costretti ad affrontare traumi ripetuti, la violenza diventa la normalità».
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